Un
reportage sul raduno del Rimmel club non poteva che cominciare con Mimmo
che a Fontanarossa viene fermato su qualcosa di sospetto
nella sua valigia: un’armonica a bocca (in sol).
“E chi è sta cosa?” le parole del funzionario. Troppo,
troppo musicale, per iniziare un viaggio all’insegna di De Gregori.
Vi
racconto le mie impressioni su questo raduno, viste naturalmente dal
sottoscritto perché ognuno di noi, per ragioni ed occasioni diverse,
l’ha vissuto in modo personale.
Arrivo con Daniele a Roma il 3 febbraio, il tempo di sistemarci
nelle nostre camere per poi incontrare la Treccani degregoriana tascabile:
Marina Vitullo. Mentre pranziamo assimiliamo da lei vita, morte, miracoli, taglie,
antenati, pronipoti e futuri discendenti di Ciccio.
Dopo
pranzo si decide di fare una cosa straordinaria: Trastevere, luogo
capitolino denso di musica, chitarre, ritrovi, locali e storia del
cantautorato romano degli anni Settanta.
Quindi
arriviamo a Via Francesco a Ripa dove sta il LettereCaffè e poi (con fatica
perché tutta in salita) a piedi fino a Via Garibaldi. Arrivati su
quella collinetta, ci chiediamo
“e adesso che siamo qui, dove sarà?”. Cosa? Ma il vecchio ed amato Folkstudio, no?
Non quello di via Sacchi ma quello originale, quello del primo Cesaroni,
di Archie Savage,
Harold Bradley. Io, Daniele e Marina
potevamo mai non andarci?
Ricordo le parole di Lo Cascio “…..imboccai
la via Garibaldi, che dal Fontanone scende come un serpente verso la
riva destra del fìume. Fu così che trovai una cantina lunga e stretta,
profumata di muffa…”
Ma
dove poteva essere la mitica cantina? Su quella strada ecco
un chiaro indizio che ci indica la via: una targa sul muro dove sta
scritto “Via del Mattonato”. A quel punto mi si è aperta la mente e
tutto è stato molto più semplice. Ricordando esattamente:
“…..Francesco prese in affitto un
piccolo appartamento nella Trastevere più antica e più incontaminata:
in via del Mattonato, accanto a falegnami, rimesse per le carrozzelle,
importatori in proprio di sigarette, osterie. La via era una traversa di
via Garibaldi e si affacciava proprio sul vecchio locale ove risiedeva
il Folkstudio ……..”
il
mio capo ha cominciato a girare a sinistra come il periscopio, verso
quelle botteghe sul marciapiede opposto. C’era un silenzio surreale in
quel momento, non passava un’auto, non c’era quasi nessuno, solo
noi. Sembrava di essere in una foresta incantata.
Chiedo
alla titolare di un negozio che mi risponde “la porta appresso”.
Non
ci pooossso credereee!!
Ci
troviamo a due metri da quello che per noi degregoriani è un tempio,
come fare pellegrinaggio alla tomba di Padre Pio per un cattolico
praticante o al mausoleo di Lenin per un nostalgico comunista. Che
bello, come mi sto divertendo!
Quattro
scatti, una scritta ricordo dove sta scritto “Rimmelclub è stato
qui” con le nostre firme e una foto di Daniele che è fantastica. E’ riuscito ad
immortalare dal vetro della finestra l’interno della vecchia cantina,
ormai abbandonata e piena di arredi impolverati. La foto ha un aspetto
sinistro, sembra proprio di vederne una di quelle che raffigurano ciò
che resta del Titanic. Anche se l’arredamento non è quello originale,
si vedono i muri e la struttura architettonica del locale. E’ una
foto carica di mistero ma allo stesso affascinante, perché guardando
all’interno ti vengono i brividi addosso, immagini lì dentro Caterina
Bueno, i Folkstudio Singers, Giovanna Marini, Billie Ward, Venditti,
Mario Schiano, Locasciulli, i Giovani del folk e
….“in fondo a quella cantina un palco di legno verniciato di rosso
con una seggiola di forma assolutamente particolare, anch'essa vemiciata
di rosso. E su quella seggiola un ragazzo di diciotto anni, con una
chitarra Eko in mano, che cantava: "Era mattina presto / bruciava
la foresta / La scimmia scese a terra / e si montò la testa / le si
ingrossò il cervello / e cominciò a pensare / Signore Iddio del cielo
/ che cosa mi fai fare?!"….
Ragazzi, da brividi!
Su quel marciapiedi diventato magico vibravano in me dolci ricordi
di trent'anni fa: il liceo, le sciarpe rosse, l'eskimo, le femministe, i
cortei dei metalmeccanici, gli enormi 33 giri che giravano sul piatto
dello stereo Readest Digest...... e De Gregori, il primo De Gregori.
Lasciamo
il "santuario" e ci avviamo a Via della Scala, in cerca di Stefano Rosso.
In effetti volevo vederlo, salutarlo, ma ha cambiato casa e non abita più lì. Ma
Via della Scala è sempre là.
