Canzoni D'Amore (LP,
Album) Columbia, Sony Music Entertainment (Italy) S.p.A. COL
472215 1, 472215 1 Netherlands 1992
Canzoni D' Amore (Cass)
Columbia 472215 4 Netherlands 1992
Canzoni D'Amore (CD,
Album) Columbia COL 472215 2 Italy 1992
Canzoni D'Amore (Cass,
Album) Columbia COL 472215 4 Italy 1992
Canzoni D'Amore (CD, Album,
RE, Dig) Sony Music, Columbia 88843067642 Italy 2014
Avevate
creduto davvero che avrebbe parlato d’amore? A leggere il titolo in
copertina c’è da pensare “non è che sia diventato peggio di
Iglesias?”.
Se le intenzioni sono quelle di scoprirvi dentro vele
senza vento o cuori in pena allora è meglio
riporre il CD nel contenitore. In questo disco Francesco intende l’amore
nel senso più globale del termine, anche attraverso la rabbia.
Amore è
anche la
preoccupazione di un ragazzo che ricorda al padre che gli
imbianchini, come la pelle del serpente, possono ridiventare assassini e
lo prega di non far parlare nessuno, nemmeno gli indovini, in questo
nostalgico rumore di niente privo di libri di storia.
Amore è anche un
ragazzo che chiede al padre cosa vede dall’alto dei suoi ricordi, ma
da così alto che tutto è più chiaro rispetto a quello che “vedono”
i suoi giovani occhi.
Amore è anche apprensione per il proprio Paese,
che continua a dire “andiamo avanti” nonostante l’autotreno viaggi
per strade senza più legge da Torino a Palermo, dall'Olimpico al
Quirinale, dal futuro al moderno, dal cielo all'inferno….
Alt! Siamo
andati troppo lontano.
(Il Nostromo)
Scendiamo
a terra e vediamo che succede nel mondo: John Major viene eletto premier
inglese. George Bush è il Presidente U.S.A.; ci governa Andreotti con
una coalizione politica DC, PSI, PSDI, PLI. L’Etna minaccia Zafferana
e si ferma a 200 metri dall’ingresso del paese; rivolta del popolo
nero a Los Angeles e carestia in Somalia; con il dopo-Craxi arriva il
Governo Amato
con una coalizione politica DC, PSI, PSDI, PLI e ce le dà di santa
ragione con una supermanovra da 93.000 miliardi per evitare la
bancarotta dell’azienda Italia; in Serbia, un Mig abbatte un
elicottero militare italiano; a Lisbona, la Cee riconosce le repubbliche
di Slovenia e Croazia; a Maastricht, i ministri degli Esteri, dell’Economia
e delle Finanze firmano l’accordo sul trattato dell’Unione europea;
a Milano, il presidente socialista del "Pio albergo Trivulzio",
Mario Chiesa, è arrestato mentre riceve una tangente di 7 milioni di
lire, una rata di una tangente per concedere l'appalto ad una ditta di
pulizie. E' l'inizio di "Tangentopoli”, un vero terremoto; a
Palermo vengono uccisi dalla mafia l’europarlamentare Salvo Lima e il
maresciallo Giuliano Guazelli; a Kabul è destituito e decapitato da
militari islamici, il presidente Mohammed Najibullah; si dimette il
Presidente della Repubblica Francesco Cossiga; in Afghanistan il governo
dei mujaheddin impone alle donne l’uso del burqa; la mafia fa due
regali a Totò Riina: sull’autostrada di Palermo vengono uccisi il
giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli
agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo e in
estate, con un’autobomba in Via D’Amelio, il giudice Paolo
Borsellino e gli uomini della sua scorta: Agostino Catalano, Walter
Cusina, Emanuele Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina; viene eletto
Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro; il "Wall Street
Journal" scrive un articolo in prima pagina intitolato "Go for
it /avanti/ Di Pietro"; il Senatore della Lega Nord Gianfranco
Miglio propone di staccare la Sicilia dall’Italia; Bill Clinton viene
eletto Presidente degli Stati Uniti; muoiono Gianni Brera, Franco
Franchi, Augusto Daolio;
Nello
sport l'Italia vince la World League di pallavolo; il Moro di Venezia
sconfigge New Zealand e giunge alla finale della Coppa America, verrà
poi sconfitto in finale da “America 3”; a Crans Montana Alberto
Tomba si aggiudica la Coppa del mondo nel gigante; Olimpiadi a
Barcellona; Marco Van Basten vince il Pallone d’Oro e la domenica sera
Gianni Minà ci racconta che il Milan vince lo scudetto con Rossi,
Tassotti, Maldini, Reickhard, Costacurta, Baresi, Donadoni, Albertini,
Van Basten, Gullit, Massaro. (All. Capello)
Di
moda va l’autoradio Clarion, l’agenda Smemoranda, il Chow Chow e il
cane Corso, i viaggi in Tunisia e Marocco, la dieta mediterranea. E
soprattutto andar per mercatini cercando anticaglie, affamati di un
sangue blu che non possediamo e sfamandoci con ritratti di illustri
sconosciuti spacciati per nostri antenati.
