SER 5050352
- 25 gennaio 2002
Bambini
venite parvulos
- Un
guanto
- Povero
me
- Generale
- Spad
VII S2489
- Cercando
un altro Egitto
- Condannato
a morte
- Vecchi
amici
- I
muscoli del capitano
- Sangue
su sangue
- Battere
e levare
- La
casa di Hilde
- L'attentato
a Togliatti
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Alessandro Svampa
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Guido Guglelminetti
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Paolo Giovenchi
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Marco Rosini
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Francesco De Gregori
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Alessandro Arianti
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Greg Cohen
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Toto Torquati
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BATTERIA |
BASSO
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CHITARRE |
MANDOLINO |
VOCE, CHITARRA |
TASTIERE |
CONTRABBASSO
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HAMMOND |
Foto
di copertina: Davide Anastasi
- Catania 12.8.2001
Probabilmente la canzone dal vivo gli dà modo di esprimersi al meglio, o forse
la sente come più vicina al suo modo di essere, sta di fatto comunque che
quest'ultimo è il suo ottavo album live della sua ormai lunga carriera. Stiamo
parlando di Francesco De Gregori e del suo "Fuoco amico-De Gregori live
2001" da ieri nei negozi. Artista schivo, mai troppo attratto dalla luce
dei riflettori televisivi, avevamo visto recentemente De Gregori in una rara
apparizione televisiva accanto a Ron. In quell'occasione i due si esibivano
riproponendo, non a caso proprio dal vivo, alcuni dei loro vecchi successi.
Questa raccolta, lungi dal volersi presentare come un "The best of" di
concezione americana, contiene semplicemente alcune belle canzoni del cantautore
romano scelte senza rispondere particolari criteri di selezione.
Ed
è possibile ascoltare momenti diversi della sua carriera, storie differenti che
vanno da "Bambini venite parvulos" a "Sangue su sangue", da
"La casa di Hilde" a "Cercando un altro Egitto". Ma ci sono
anche "I muscoli del capitano" tratto dal bellissimo "Titanic",
la sempreverde "Generale" e la recente "Condannato a morte".
(FUOCO AMICO, IL NUOVO ALBUM DI DE GREGORI - DI FABRIZIO FINAMORE)
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CONCERTO
IN UN POSTO SCOMODO
In attesa del prossimo concerto a Catania vi
voglio raccontare cosa mi è capitato l’anno scorso in occasione
dell’ultima volta che De Gregori è stato da noi, il 12 agosto del
2001.
Il
suo recital era inserito nella rassegna “Le ciminiere e le stelle”,
chiamata così perché svolta nell’anfiteatro dell’Ente Fiera, un
grande spazio espositivo ricavato dall’antica raffineria catanese. La
zona ora è moderna, le ciminiere le hanno però lasciate per
abbellimento, ma quell’anfiteatro è tuttora un orribile posto per
concerti di questa portata, sia per la limitata capienza (appena mille
posti) sia per la pessima disposizione delle due tribunette e la prova
del nove è stata proprio il concerto di Francesco. Allettati dal costo
del biglietto di appena 10.000 lire i catanesi hanno fatto subito
scorpaciate di biglietti quindi il luogo risultò insufficiente.
Di conseguenza la vigilia del concerto diventò un inferno, un vero
tormentone dell’estate, con tante critiche pubblicate a mezzo stampa,
fra le quali una mia che finiva così: “Mai come quest’anno i
giovani catanesi hanno apprezzato la rassegna “Le Ciminiere e le
stelle”. Proprio nella notte di San Lorenzo, seduti alle quattro del
mattino sul freddo marciapiede antistante la biglietteria, col naso
all’insù scrutando il cielo fra le vecchie ciminiere di Viale Africa,
hanno aspettato pazientemente una stella cadente che potesse realizzare
il loro desiderio: la conquista del tanto agognato biglietto al primo
raggio di sole del nuovo giorno.”
Io ho dovuto ottenere il biglietto con uno stile tutto all’italiana
(avrete immaginato come).