Nel
frattempo mi
telefona mia moglie: “che hai fatto oggi pomeriggio?”, “un tour archeologico”
rispondo io. E lei “bello! Colosseo, Foro romano, Teatro Marcello....
Ed io: “No, via Garibaldi, via del Mattonato, via della Scala!”. Mi
mancava soltanto Via Clitumnio e il giro era completo.
A
sera siamo con i ragazzi del Rimmelclub al LettereCaffè. Era d'obbligo. Rivedo i miei amici: Elena, Pippina e childs,
Andrea, Ale, Frank e per
la prima volta il mitico Tano, Culodigomma, Burini, Remoblues e quel gran ganzo del
Barbagianni! Favoloso, favoloso pesonaggio. Vedere davvero i volti di chi ti ha
scritto e ascoltato per quasi cinque anni è una sensazione
straordinaria. Finalmente! Lory mi ha abbracciato con uno “Zio!”
avvolgendomi sotto la sua ala di piume, note degregoriane ed
efficienza lombarda. E poi finalmente Rinaldo, un ciclope, un centurione, una
montagna di bontà, generosità e gentilezza!
L’indomani
appuntamento al Bar Brasile a Piazza
Venezia e poi a pranzo con i
ragazzi alla Birreria Peroni. Il pomeriggio ancora a Trastevere dove il
disponibilissimo direttore artistico del LettereCaffè, Davide Trebbi, ci fa ascoltare il concertino
che De Gregori fece tempo fa in quel locale. Eccezionale! Il nostro
Ciccio che canta e suona assieme a Franco Cercando un altro Egitto con
lo stile della Pecora, Il bandito e il campione, Banana republic e una
Donna cannone un po’ …… distratta e con un grado alcolico più
alto del normale “non ricordo le parole, aspettate… mo’ la
rifaccio, ricomincio”. Un CD straordinario, che Davide ha dovuto
controllare per bene fino alla fine
perché un affamato rapace
notturno gli volteggiava attorno con famelico interesse.
Il pennuto ha poi placato la
sua fame quando è stato fotografato a Viale Trastevere con qualcosa che
spero rivedremo prossimamente.
La
sera è stata l’apoteosi di quest’isola felice che si chiama Rimmel
Club. Arriva il Marcellone nazionale (Salvo, mancavi solo te!) e fra
vino, birra e qualche inghippo iniziale è iniziata una serata che dimenticherò
difficilmente.
Quanta
gente! Ma quanti problemi all’inizio, con quell’equivoco della
prenotazione dei tavoli! Daniele aveva una faccia color
Stazione ferroviaria e sbuffava dalle narici soffi di sconforto e
rabbia.
E dove andavamo a quell’ora e con quel freddo? A quel
punto non rimaneva che fare due cose: 1) ripetere l’adunata all’Eur,
ma allora era settembre e stavolta c’erano 2-3 gradi di massima; 2)
approfittare della generosità di Rinaldo, farci aprire due o tre sale
operatorie per suonare e cantare, facendoci mettere disposizione un
paio di flebo col vino al posto della soluzione al glucosio in caso di
sete improvvisa.
Fortunatamente
poi siamo rimasti lì, la serata è andata avanti nel migliore dei modi.
Le cover band "Nientedacapire band" e "I banditi e il
campione" sono state eccezionali, sembrava di stare sotto il palco a
un concerto di Ciccio, col mitico
striscione che sventolava fra la
divertita clientela del locale che si chiedeva da dove arrivavano mai
quei pazzi! L’unica cosa che non mi è andata è che questo spazio per
tutti non c’è stato. I jack sono stati staccati dalle band troppo
presto, a malapena hanno cantato Ale, Frank e il sottoscritto. Avrei voluto vedere Marcello, con armonica e
chitarra, intonare “Come il giorno”, il famoso meccanico suonare le
sue e
poi tutti gli altri sul palco a cantare “Alice”, tutti assieme, come
nel finale del film “The last waltz”.
Ma
fa lo stesso, anzi vedendoli
tutti lì ho avuto un flash di quello che raccontai nel 2002 in merito
ad un ipotetico concerto del Degre con il Rimmelclub al completo. In quel momento
mi è sembrato di rivedere quello che allora mi inventai: Lory,
Culodigomma e tutti gli altri.
Anche
senza la presenza del vero festeggiato (aleggiava nell’aria la
possibilità di una sorpresina serale – la Roma vinceva pure tre a
zero!) ci siamo divertiti lo stesso, lo sbaddu scorreva a fiumi e le foto sono la testimonianza
di una felicità che in quei momenti si toccava con mano.