Il
Premio Strega va a Vincenzo Consolo con Nottetempo, casa per casa e il
Campiello va a Sergio Maldini con La casa a Nord-Est
Al
cinema vediamo Il ladro di bambini, Gli spietati, Assolto per aver
commesso il fatto, Cattiva, Il muro di gomma, Maledetto il giorno che ti
ho incontrato, Lanterne Rosse, Thelma e Louise, Jhonny Stecchino, Morte
di un matematico napoletano, Casa Howard, Scent of a woman e un’infinità
di vacanze di Natale dei fratelli Vanzina e di Neri Parenti. Ma
assistiamo anche alla consacrazione di una nuova generazione di attrici
italiane: Cucinotta, Golino, Neri, Buy e Ferilli.
Leggiamo
L'età dei diritti, La casa a Nord-Est, Castelli di rabbia, Dylan Dog,
Brendon, Focus, Newton, National Geographic Italia, Il Foglio.
In
TV trasmettono I segreti di Twin Peaks, Non è la Rai, l'inviato al
tribunale di Milano Paolo Brosio, Beverly Hills 90210, corride, ragazzi
bagnati in piazza a stonare col Karaoke di Fiorello, processo Pacciani,
processo Cusani, Sgarbi quotidiani, la Piova 38: baciamo le mani. E poi
c’è il fantastico “Mai dire gol” della Gialappa’s, in cui
vengono lanciati comici straordinari come Aldo, Giovanni e Giacomo (John
Flanagan, Johnny Glamour, Nico, Rolando, I Bulgari, Rezzonico, Gervasoni
e il poliziotto Huber), Antonio Albanese (Alex Drastico, Epifanio,
Frengo e Stop, Pierpiero il giardiniere di Arcore), Paolo Hendel (Carcarlo
Pravettoni), Daniele
Luttazzi (Prof. Fontecedro, Panfilo Maria Lippi Tabloid), Francesco
Paolantoni (Nipote di Benny Hill, De Lollis, Nonno virtuale,
Robertino-Ho vinto quaccheccosa?), Teo Teocoli (il fantastico Caccamo,
Peo Pericoli, Gianduia Vettorello).
Nella
pubblicità i rasoi diventano ancora più micidiali. Se trent’anni fa
il pelo aveva qualche possibilità di cavarsela, oggi per lui non c’è
più scampo: appena tenta di uscire fuori dopo il primo taglio, arriva
il secondo che lo scotenna facendolo ricadere giù, senza speranza. E se
per caso accenna a dire “posso respirare?” c’è pronta la terza
lama!
Spot
da ricordare sono ”…e chi sono io, Babbo Natale?; “l’uomo Del
Monte ha detto sì”; i Levi’s 501 col modello che va in lavanderia a
lavare i suoi panni e resta ad aspettare in boxer; il Kinder bueno prima
dell'era della "ciccia e brufoli"; il Pinguino De Longhi di
Orso Grigio, e infine alcuni strafirmati, rampanti e ignoranti dirigenti
che esultano perché l'INA è in possesso di Palazzo Strozzi! E allora?
Che ce ne frega? Meglio cambiar canale, meglio Fantozzi o la Pozzi o, al
limite, Don Mazzi.
Molto
spesso si cena fuori casa ed è ormai consuetudine festeggiare al
ristorante eventi personali o familiari. Elemento che modifica le
abitudini alimentari degli italiani è la paura di ingrassare. Inizia
così il “tormentone” delle diete e dei regimi dimagranti che si
possono reperire dappertutto, su giornali o riviste specializzate, in
trasmissioni radio o televisive. Sono, questi, anni marcati da un
sensibile aumento
della dinamicità della vita sociale e dei consumi fuori casa. Cresce,
infatti, la richiesta di pasti pronti da portare in tavola e si
diffondono sempre più rosticcerie e ristoranti per alimenti ‘take
away’, ma sgranocchiamo anche Kinder sorpresa, il Cono Atomic Motta,
Ciocorì & Biancorì Motta, Ciao Crem ed Ergo Sprint.
