RADUNO

RIMMEL CLUB

 FEBBRAIO 2006

 

 

 

 

 

 

Per le strade di Roma ci sono facce nuove e lingue da imparare, vino da bere subito e pane da non buttare. E musica che arriva da chissà dove…

 

 

Un reportage sul raduno del Rimmel club non poteva che cominciare con Mimmo che a Fontanarossa viene fermato su qualcosa di sospetto nella sua valigia: un’armonica a bocca (in sol).  “E chi è sta cosa?” le parole del funzionario. Troppo, troppo musicale, per iniziare un viaggio all’insegna di De Gregori.  

Vi racconto le mie impressioni su questo raduno, viste naturalmente dal sottoscritto perché ognuno di noi, per ragioni ed occasioni diverse, l’ha vissuto in modo personale.  

Arrivo con Daniele a Roma il 3 febbraio, il tempo di sistemarci nelle nostre camere per poi incontrare la Treccani degregoriana tascabile: Marina Vitullo. Mentre pranziamo assimiliamo da lei vita, morte, miracoli, taglie, antenati, pronipoti e futuri discendenti di Ciccio.

Dopo pranzo si decide di fare una cosa straordinaria: Trastevere, luogo capitolino denso di musica, chitarre, ritrovi, locali e storia del cantautorato romano degli anni Settanta.

Quindi arriviamo a Via Francesco a Ripa dove sta il LettereCaffè e poi (con fatica perché tutta in salita) a piedi fino a Via Garibaldi. Arrivati su quella collinetta, ci chiediamo “e adesso che siamo qui, dove sarà?”. Cosa? Ma il vecchio ed amato Folkstudio, no? Non quello di via Sacchi ma quello originale, quello del primo Cesaroni, di Archie Savage, Harold Bradley. Io, Daniele e Marina  potevamo mai non andarci? Ricordo le parole di Lo Cascio “…..imboccai la via Garibaldi, che dal Fontanone scende come un serpente verso la riva destra del fìume. Fu così che trovai una cantina lunga e stretta, profumata di muffa…”  

Ma dove poteva essere la mitica cantina? Su quella strada ecco un chiaro indizio che ci indica la via: una targa sul muro dove sta scritto “Via del Mattonato”. A quel punto mi si è aperta la mente e tutto è stato molto più semplice. Ricordando esattamente: “…..Francesco prese in affitto un piccolo appartamento nella Trastevere più antica e più incontaminata: in via del Mattonato, accanto a falegnami, rimesse per le carrozzelle, importatori in proprio di sigarette, osterie. La via era una traversa di via Garibaldi e si affacciava proprio sul vecchio locale ove risiedeva il Folkstudio ……..” il mio capo ha cominciato a girare a sinistra come il periscopio, verso quelle botteghe sul marciapiede opposto. C’era un silenzio surreale in quel momento, non passava un’auto, non c’era quasi nessuno, solo noi. Sembrava di essere in una foresta incantata.

Chiedo alla titolare di un negozio che mi risponde “la porta appresso”.

Non ci pooossso credereee!!

Ci troviamo a due metri da quello che per noi degregoriani è un tempio, come fare pellegrinaggio alla tomba di Padre Pio per un cattolico praticante o al mausoleo di Lenin per un nostalgico comunista. Che bello, come mi sto divertendo!

Quattro scatti, una scritta ricordo dove sta scritto “Rimmelclub è stato qui” con le nostre firme e una foto di Daniele che è fantastica. E’ riuscito ad immortalare dal vetro della finestra l’interno della vecchia cantina, ormai abbandonata e piena di arredi impolverati. La foto ha un aspetto sinistro, sembra proprio di vederne una di quelle che raffigurano ciò che resta del Titanic. Anche se l’arredamento non è quello originale, si vedono i muri e la struttura architettonica del locale. E’ una foto carica di mistero ma allo stesso affascinante, perché guardando all’interno ti vengono i brividi addosso, immagini lì dentro Caterina Bueno, i Folkstudio Singers, Giovanna Marini, Billie Ward, Venditti, Mario Schiano, Locasciulli, i Giovani del folk e ….“in fondo a quella cantina un palco di legno verniciato di rosso con una seggiola di forma assolutamente particolare, anch'essa vemiciata di rosso. E su quella seggiola un ragazzo di diciotto anni, con una chitarra Eko in mano, che cantava: "Era mattina presto / bruciava la foresta / La scimmia scese a terra / e si montò la testa / le si ingrossò il cervello / e cominciò a pensare / Signore Iddio del cielo / che cosa mi fai fare?!"….

Ragazzi, da brividi! Su quel marciapiedi diventato magico vibravano in me dolci ricordi di trent'anni fa: il liceo, le sciarpe rosse, l'eskimo, le femministe, i cortei dei metalmeccanici, gli enormi 33 giri che giravano sul piatto dello stereo Readest Digest...... e De Gregori, il primo De Gregori. 

