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COME LO HA FESTEGGIATO VANITY FAIR
Al
Principe, nel giorno dei suoi sessant'anni, Berlino è sembrata la
città giusta dove scappare. Ha preso le valigie e via, con la moglie
ex compagna del liceo Chicca, e con i figli gemelli Marco e Federico,
prima di continuare a girare l'Italia con il tour Work in Progress (e
con Lucio Dalla). Che una cifra tonda così (se sei Francesco De
Gregori) già di prima mattina è cellulare che scotta, richieste
d'interviste (e bilanci), probabilmente noia da sbuffare per lui,
sempre passato ai ritagli di giornale per uno che, oltre i suoi versi,
poco ama concedere, e concedersi. AL
TAVOLO DEL POKER IN
CUCINA QUADRI,
LIBRI E FEDELTA' CREDENTE
A MODO SUO ROMA
DA NON CAMBIARE |
ROMA - Camminando sui pezzi vetro, Francesco De Gregori e' giunto al traguardo dei sessant'anni - li compira' il 4 aprile - forte del suo istinto di cantastorie, e di una rinnovata voglia di divertirsi sul palco, come dimostra il tour Work in Progress insieme a Lucio Dalla. E in quarant'anni di canzoni, quella del Principe e' stata certamente ''un'evoluzione nella continuita' '', scrive Claudio Fabretti in 'Fra le pagine chiare e le pagine scure' (Arcana, Collana Songbook, 300 pp. - 18,50 euro), volume che ne analizza biografia e opera, in libreria dal 30 marzo. Canzoni che fanno ancora presa sul pubblico, anche quello piu' giovane, e che l'autore classifica in due filoni: quello lirico-letterario-fiabesco e quello narrativo-storico-politico, che pero' spesso si intersecano tra loro. Dalle prime ballate folk agli album storici e alla dimensione concertistica dell'ultimo periodo, e' un viaggio nel songbook degregoriano che si snoda attorno ai suoi principali nuclei tematici, in bilico tra personale e sociale, realta' e fantasia. Tenendosi sempre a rigorosa distanza di sicurezza dalle mode e dai rituali dello show business. Si parte dall'inizio: il diciassettenne Francesco De Gregori, infreddolito e preoccupatissimo, si infila nei vicoli di Roma , giu' dalle pendici del Gianicolo. Sta per esibirsi per la prima volta con la sua chitarra. Ad accompagnarlo e' il fratello Luigi, alias Ludwig, cantautore country-folk. Destinazione, una cantina di via Garibaldi, il Folkstudio, ai tempi crocevia obbligato per ogni folksinger o aspirante tale. Scuola di musica ma anche di vita, officina di amicizie vere (Venditti, Lo Cascio e Bassignano). ''Avevo le dita congelate e non presi un accordo giusto sulla chitarra'', raccontera', ''e a meta' di Buonanotte Nina per l'emozione mi venne un groppo in gola e mi dovetti fermare e ricominciare da capo. Qualcuno in mezzo al pubblico comincio' a tossicchiare, io diventai rosso e in qualche modo arrivai fino alla fine e scesi dal palco convinto che mai piu' avrei accettato di salirci''. Quello di De Gregori, ''dylaniano fino al midolllo'', e' un percorso che, lungo le curve della memoria, attraversa le fasi piu' oscure e controverse della storia italiana: dal fascismo agli anni di piombo, da Piazza Fontana a Tangentopoli. Non solo. Perche' nei suoi versi si e' compiuta anche una rivoluzione lessicale decisiva per la canzone italiana. Dalle sue prime canzoni d'amore, ''virate a tinte fosche'', secondo la lezione di De Andre', altro suo grande modello, come 'Rosso Corallo'. Passando per 'Pezzi di vetro' e 'Alice non lo sa', che fara' decollare la sua carriera, liberandolo dall'abbraccio protettivo del Folkstudio. Nelle sue canzoni d'amore, forse si e' ''consumata la sua piu' importante rivoluzione semantica e concettuale''. 'Rimmel' e' l'archetipo di questo nuovo approccio basato sulla rottura degli argini angusti del rapporto di coppia, in cui l'amore e' l'unica prospettiva di salvezza, ma anche una possibile dannazione permanente. Mai un addio era stato raccontato in modo cosi' tagliente (''ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo e la mia faccia sovrapporla a a quella di chissa' chi altro''). Esattamente l'opposto di quel che andranno vaneggiando quei critici che imputeranno all'intero Rimmel un eccesso di svenevolezza e romanticismo'', scrive Fabretti. Ma all'epoca mescolare politica e sdolcinatezze ''non rientrava nello schema del cantautore impegnato'', spieghera' De Gregori . Seconda, per fraintendimenti, alla sola Viva l'Italia, un'altra ballata sentimentale dell'album, Buonanotte Fiorellino, che restera' una delle canzoni piu' amate/odiate di De Gregori. ''Inchiodato per chissa' quanto tempo ancora allo stereotipo del cantautore con la k, del vate dell'impegno e del rigore, attaccato altrettanto spesso, da sinistra, per la presunta leziosita' di alcuni suoi testi'', De Gregori, sottolinea l'autore, e' sempre andato avanti a testa bassa, incurante dei fraintendimenti e dei significati a perdere. Il cantautore romano ''insospettisce subito i pasdaran della sinistra. E' comunista, ma non abbastanza. Del resto, quel suo sussiego altezzoso e aristocratico e' gia' un indizio di eterodossia. Poi e' borghese, piace alle ragazze. In piu', fatto ancor piu' imperdonabile, comincia a vendere molti dischi''. Dopo 40 anni sul palco, ora il Principe sembra piu' affabile con il pubblico, meno serioso e ingessato. In un'intervista di qualche anno fa ha confessato: ''Ora mi da' meno fastidio incontrare la gente, ho imparato l'autoironia. O forse da domani tornero' ad essere la solita testa di cazzo''. Elisabetta Malvagna