Dopo
si decide di suonare finalmente anche noi, ma dove? A casa di Rinaldo,
naturalmente! Fino alle tre del mattino a suonare e cantare. A casa sua,
Rinaldo mi porge la sua chitarra: “Mimmo, attento che la tracolla è
regolata per me”. Cazzo, me ne accorgo subito, la chitarra mi arriva quasi
alle ginocchia! In quella che sembra la casa di Polifemo, tutto si
presenta gigantesco: dalle scarpe 52 sotto il letto al fingerpicking suonato dal
padrone di casa con un pollice di una grandezza vicina a quello del Dio
Nettuno detto il "Biancone" in Piazza della Signoria a
Firenze. Intanto passano altri
dei, Bacco, Venere, Tabacco e anche 4-5
armoniche, plettri, chitarre (Rinà, lo so che si chiama Ho preso un
treno e non Ho perso un treno, è che col tuo vino e il sonno il treno
l’ho perso davvero). Elena era con noi solo fisicamente, perchè in realtà sognava una
decina di taxi che l’avrebbero portata in albergo. La sua faccia manifestava esattamente questo: “Sto crepando dal sonno,
in questo momento nessuno mi può accompagnare, mi sembra male
telefonare per far arrivare un taxi, per forza di cose devo stare
qui fino a quando questi cretini la finiranno di fare i bambinoni, quindi tanto
vale che mi rassegni ad ascoltare sta cantilena” (Elena, sto a scherzà… te voijo bene!”).
Comunque alle quattro eravamo già tutti a nanna.
L’indomani
me ne vado un po’ in giro a Roma a scattare qualche foto. Dopo il
pranzo, ci salutiamo con commoventi abbracci e nodi alla
gola, con la speranza di rivederci tutti alla prossima.
Quando
con Daniele arriviamo a Catania troviamo una pioggia torrenziale, imbocchiamo la
tangenziale per evitare la festa di Sant’Agata ma il buio e la pioggia
ci fanno sbagliare strada. Facciamo un giro più lungo, apro un po’ il finestrino per fumare una
sigaretta, dico a Daniele che ho sete... subito: acqua! Un’auto ci sorpassa e un fiume entra dentro bagnandomi dalla testa ai
piedi. Mi fermo e cerco di asciugarmi; sono completamente inzuppato
mentre Daniele sta
crepando dalle risate. Poi, sulla strada per andare a
casa sua, da dietro qualcuno ci lampeggia nella nebbia, io dico
“e passa!”. Non erano fanali, erano gli occhi di Ivan il Terribile
XXXII, discendente diretto di Ivan il Terribile I, appartenuto allo zar
Nicola, leggendario campione di caccia al mugiko nella steppa e fucilato
come nemico del popolo durante la Rivoluzione d'Ottobre sulla Piazza
Rossa. Ivan, di proprietà della Contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal
Mare, con al seguito quattro cani per strada, cercava di azzannare i
pneumatici di una Renault che
rischiava di afflosciarsi e diventare
definitivamente una zucca.
Bello,
veramente bello sto raduno. Forse il più bello. Al di là del
cantante, noi del Rimmel Club siamo diventati davvero una grande
famiglia, siamo l'amante e la sposa, siamo il padre e la figlia, siamo
venuti per poco lasciando la nostra valigia di là, proprio in
certi hotel dove il nostro nome ce l'hanno
già e ormai nemmeno ci chiedono più il
documento d'identità.
Francesco,
vedi che combini, vedi che sei capace di fare? Forse tutto questo ti stupirà,
forse ti chiederai se davvero meriti che tanti ragazzi, da tutta Italia e
anche dall’estero, si ritrovino insieme per parlare di te e delle tue
canzoni. Tu sapevi del raduno, e so perfettamente che in cuor tuo
avresti fatto carte false per essere lì a cantare le tue canzoni e con
curiosità farti accompagnare da due coverband che ti scimmiottano, e
poi a bere e a scherzare con noi. Perché tu sei un ragazzo
come noi, ancora un ragazzo come noi. Avresti potuto fare come me,
conservare (anzi, gettare) la carta d'identità e ritornare ragazzino
per un paio d'ore. Ma per certi versi ti capisco, il raduno era in un
locale pubblico e per un personaggio noto è difficile fare certe cose.
Ma
se fossi stato anche tu della
festa, i tuoi capelli sarebbero ridiventati rossi come a vent’anni e
saresti salito sull’albero per cercare il punto esatto dove muore la città, la tua Roma che abbiamo fatto nostra per due
giorni. E gridando "Guarda che bello, come siamo pazzi" ti saresti
ricordato di te stesso e
del ragazzo che eri, proprio come cantavi in Powderfinger.
Dimenticavo:
a Fiumicino mi hanno rifermato al controllo. Memore dell'andata, dico subito: “E'
un’armonica a bocca”. “No, è un’altra cosa. Che è questo?”
mi domandano. “E’ un barrè artificiale, serve a suonare nella
chiave preferita ma con la tonalità originale. Ma anche se la tonalità
non è quella originale non importa, la cosa più bella è che si suoni e che si canti
insieme a quelli del Rimmel Club. Infatti questo oggetto non l'ho mai
dovuto usare, perchè
quando sono con loro tutto quadra, non ci sono stonature, nè accordi o tonalità
sbagliate. Tutto, come per incanto, se ne va per la strada
giusta. La prossima volta ci troverà dentro
una Martin. Signore, adesso navigo via, perchè devo ancora svegliarmi”.
Scambiandomi
per pazzo, mi ha fatto passare.
Mimmo
Rapisarda
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