Il
12 agosto, siccome non c’erano posti prenotati, mi sono presentato
all’ingresso alle 18 (3 ore prima!!!). Mi sono seduto sui gradini con
alcuni ragazzi più pazzi di me, attrezzatissimi ed abituati a bivaccare
davanti agli ingressi dei teatri per conquistare le prime file. Per loro
tutto questo faceva parte del gioco, era quasi un piacere che li faceva
divertire; avevano di tutto: cuscini, tè ghiacciato, fumo, carte da
gioco, libri, panini, brioches, patatine, noccioline e….(chissà perché)
tappi per le orecchie.
Alle
19 ci siamo alzati e siamo stati due ore in piedi, in attesa che
aprissero i cancelli. Nel frattempo quei ragazzi, con cellulare alla
mano, riuscivano ad organizzare una vacanza in campeggio per venti
persone in meno di dieci minuti! Beata gioventù!
Davanti
ai cancelli altri giovani facevano un gran casino per ognuno che
vedevano passare davanti alla loro pole-position. Fra gli altri, passano
anche due signori: uno magro, pallido in viso e l’altro più robusto,
stempiato, con gli occhiali scuri e accompagnato da una donna. Allora,
dalla testa di un pitone prevenuto e inviperito, partiva di tutto:
“Vergogna! Noi siamo qui da due ore e avete anche la sfacciataggine di
far sfilare i raccomandati”, “Chi sono adesso questi due?, “Dov’è
il servizio d’ordine?”, “Va bè che quello è cieco, ma noi poi
dove ci sediamo?”.
Si
sono calmati quando ho detto loro che quei due erano erano Gregg Cohen e
Toto Torquati! E che se non passavano il concerto non poteva
cominciare!!!
Comunque,
appena entrato (con repentini movimenti degni di “Giochi senza
frontiere”) ho conquistato una sedia della seconda fila. Prima
dell’inizio intravedo la signora Chicca Gobbi che parlava con due
signori del pubblico. Al centro del palco ancora con le luci spente,
mentre dava le ultime disposizioni prima dell’inizio, c’era Filippo
Bruni. Sempre più ossigenato e sempre più somigliante a Mario Merola.
Alle
21.30, finalmente, in quell’angusto luogo dove l’artista deve
cantare faccia al muro e guardare il pubblico una volta a sinistra e una
volta a destra (par condicio forzata), entra la band con Francesco.
Credo che la foto di copertina di “Fuoco amico” sia stata scattata
proprio lì. Con berretto a visiera, occhiali, polo blu e barba molto
lunga, senza salutare, attacca: (p.s.: non voglio vantare una
formidabile memoria; i titoli delle canzoni li avevo già trascritti
allora)
Bambini venite parvulos (in rock) L’aggettivo mitico (molta batteria,
mettendo sotto tono quegli accordi portanti della canzone e sminuendo il
basso, molto importante nel pezzo. Se in questa canzone fai sentire meno
importante il basso non c’è più niente) Spaad….(uguale al
disco)
. A questo punto ci ha detto “Grazie”,
poi:
Canzone
per l’estate (uguale al disco)
Alice (un po’ troppo roccheggiante)
Un guanto (idem come sopra)
Il cuoco di Salò (uguale al disco)
Vecchi amici (uguale al disco) Cercando un altro Egitto (ottima, l’ha
fatta come nel disco live “Musica leggera”, ma senza sax) Buonanotte
fiorellino (versione molto bella, il tempo del walzer era accentuato dal
mandolino di Rosini) Bufalo Bill (a modo suo, con una svogliata pennata
alla chitarra)
I muscoli del capitano (ha cambiato in peggio tutta la prima parte,
stravolgendo anche gli accordi) Sangue su sangue (e dopo, naturalmente,
Sangue su sangue)
La valigia dell’attore (L’ha cantata bene, mimando un po’ le gesta
di un attore davanti alla platea. Era accompagnato al piano da Arianti
(ma quanti anni ha?)
Condannato a morte (uguale al disco)
Compagni di viaggio (troppa batteria)
La donna cannone
Povero me (uguale al disco) Stella della strada (L’ha fatta nella
versione che preferisco: come nel live “Bootleg”.) Tutto questo per
due ore, senza sosta.
Alla fine ha detto “Grazie, grazie veramente. Buonanotte”
.
Dopo
i soliti “Fuori!”, eccolo di nuovo per i bis. I fans si radunano in
piedi a due metri da lui, su sua mimica richiesta fatta con un cenno con
la mano:
Generale
(da solo con la chitarra)
Chi ruba nei supermercati? (molto coinvolgente, col Maestro che incitava
i ragazzi a cantare e ballare a pochi passi da lui)
Battere
e levare (suonata in rap e finale con armonica). Fine.