Ho
scritto canzoni per tutti i dolori ma forse questa qui non è delle
migliori”. Francesco De Gregori ci aveva avvertiti, quando di anni
ne aveva appena 21, che forse più in là col tempo avrebbe trovato il
modo di raccontarci meglio come e quando finisce un amore. Era il 1975: Rimmel, Buonanotte fiorellino, Pablo, Pezzi di vetro, Quattro cani. Per i cultori della materia è praticamente il disco perfetto. Oggi, il Principe dei Cantautori raggiunge un duplice traguardo: 40 anni di carriera e, soprattutto, 60 anni di età. Se “20 anni sembran pochi, poi ti volti a guardarli e non li trovi più...” figuriamoci 60, verrebbe da dire! Tuttavia, per celebrare questa ricorrenza domani uscirà il libro di Claudio Fabretti: TRA LE PAGINE CHIARE E LE PAGINE SCURE. Non è la prima volta che qualcuno prova a raccontare le vicende del cantautore attraverso le pagine di un libro: il primo fu l'amico fraterno di De Gregori, il compianto Giorgio Lo Cascio, grazie ad una specie di diario di gioventù: iniziò tutto attorno ad una seggiola rossa, in fondo ad un corridoio in cui si perdeva il senso del tempo:, con un pianoforte, una chitarra e molta fantasia. Erano in quattro: Venditti, Lo Cascio, Bassignano e, appunto, Francesco De Gregori; li chiamavano “i Giovani del Folkstudio”. Ne
ha viste tante questo austero uomo barbuto: processi politici, molotov
lanciate sul palco, gli anni di piombo e la strage del 12 dicembre
(piazza Fontana), la tomba di un giornalista ancora difficile da
ritrovare (Mauro de Mauro), Almirante con la faccia serena e la
cravatta intonata alla camicia... e non solo. Francesco Corallo
De
Gregori, i 60 anni del 'Principe' un compleanno 'Work in progress' (larepubblica.it)
Il cantautore romano è infatti attualmente in giro per l'Italia con il suo 'Work in progress', una tournèe in coppia con lo storico e ritrovato partner Lucio Dalla. La collaborazione tra i due 'mostri sacri' della musica italiana è nata infatti nel 1978, quando, dopo un pranzo insieme, di fronte ad un bicchiere di vino composero - chitarra in mano - 'Ma come fanno i marinai'. ll tour attuale segue trent'anni dopo quello storico del 1979, dal titolo 'Banana Republic' che riempì gli stadi di tutta Italia, lanciato da un concerto nel luglio dell'anno precedente allo stadio Flaminio di Roma con ben quarantamila spettatori. Lucio Dalla collaborerà con De Gregori nell'82 anche nella stesura di 'Viva l'Italia', uno dei brani più belli, famosi (e fraintesi) della discografia dell'artista. Scorbutico ma coerente, poco mondano e socievole quanto intenso e profondo, De Gregori è stato da sempre a metà tra poesia e impegno, tra la figura di cantautore raffinato ed elitario e quella di artista popolare e amato da tutti. Molte le ballate 'storiche' ed indimenticabili che hanno fatto parte del repertorio dei suoi quarant'anni di musica, tra cui 'Rimmel', 'Buonanotte fiorellino', 'La donna cannone', 'Alice non lo sa', fino aI 'Bandito e il campione', 'Niente da capire', 'Sempre e per sempre'. Una carriera, la sua, che ha attraversato le fasi più oscure e controverse della storia italiana: dal fascismo agli anni di piombo, da Piazza Fontana a Tangentopoli. Partita dallo sgabello del Folkstudio (lo storico locale che ha tenuto a battesimo tanti artisti della 'scuola romana') agli album storici, dal 'processo' sul palco di Milano nel 1976 alla dimensione concertistica dell'ultimo periodo. La sua proverbiale ritrosia non ha però mai fatto rima con mancanza di generosità. Molte sono infatti le canzoni rimaste nella storia che De Gregori ha 'regalato' a colleghi ed artisti. A partire dall'indimenticabile 'Una citta' per cantare, scritta a quattro mani con Dalla per Ron, a 'Io e mio fratello' scritta per l'amico-nemico Antonello Venditti a 'Diamante', splendido pezzo di Zucchero Fornaciari. Da sempre innamorato della musica di Bob Dylan, suo grande ispiratore insieme a Simon & Garfunkel, Leonard Cohen e Fabrizio De Andrè, nel 2003 prese parte al film di Bob Dylan 'Masked and anonymous', in cui canta 'Non dirle che non è cosi", versione italiana scritta dallo stessoDe Gregori di 'If you see her, say hello' di Dylan, tratto da 'Blood on the tracks' del 1975. Nelle note illustrative della colonna sonora di Masked and anonymous, Dylan lo definì "la leggenda della musica leggera italiana". Dopo 40 anni sul palco, ora il Principe sembra più affabile con il pubblico, meno serioso e ingessato. In un'intervista di qualche anno fa ha confessato: "Ora mi dà meno fastidio incontrare la gente, ho imparato l'autoironia. O forse da domani tornerò ad essere la solita testa di cazzo".