Lasciamo il "santuario" e ci avviamo a Via della Scala, in cerca di Stefano Rosso. In effetti volevo vederlo, salutarlo, ma ha cambiato casa e non abita più lì. Ma Via della Scala è sempre là.

Nel frattempo mi telefona mia moglie: “che hai fatto oggi pomeriggio?”, “un tour archeologico” rispondo io. E lei “bello! Colosseo, Foro romano, Teatro Marcello.... Ed io: “No, via Garibaldi, via del Mattonato, via della Scala!”. Mi mancava soltanto Via Clitumnio e il giro era completo.

A sera siamo con i ragazzi del Rimmelclub al LettereCaffè. Era d'obbligo. Rivedo i miei amici: Elena, Pippina e childs, Andrea, Ale, Frank e per la prima volta il mitico Tano, Culodigomma, Burini, Remoblues e quel gran ganzo del Barbagianni! Favoloso, favoloso pesonaggio. Vedere davvero i volti di chi ti ha scritto e ascoltato per quasi cinque anni è una sensazione straordinaria. Finalmente! Lory mi ha abbracciato con uno “Zio!” avvolgendomi sotto la sua ala di piume, note degregoriane ed efficienza lombarda. E poi finalmente Rinaldo, un ciclope, un centurione, una montagna di bontà, generosità e gentilezza!

L’indomani appuntamento al Bar Brasile a Piazza Venezia e poi a pranzo con i ragazzi alla Birreria Peroni. Il pomeriggio ancora a Trastevere dove il disponibilissimo direttore artistico del LettereCaffè, Davide Trebbi, ci fa ascoltare il concertino che De Gregori fece tempo fa in quel locale. Eccezionale! Il nostro Ciccio che canta e suona assieme a Franco Cercando un altro Egitto con lo stile della Pecora, Il bandito e il campione, Banana republic e una Donna cannone un po’ …… distratta e con un grado alcolico più alto del normale “non ricordo le parole, aspettate… mo’ la rifaccio, ricomincio”. Un CD straordinario, che Davide ha dovuto controllare per bene fino alla fine perché un affamato rapace notturno gli volteggiava attorno con famelico interesse.  Il pennuto ha poi placato la sua fame quando è stato fotografato a Viale Trastevere con qualcosa che spero rivedremo prossimamente.

La sera è stata l’apoteosi di quest’isola felice che si chiama Rimmel Club. Arriva il Marcellone nazionale (Salvo, mancavi solo te!) e fra vino, birra e qualche inghippo iniziale è iniziata una serata che dimenticherò difficilmente.

Quanta gente! Ma quanti problemi all’inizio, con quell’equivoco della prenotazione dei tavoli! Daniele aveva una faccia color Stazione ferroviaria e sbuffava dalle narici soffi di sconforto e rabbia.

E dove andavamo a quell’ora e con quel freddo? A quel punto non rimaneva che fare due cose: 1) ripetere l’adunata all’Eur, ma allora era settembre e stavolta c’erano 2-3 gradi di massima; 2) approfittare della generosità di Rinaldo, farci aprire due o tre sale operatorie per suonare e cantare, facendoci  mettere disposizione un paio di flebo col vino al posto della soluzione al glucosio in caso di sete improvvisa.

Fortunatamente poi siamo rimasti lì, la serata è andata avanti nel migliore dei modi. Le cover band "Nientedacapire band" e "I banditi e il campione" sono state eccezionali, sembrava di stare sotto il palco a un concerto di Ciccio, col mitico striscione che sventolava fra la divertita clientela del locale che si chiedeva da dove arrivavano mai quei pazzi! L’unica cosa che non mi è andata è che questo spazio per tutti non c’è  stato. I jack sono stati staccati dalle band troppo presto, a malapena hanno cantato Ale, Frank e il sottoscritto. Avrei voluto vedere Marcello, con armonica e chitarra, intonare “Come il giorno”, il famoso meccanico suonare le sue e poi tutti gli altri sul palco a cantare “Alice”, tutti assieme, come nel finale del film “The last waltz”.

Ma fa lo stesso, anzi vedendoli tutti lì ho avuto un flash di quello che raccontai nel 2002 in merito ad  un ipotetico concerto del Degre con il Rimmelclub al completo. In quel momento mi è sembrato di rivedere quello che allora mi inventai: Lory, Culodigomma e tutti gli altri.

Anche senza la presenza del vero festeggiato (aleggiava nell’aria la possibilità di una sorpresina  serale – la Roma vinceva pure tre a zero!) ci siamo divertiti lo stesso, lo sbaddu scorreva a fiumi e le foto sono la testimonianza di una felicità che in quei momenti si toccava con mano.