Troppo
rumore, troppa batteria e certe volte non si distingueva nemmeno la voce
fra i suoni degli strumenti. Invece la voce di Francesco, come il vino,
più invecchia e più diventa calda e tonante.
L’indomani, però, ho avvertito un senso di oppressione e un sibilo
continuo all’orecchio sinistro. Vado al pronto soccorso e dopo un
esame audiometrico mi ricoverano con urgenza al reparto Otorino per
un’improvvisa ipoacusia (trauma uditivo), causato dalla vicinanza agli
altoparlanti e dalle frequenze mal tagliate dal fonico. Ecco perché
quei ragazzi della prima fila erano forniti di tappi!.
Dopo
tre giorni di ricovero ospedaliero con una terapia a base di flebo, al
momento delle dimissioni il medico mi chiese se stavo meglio. Gli
risposi di sì aggiungendo che l’unico aspetto negativo era quello di
perdere per sempre, da lì a poco, quel naturale LA maggiore incorporato
nel mio orecchio sinistro che mi avrebbe consentito di accordare la mia
chitarra. Il medico, senza capire la battuta di spirito, mi guardò
perplesso e si tuffò immediatamente nella mia cartella clinica
controllando se per caso avevano dimenticato di precrivermi una visita
alla Neuro.
Oh…però
a casa il controllo l’ho fatto davvero: era, invece, un MI maggiore
(cantino) molto tenue.
Mimmo
Rapisarda
(TO:
RMS TITANIC - FROM: FORUM RIMMEL CLUB)
Catania, 12.8.2001. L'insolito e
originale post concerto.
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Intervista a Radio Rai 1, 11 Marzo 2002
- di Massimo Cotto
Massimo Cotto: Avresti parlato lo stesso con noi se
Roma-Lazio non fosse finita cinque a uno?
Francesco De Gregori: Avrei parlato lo stesso, ma
sono più contento adesso. Dirò delle cose più intelligenti.
Una volta hai detto: "Io scrivo canzoni come un
calzolaio fabbrica scarpe". Sei d'accordo quindi con Fossati, che
sostiene che la parola "artista" andrebbe sostituita dalla
parola "artigiano" per dare l'idea del lavoro che sta dietro
alla scrittura di un brano?
Beh, la canzone è come un paio di scarpe. E' unica e
irripetibile, non è fatta in serie. Un calzolaio fa un paio di scarpe per
volta, e in questo senso fare il musicista è un lavoro artigianale, anche
se l'immagine è un po' pittoresca. E' un lavoro che si fa quando hai
voglia e con gli strumenti che hai a disposizione al momento.
Ci hanno insegnato che le risposte dovrebbero essere
cercate nella filosofia e nella storia e che in realtà il compito
dell'artista è spesso anche quello di fare domande. Oggi però si chiede
ai cantautori di diventare dei maestri di pensiero. Ciò accade perché
non funziona più la filosofia o perché funziona troppo la musica?
Dio mio, questa è un'intervista serissima. Speravo
in qualcosa di più frivolo...In realtà nessuno mi ha mai chiesto di
diventare un maestro. Siamo tutti maestri di pensiero quando usciamo per
strada e comunichiamo il nostro pensiero ad altre persone. E' chiaro: la
canzone racconta delle storie, quindi può essere considerata un
insegnamento tanto quanto un messaggio pubblicitario, un film o un libro.
Non dico questo per sminuire il ruolo della canzone, ma per cercare di
evitare che qualcuno vi cerchi troppi significati. Quando ho scritto
"Dr. Dobermann" non ho cercato di insegnare qualcosa a qualcuno,
ho soltanto raccontato delle storie, nemmeno molto chiare, che avevo nella
testa. Chissà chi è questo Dr. Dobermann... secondo voi chi è?
A mio parere gli unici che devono insegnare qualcosa
sono i docenti che stanno dietro una cattedra e hanno la responsabilità
di educare le giovani menti e insegnargli Dante. Le canzoni vanno bene
durante la ricreazione.