Lo
stipendio di un operaio è di circa 1.100.000 lire, un chilo di pasta
costa 1280 lire e un litro di latte 1100.
Viaggiamo
con la Volvo 740, la Panda, la Punto, la Renault Clio, Nissan Micra,
Ford Mondeo, Renault Twingo.
A
Sanremo vince Luca Barbarossa con Portami a ballare, il Premio Tenco lo
vince Franco Battiato con Povera patria, allo Zecchino d’oro vince
"Un Giallo In una mano" e al Festivalbar vince Luca Carboni
con "Mare mare".
Esordio
di Tori Amos con "Little Earthquakes"; Esplode il fenomeno del
brit-pop (Blur, Oasis, Suede, Pulp & C.); viene inventato il formato
Mp3 per archiviare i brani musicali nei computer; si afferma il
movimento post-rock; gli Oval inventano la glitch music; Jeff Buckley
pubblica "Grace" e diventa uno dei nuovi idoli del decennio.
L’anima
del punk riemerge con il grunge dei Nirvana, mentre stili di dance music
come la Techno si frammentano in un numero sempre più grande di
sottogeneri nell’ambito della cultura rave. Dalla multimedialità
fatta “in proprio” degli show underground si è passati a quella
ipertecnologica dell'era del digitale, che coinvolge svariati gruppi di
persone riuniti in contesti aziendali sovranazionali. Oggi, dietro le
quinte delle pop-star, c’è una task force di manager, tecnici del
suono, produttori, registi, tecnici
informatici, stilisti, tutti facenti capo a multi-nazionali della
musica, della moda e della cinematografia.
In
Italia nascono gruppi (come 99 Posse, Almanegretta; Banda Bassotti,
Cyclone, Pitura Freska; Articolo 31, Casinò Royale; Mau Mau, Torino
Posse) che nascono e si trasformano, volutamente, nello spazio di pochi
mesi. I loro ritmi mischiano in maniera originale il raggae e il rap e i
loro testi sono prevalentemente orientati alla rivendicazione sociale e
politica, contro il razzismo e il dominio del potere.
Ascoltiamo
Don't let the sun go down on me, Why, Non amarmi, Mare mare, Please don't
go, La forza della vita, One, Human touch, My name is Prince, In the
closet, Better days, Ci vuole un fisico bestiale, Non m'annoio, Deeper
and deeper, Jam, Knockin' on heaven's door, Brutta, Leap of faith, Come
una Turandot, Do it to me.
Gli
album più venduti in Italia sono Carboni, Greatest hits II Queen,
Miserere, Hanno ucciso l'Uomo Ragno, The one, Dangerous, Achtung baby,
Live at Wembley, I ricordi del cuore, Napoli punto e a capo, Back to
front, Tears roll down, Love deluxe Sade, Human touch, Lorenzo 1992,
Come l'acqua, The Freddie Mercury album, Unforgettable with love '86,
Diva, CANZONI D'AMORE, Good as I Been to You, Lindbergh
Tormentone
dell’estate: Hanno ucciso l’uomo ragno, degli 883
http://www.rimmelclub.it/storia/storia.htm
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L’Esperanto, la lingua universale vagheggiata e mai (per
fortuna) realizzata, comprensibile a tutti. Nell’ultima canzone De Gregori
spiega il suo percorso, come attraversa il suo tempo difficile, con le domande
(quelle con cui si apre la canzone) senza risposta. Ed è la musica,
dice,
quella "musica che abbiamo sentito già" a dare la forza. Canzoni
d’amore arriva dopo la prima trilogia (del 1990) che raccoglie le canzoni di
De Gregori che nell’esecuzione dal vivo si arricchiscono
dell’interpretazione sia vocale che strumentale: Chatcher in the sky, Niente
da capire, Musica leggera. E non è un caso che affidi alla musica tanto valore.