Dopo si decide di suonare finalmente anche noi, ma dove? A casa di Rinaldo, naturalmente! Fino alle tre del mattino a suonare e cantare. A casa sua, Rinaldo mi porge la sua chitarra: “Mimmo, attento che la tracolla è regolata per me”. Cazzo, me ne accorgo subito, la chitarra mi arriva quasi alle ginocchia! In quella che sembra la casa di Polifemo, tutto si presenta gigantesco: dalle scarpe 52 sotto il letto al  fingerpicking suonato dal padrone di casa con un pollice di una grandezza vicina a quello del Dio Nettuno detto il "Biancone" in Piazza della Signoria a Firenze. Intanto passano altri dei, Bacco, Venere, Tabacco e anche 4-5 armoniche, plettri, chitarre (Rinà, lo so che si chiama Ho preso un treno e non Ho perso un treno, è che col tuo vino e il sonno il treno l’ho perso davvero). Elena era con noi solo fisicamente, perchè in realtà sognava una decina di taxi che l’avrebbero portata in albergo. La sua faccia manifestava esattamente questo: “Sto crepando dal sonno, in questo momento nessuno mi può accompagnare, mi sembra male telefonare per far arrivare un taxi, per forza di cose devo stare qui fino a quando questi cretini la finiranno di fare i bambinoni, quindi tanto vale che mi rassegni ad ascoltare sta cantilena” (Elena, sto a scherzà… te voijo bene!”). Comunque alle quattro eravamo già tutti a nanna.

L’indomani me ne vado un po’ in giro a Roma a scattare qualche foto. Dopo il pranzo, ci salutiamo con commoventi abbracci e nodi alla gola, con la speranza di rivederci tutti alla prossima.

Quando con Daniele arriviamo a Catania troviamo una pioggia torrenziale, imbocchiamo la tangenziale per evitare la festa di Sant’Agata ma il buio e la pioggia ci fanno sbagliare strada.  Facciamo un giro più lungo, apro un po’ il finestrino per fumare una sigaretta, dico a Daniele che ho sete... subito: acqua! Un’auto ci sorpassa e un fiume entra dentro bagnandomi dalla testa ai piedi. Mi fermo e cerco di asciugarmi; sono completamente inzuppato mentre Daniele sta crepando dalle risate. Poi, sulla strada per andare a  casa sua, da dietro qualcuno ci lampeggia nella nebbia, io dico “e passa!”. Non erano fanali, erano gli occhi di Ivan il Terribile XXXII, discendente diretto di Ivan il Terribile I, appartenuto allo zar Nicola, leggendario campione di caccia al mugiko nella steppa e fucilato come nemico del popolo durante la Rivoluzione d'Ottobre sulla Piazza Rossa. Ivan, di proprietà della Contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare, con al seguito quattro cani per strada, cercava di azzannare i pneumatici di una Renault che rischiava di afflosciarsi e diventare definitivamente una zucca.

Bello, veramente bello sto raduno. Forse il più bello. Al di là del cantante, noi del Rimmel Club siamo diventati davvero una grande famiglia, siamo l'amante e la sposa, siamo il padre e la figlia, siamo venuti per poco lasciando la nostra valigia di là, proprio in certi hotel dove il nostro nome ce l'hanno già e ormai nemmeno ci chiedono più il documento d'identità.

Francesco, vedi che combini, vedi che sei capace di fare? Forse tutto questo ti stupirà, forse ti chiederai se davvero meriti che tanti ragazzi, da tutta Italia e anche dall’estero, si ritrovino insieme per parlare di te e delle tue canzoni. Tu sapevi del raduno, e so perfettamente che in cuor tuo avresti fatto carte false per essere lì a cantare le tue canzoni e con curiosità farti accompagnare da due coverband che ti scimmiottano, e poi a bere e a scherzare con noi. Perché tu sei un ragazzo come noi, ancora un ragazzo come noi. Avresti potuto fare come me, conservare (anzi, gettare) la carta d'identità e ritornare ragazzino per un paio d'ore. Ma per certi versi ti capisco, il raduno era in un locale pubblico e per un personaggio noto è difficile fare certe cose. 

Ma se fossi stato anche tu della festa, i tuoi capelli sarebbero ridiventati rossi come a vent’anni e saresti salito sull’albero per cercare il punto esatto dove muore la città, la tua Roma che abbiamo fatto nostra per due giorni. E gridando "Guarda che bello, come siamo pazzi" ti saresti ricordato di te stesso e del ragazzo che eri, proprio come cantavi in Powderfinger.  

 

 

 

 

Dimenticavo: a Fiumicino mi hanno rifermato al controllo. Memore dell'andata, dico subito: “E' un’armonica a bocca”. “No, è un’altra cosa. Che è questo?” mi domandano. “E’ un barrè artificiale, serve a suonare nella chiave preferita ma con la tonalità originale. Ma anche se la tonalità non è quella originale non importa, la cosa più bella è che si suoni e che si canti insieme a quelli del Rimmel Club. Infatti questo oggetto non l'ho mai dovuto usare, perchè quando sono con loro tutto quadra, non ci sono stonature, nè accordi o tonalità sbagliate. Tutto, come per incanto, se ne va per la strada giusta. La prossima volta ci troverà dentro una Martin. Signore, adesso navigo via, perchè devo ancora svegliarmi”.

Scambiandomi per pazzo, mi ha fatto passare.

 

Mimmo Rapisarda