Tu spesso sostituisci un "e" al posto di un
"ma". Ad esempio, in "Il cuoco di Salò" dici: "e
qui si fa l'Italia e si muore", anziché ripetere il motto "qui
o si fa l'Italia o si muore", mentre nel titolo di un tuo album
rovesci il modo di dire "Prendere o lasciare" in "Prendere
e lasciare". E' soltanto un modo di giocare con le parole?
Sono solo titoli di canzoni. Anche se sicuramente c'è
una bella differenza tra dire "Prendere o lasciare" e
"Prendere e lasciare"
Te lo domando perché solitamente all'artista si
chiede di illuminare quelle parti che normalmente gli altri non vedono.
Io non illumino niente, solitamente sono io ad essere
illuminato con le luci che ci sono sul palco. L'artista viene illuminato,
ma non illumina nessuno. Il massimo che l'artista possa desiderare è di
essere pagato... e spesso succede che non lo facciano.
In "Il bandito e il campione" si parla
anche di tradimento. Sei mai stato tradito da qualcuno o da qualcosa?
Non in modo irreparabile. I tradimenti fanno parte
della vita e delle nostre stanze. Di sicuro la canzone parla del
tradimento di un'amicizia, ma non posso parlare di una canzone che non ho
scritto io, bensì mio fratello, Luigi Grechi. E questo mi mette a
disagio. Il brano narra la storia di un ciclista famoso, Costante
Girardengo, che ad un certo punto pare (è meglio usare la forma
dubitativa sennò mi fanno causa) abbia dato una soffiata alla polizia per
favorire l'arresto di Sante Pollastri, che al tempo era un bandito famoso.
La canzone però è romanzata, e il fatto giudiziario passa sicuramente in
secondo luogo. Sicuramente è una storia sul tradimento, ma ai tradimenti
bisogna sopravvivere.
Spesso, durante i tuoi concerti, dai l'impressione
che ti infastidisca che il pubblico canti in coro. Anche questa è una
eredità dylaniana? Dylan cambiava il fraseggio per evitare l'effetto
karaoke.
No, non mi dà alcun fastidio se la gente canta in
coro. Se cambio le canzoni non è per impedire al pubblico di seguirmi; ma
è normale che una canzone, dopo tanti anni, cambi forma rispetto a quando
l'ho scritta e registrata. Io non riesco più ad ascoltare i miei dischi,
e non vado mai a risentirli. E' chiaro: una canzone cambia, è uno dei
suoi grandi privilegi. Il quadro di un pittore, una volta completato, non
può più essere modificato, ma chi scrive canzoni può cambiarle. Si
possono cambiare gli accordi, le parole, aggiungerne, toglierne e
soprattutto si può modificare il cantato. Io non ho più la stessa voce
di quando ho scritto "Alice" ed evidentemente sarebbe un falso,
un plagio di me stesso, cantarla oggi come lo facevo allora. Spesso alla
radio la passano: ma quel brano non è più mio. E mi va benissimo che il
pubblico mi faccia il coro.
"Alice" e "Niente da capire" sono
due brani che hanno subito alcune censure. Purtroppo noi della RAI avevamo
stabilito che il brano "Alice", con la frase "un mendicante
arabo ha un cancro nel cappello" non potesse passare per radio
attorno all'ora di pranzo; e ti abbiamo anche chiesto di sostituire, in
"Niente da capire" la frase "faceva dei giochetti da
impazzire". Hai subito altre forme di censura dirette o meno?
Le censure che hai citato sono sufficienti ad
illuminare l'idiozia dei censori. Non c'è nessun motivo per cui si debba
censurare la parola "cancro" o la parola "giochetti".
Sono cose che fanno parte della vita quotidiana. A quei tempi qualcuno ha
pensato che fosse disdicevole usare certi termini.
Personalmente ho trovato molto strano che le radio
americane, dopo l'11 settembre, censurassero alcuni brani perché
giudicati non adatti.
Ma sai, gli americani sono strani. Bisognerebbe
vedere se è realmente così... io non mi fido di quello che dicono i
giornalisti.
E' vero che la prima canzone che hai imparato a
suonare con la chitarra è stata "Il ragazzo della Via Gluck",
quando avevi quindici anni?
E' abbastanza vero.
Come "abbastanza" vero?
Ora non ricordo esattamente, ma quella canzone è
stata la mia prima hit.
Sei felice del ritorno all'attività di Enzo Jannacci,
dopo le difficoltà che ha avuto per trovare una casa discografica?