Ma qui, come nei momenti difficili e come altre volte ha già fatto, De Gregori
si affida alle parole di un bambino per trovare la strada. Come Pinocchio che
invoca il babbo quando incontra gli assassini, così il bambino di Rumore di
niente chiama il padre ("babbo" come aveva già detto Stella in Babbo
in prigione) per esorcizzare la paura: "Babbo c’è un assassino, non lo
fare bussare./Babbo c'è un indovino, non lo fare parlare./Babbo c'è un
imbianchino, vestito di nuovo,/C’è la pelle di un vecchio serpente, appena
uscita dall’ uovo". Nella figura dell’imbianchino Hitler, De Gregori
raccoglie l’orrore del Novecento, del Nazismo che ha la pelle di un serpente
uscito dall’uovo. Un orrore che può rinascere e rigenerarsi come la pelle di
un serpente. Proprio come nel film di Ingmar Bergman L’uovo di serpente del
1976, un film sull’orrore del nazismo dove ogni inquadratura incute terrore.
Attenzione, dice Bergman, a non illudersi. Quell’embrione nell'uovo,
l'embrione del nazismo, è ancora vivo, quel grembo che lo ha nutrito è ancora
fecondo. Una paura che ricorre anche in Rumore di niente.La necessità che sulla
barbarie, soprattutto su quella barbarie che fu il nazismo, si debba dare
continuamente testimonianza per impedire che si riproduca (l’insegnamento di
Primo Levi, chi non ricorda il proprio passato è costretto a riviverlo), è
avvertita da De Gregori anche in un intervento molto bello scritto due anni dopo
per il sito dell’Aned, l’Associazione nazionale ex deportati politici nei
campi nazisti. Un sito "dedicato ai 40.000" italiani che soffrirono e
morirono nei campi nazisti". "Diamo alla memoria un futuro" era
il titolo dell’iniziativa del 1994 che nel sito era presentata così: "La
proposta di invitare i giovani a partecipare alle manifestazioni commemorative
dell'anno prossimo nei campi nazisti: L'adesione dei presidenti delle Camere,
Giovani Spadolini e Giorgio Napolitano". De Gregori scrive un intervento
dedicato ai giovani che visitano i campi di sterminio dal titolo: "Sarà
per molti la gita scolastica più importante di tutta la vita":
<< "Solo rendendoci disponibili ancora una volta
anche dopo cinquecento o cinquanta anni a farci scandalizzare nuovamente potremo
dire di aver fatto un buon uso del nostro passato".
Perché abbia un senso la memoria del passato deve essere
intimamente connessa al presente, deve essere un utensile per la sua decodifica,
uno strumento per preparare, per quanto è possibile, il futuro. Una memoria del
passato che non sia "operativa" in questo senso avrebbe al massimo un
valore documentario e probatorio indispensabile dal punto di vista
storiografico, certo, ma altrettanto certamente inutile e inagibile dal punto di
vista storico e politico.
Chi attraversa oggi la linea d’ombra dei quarant’anni o
li ha da poco superati appartiene a quella generazione, la prima, che non ha
conosciuto la guerra e il dopoguerra se non dai racconti dei fratelli maggiori,
dei padri o delle madri. Le città che hanno accolto l’infanzia di quelli come
me, nati negli anni cinquanta, già cominciavano a cancellare le ferite dei
bombardamenti. Dove una volta era crollato un palazzo ora vedevamo piantare le
tende di un circo o di un Luna Park. Finivano sulle cronache dei giornali (anche
se non erano casi troppo rari) coloro che giocando su un prato di una periferia
venivano dilaniati da una bomba inesplosa. La guerra guerreggiata era ormai un
residuato e l’Italia, anche se forse non lo sapeva, aveva già preso la sua
rincorsa per quello che da lì a qualche anno si sarebbe chiamato
"boom". Avevano già cominciato a parlare e a camminare, e a leggere e
a scrivere, tutti quelli nati dopo il ’45, tutti quelli nati dopo la
Liberazione dei vari ampi di concentramento nazisti sparsi in Europa, tutti
quelli che hanno superato da poco i quaranta e si avviano oggi verso i
cinquant’anni di età. E chi oggi non ha ancora vent’anni? Cosa sa (cosa gli
è stato insegnato) di quella guerra e di quei campi? DELL’AMORE DI ALTRE CANZONI
– MONTI – 2004)
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Passa
correndo lungo la stradale un autotreno carico di sale.
Adelante! Adelante! C'è un uomo al volante,
ha due occhi,
che sembra un diavolo.