Non
ama le chiacchiere su di sé, Francesco De Gregori. Figurarsi i libri.
Non prese bene neanche quello dell’amico Lo Cascio. E a Deregibus,
autore della sua prima (e ottima) biografia, raccomandò
scherzosamente di rinviarla a dopo la sua morte. Non è solo la sua
celebre allergia ai media a insospettirlo. È anche il timore di veder
dissezionate le sue canzoni con quello zelo didascalico che imputa a
un’intera “scuola fatta da maestre vecchie e impreparate”. Anche
perché ci ha già spiegato che “non c’è niente da capire”. E
allora? E allora perché un libro su Francesco De Gregori? Forse,
proprio per sfatare questi tabù, per tentare di raccontare il suo
canzoniere in modo diverso. Schivando il cliché, la spiegazione
pedante, o peggio il gossip cui ormai è spesso relegata l’informazione
musicale su giornali e tv. Lasciando che siano proprio le canzoni a
conquistare il proscenio. Parole, sì, ma certamente anche i suoni,
senza i quali quegli stessi versi perderebbero senso. E in questo non
si può non essere d’accordo proprio con De Gregori, nemico giurato
dell’accostamento canzone/poesia. Se Dylan o chi per lui potrà un
giorno essere candidato al Nobel per la letteratura, non sarà certo
perché è “un poeta”, ma perché alla canzone è stata finalmente
riconosciuta la dignità letteraria che le spetta. Così come, forse,
sarebbe anche il caso di ridimensionare l’assunto che nell’opera
di De
Gregori la musica sia ingrediente secondario: a volte, è proprio il
piatto forte.
GLI AUGURI DI ROCKOIL.IT - DI FIORELLA E DI DANIELE SILVESTRI Ti
porto un ragazzo che se io sono il liceo classico lui è
l'università": il "liceo classico" a parlare è
Fabrizio De André, mentre avverte Nanni Ricordi, decano della
discografia italiana, di tenere d'occhio un giovane talento del
"giro" del Folkstudio di Roma. L'"università", il
ragazzo che poi divenne uno dei maggiori rimpianti professionali di
Ricordi, che non riuscì mai a lavorare con lui, è Francesco De
Gregori. Un carattere spigoloso e delle canzoni indimenticabili: la
carriera del cantautore meno innamorato dei riflettori sulla scena
tricolore è tutta giocata su questo dualismo. Innamorato di Bob Dylan
e Leonard Cohen nei primissimi anni Settanta, quando nella capitale -
grazie al fratello Luigi - muove i primi passi, il
"Principe" - come lo chiamano - incrocia, in modo più o
meno significativo, le carriere di tutti i suoi colleghi più
illustri, da Venditti a Dalla, da De André e Graziani, fino a
Baglioni (protagonista, con lui, di un'improvvisata esibizione davanti
al Pantheon, nella Capitale, verso la fine del 1975, e che ritrovò
per la prima volta su un palco "vero" lo scorso anno, dopo
quarant'anni, sul palco del festival O'Scià di Lampedusa). Probabilmente Francesco De Gregori non si curerà troppo di queste celebrazioni, con la grande nonchalance che gli è propria. "Mi sembra di aver scritto un'unica canzone", ebbe a dire poi lui, al quale gli onori e le celebrazioni non sono mai piaciuti. Se lo dice lui, probabilmente, sarà vero, quindi noi non aggiungiamo altro. Anzi, ci permettiamo solo di citare un suo collega, che in "Forever young" canta: "May your song always be sung".
Lo
so, a quest'ora il compleanno se n'è andato e uno già benedice che
domani è un altro giorno. Avranno telefonato in mille a Francesco De
Gregori per l'intervista dei sessant'anni che cadevano il 4 aprile, ma
lui - mi dicono - si è tirato indietro, non aveva niente da dire. (La Stampa, 4.4.2011) |