Per me Jannacci non è mai andato via, e quindi non
è mai tornato. Jannacci è una presenza, e non riesco a vederlo
prigioniero di un disco o di una casa discografica.
Se tu dovessi parlare ad una donna o ad una persona
con una canzone, quale sceglieresti?
Ci mancherebbe solo che parlassi con le canzoni. Io
parlo normalmente con la lingua italiana, dico: "Ciao, come
stai?", le solite cose.
Ti faccio l'unica domanda che mi hai chiesto di non
farti. Ti senti un poeta?
Ognuno è responsabile delle domande che fa. Si sono
fatte tante chiacchiere sul rapporto canzone-poesia. E' solo un mestiere
diverso. Credo che fare il mio mestiere sia più difficile che fare il
poeta. Io devo fare i conti anche con la musica, un poeta invece è libero
e non deve incastrare i suoi versi dentro una ritmica. Poi ci sono belle
canzoni e brutte poesie, e brutte canzoni e belle poesie: ma sono mestieri
diversi.
Se la televisione fosse diversa la frequenteresti di
più, o pensi che il compito de musicista sia anche quello di rimanere un
po' fuori dal mondo per poter giudicare e vedere meglio?.
La televisione non è l'ombelico del mondo, per un
musicista. E' una cosa che sta lì e può capitare di andarci. E' come
andare a Vigevano: un giorno decidi di andarci, un altro no. Trovo che sia
una stortura il dover collegare il mondo della musica a quello della
televisione. Il musicista deve stare sul palco e la televisione può
esserne la fotografia. Sarà il musicista a scegliere il fotografo che
preferisce; e sinceramente non ce ne sono molti di bravi, attualmente.
Nelle tue canzoni hai cantato spesso il disagio, la
diversità e il senso di non appartenenza. Ciò è un tratto comune a chi
scrive?
Sai, capita che un solo giorno, una sola ora di quel
dato giorno di un anno, ci sentiamo soli, diseredati e tristi come Oliver
Twist. Quel momento lo devi prendere al volo e farne una canzone. Pensi
che quando si è allegri non si scrive canzoni o, come diceva Bruno Lauzi,
chi fa l'amore non ha mai la chitarra in mano?
Sto scherzando. Io racconto quello che succede a me e
intorno a me. Ci sono sicuramente canzoni che esprimono questo tipo di
sofferenza, ma ci sono anche moltissimi romanzi e film. Forse servirebbe
un grandissimo poeta per raccontare la serenità. E' sicuramente più
facile parlare dei giorni storti.
Ultima domanda. Cosa non ti piace del mondo che
abitiamo?
Posso dirlo veramente? Non vorrei essere poi preso
per terrorista. Ti posso dire però una cosa che mi piace. Mi piacciono le
telepromozioni fatte da Pippo Baudo, sono la cosa più bella che ho visto.
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Francesco
De Gregori - Fuoco Amico Paola
De Simone
"Fuoco
amico" è un live, per cui non aspettiamoci grandi messaggi, fuorché
quello del titolo stesso, che, innegabilmente attuale, indica in gergo
militare un attacco aereo da parte di amici e alleati, come a dire che
il nemico è in casa. Del resto il dissenso in merito ai temi bellici da
parte di Francesco De Gregori non ci sorprende, chiaramente palesato nel
tempo il suo pensiero politico, questa virgola in più non ci fa gridare
al miracolo (anzi, bella scoperta!). Per cui accettiamo questo titolo
senza porci molte domande e senza neanche lamentare un nuovo silenzio
per la mancata spiegazione di questa scelta da parte di un artista che
usa volentieri le parole solo quando accompagnate dalla musica. E nel
tour dello scorso anno, realizzato a distanza di tre anni dal
precedente, di musica ce n'era abbastanza per avvertire la necessità di
questo frutto live, l'ottavo della sua trentennale carriera. Il gusto di
cantare fa dunque comunella con la voglia di riflettori e De Gregori
realizza una lunga tournée, con l'intento di lasciare ai posteri un
chiaro documento dell'avvenuto evento. Di quest'album però sappiamo ben
poco, così lo ascoltiamo e capiamo che probabilmente niente c'é da
sapere. Non avvertiamo alcun filo musicale conduttore tra i brani
scelti, nessun particolare che giustifichi, ad orecchio nudo e
discografia a disposizione, la selezione dei tredici brani che formano
questo progetto. Possiamo azzardare però un tema conduttore che
prosegue sulla scia del titolo, si giustificherebbe così la scelta di
inserire in tracklist anche una canzone come "Generale", che
se è vero che ascoltarla non fa mai male, ci sfugge però la necessità
di un'ennesima riproposizione. Il resto della scaletta tocca i vari
momenti della lunga carriera del cantautore romano, restando grosso modo
fedele allo sguardo attuale, accontentando un po' tutte le ipotetiche
richieste, senza riproporre cavalli di battaglia ormai fortemente
assorbiti. Belle canzoni dunque, un probabile concept, ma niente di
nuovo, fatta eccezione per la versione reggae di "Battere e
levare", per il resto il tocco in più è dato solo dal colore che
un'esibizione live ha in sé. Tra "Bambini venite parvulos",
"La casa di Hilde" e la più recente "Condannato a
morte" si insinua, però, una timida novità, un brano popolare,
dal testo semplice e narrativo, ovvero quel "L'attentato a
Togliatti" scritto nel 1948 da Marino Piazza e da un anonimo e
rielaborato ora da Giovanna Salviucci Marini. Il brano non è stato
estrapolato dal tour in questione, anche perché intonato raramente da
De Gregori, ma registrato il 14 dicembre '01 nel corso del programma
televisivo "Taratatà". Prodotto dallo stesso De Gregori e da
Guido Guglielminetti, che ritroviamo anche alla chitarra, "Fuoco
amico" è realizzato con la collaborazione musicale di Greg Cohen
al contrabbasso, Alessandro Svampa alla batteria, Paolo Giovenchi alla
chitarra, Toto Torquati all'organo Hammond, Alessandro Arianti alle
tastiere e Marco Rosini al mandolino. E adesso musica.
Il
nuovo album di Francesco De Gregori
Ci
sono tanti modi per esprimersi ed uno di questi è non esprimersi
affatto. Questa è la chive di lettura dei pesanti silenzi di uno dei
cantautori italiani più bravi e impegnati: Francesco De Gregori.
Nonostante
non rilasci interviste ormai da anni, nonostante il suo ostinato mutismo
perseveri anche nei suoi concerti, De Gregori riesce ugualmente a dire
la sua, ma con le canzoni, cioè con quello che dovrebbe essere lo
strumento di miglior esressione per un cantautore.
E
nell'epoca del post-11 settembre l'album uscito il 25 gennaio,
intitolato Fuoco Amico parla più di tante interviste.
Fuoco
Amico è un'espressione del gergo militare che indica quando gli aerei
vengono abbattuti dalla contraerea della stessa parte, per errore o per
necessità. Un titolo emblematico che suona come ammonimento per
indicare che il nemico vero viene dall'interno; molte sarebbero le
metafore possibili, ma il senso appare univoco.
L'album
è una raccolta di brani vecchi e nuovi cantati dal vivo durante il tour
della scorsa estate. Una band di grande prestigio, tra cui spicca il
nome di Greg Cohen al contrabbasso, e la solita fantasia
nell'interpretazione dei brani, fanno di ogni live di De Gregori un
disco da conservare fra le cose migliori; come l'insolita e divertente
versione reggae di Battere e Levare.
La
scelta dei brani completa lo svelamento dell'enigma del titolo. Infatti
in sottotraccia a queste canzoni, apparentemente così diverse fra loro,
passa il tema mai risolto del conflitto inteso in più maniere.
Innanzittutto
sociale con Bambini Venite Parvulos, ma anche Povero Me e Condannato a
Morte.
Ma
altri tipi di conflitto sono denunciati in questo lavoro e cioè quelli
militari con canzoni come Generale, Sangue su Sangue e Spas VII s2489 e
soprattutto L'Attentato a Togliatti.
Quest'ultima
è una canzone popolare del 1948 firmata Marino Piazza- Anonimo e
rielaborata dall'amica Giovanna Salviucci Marini e cantata dopo molti
anni nel corso della puntata di Taratatà su Raiuno.
Probabilmente
questo album non sarà uno fra i più venduti dell'anno, ma la tensione
critica che porta e che induce quantomeno a riflettere, vale molto di più
di tanti dischi di platino. |
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