Adelante! Adelante! L'arrivo è distante, è alla fine, di questo tavolo.
Di questo cavolo di pianura,
di questa terra senza misura,
che già confonde la notte e il giorno
e la partenza con il ritorno e la ricchezza con il rumore
ed il diritto con il favore
e l'innocente col criminale
ed il diritto col Carnevale.
Passa correndo lungo la stradale un autotreno carico di sale.
Da Torino a Palermo, dal cielo all'inferno,
dall'Olimpico al Quirinale.
Da Torino a Palermo, dal futuro al moderno,
dalle fabbriche, alle lampare.
In questa terra senza più fiumi, in questa terra con molti fumi,
tra questa gente senza più cuore
e questi soldi che non hanno odore,
e queste strade senza più legge,
e queste stalle senza più gregge.
Senza più padri da ricordare e senza figli da rispettare.
Passa correndo lungo la statale un autotreno carico di sale.
Adelante ! Adelante! C'è un uomo al volante,
c'è un ombra sulla pianura.
Adelante! Adelante! Il destino è distante
è alla fine dell'avventura.
E si nasconde in un polverone, nell'orizzonte di un acquazzone,
e nei vapori della benzina.
Diventa musica nella mattina.
E meraviglie Sudamericane e companatico senza pane.
Arcobaleno, sotto le scale e Paradiso nel temporale.
Passa correndo lungo la stradale....
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Bellamore,
bellamore, non mi lasciare. Bellamore, bellamore, non mi dimenticare.
Rosa di primavera, isola in mezzo al mare. Lampada nella sera, Stella Polare.
Bellamore, bellamore, fatti guardare, nella luna e nel sole, fatti guardare.
Briciola sulla neve, lucciola nel bicchiere. Bellamore, bellamore, fatti vedere.
E vieniti a sedere, vieniti a riposare su questa poltroncina a forma di fiore.
Questa notte che viene non darà dolore, questa notte passerà, senza farti del male.
Questa notte passerà, o la faremo passare.
Bellamore, bellamore, non te ne andare. Tu che conosci le lacrime, e le sai consolare.
Bellamore, bellamore, non mi lasciare. Tu che non credi ai miracoli, ma li sai fare.
Bellamore, bellamore, fatti cantare, nella pioggia e nel sole fatti cantare.
Paradiso e veleno, zucchero e sale. Bellamore, bellamore, fatti consumare,
e vieniti a coprire, veniti a riscaldare su questa poltroncina a forma di fiore.
Questo tempo che viene non darà dolore, questo tempo passerà, senza farci del male.
Questo tempo passerà, o lo faremo passare.
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Oggi è un giorno che vale la pena guardarsi alle spalle,
e anche uno specchio può andare bene
per liberarsi dalle catene, dalle montagne venire a valle,
anche uno specchio va bene.
Così vediamo dove siamo e dove stiamo andando.
Così impariamo ad imparare e a sbagliare sbagliando.
Tu dove vai fratello? Sei partito che era tutto fermo
e adesso già la terra sotto ai tuoi piedi, si sta spostando.
Tu cosa credi, bello? Che davvero sia una buona stella,
questa stella nera, nera, che ci sta accompagnando?
E se non fosse per sentirmi vivo adesso
io nemmeno probabilmente,
starei cantando.
Tu da che parte stai? Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati,
o di chi li ha costruiti? Rubando!
Oggi è un giorno da stare in coperta a guardare le onde arrivare,
su tutti i lati di questa nave.
E non c'è spiaggia dove nascondersi
e non c'è porto dove scampare al tribunale del mare.
Sarà sereno e se non sarà sereno, si rasserenerà.
In quale notte ci perderemo, quale futuro ci raccoglierà?
Tu dove vai fratello? Sei partito che era ancora notte
e adesso l'asfalto sotto ai tuoi piedi, si sta squagliando.
Tu cosa credi bello? Di sapere, veramente il prezzo e il nome,
il nome e il prezzo che ti stanno dando?
Ma se non fosse per sentirmi vivo, adesso io nemmeno per tutto l'oro del mondo, starei gridando.
Tu da che parte stai? Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati?
O di chi li ha costruiti. Rubando?
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"Ma come si fa a dire "i
cantautori"? A parte il fatto che è una parola spuria (come diceva
Michele Straniero), bruttissima, come
"doppiobrodo" o
"maxicono". Poi, è come dire "i giornalisti" o
"i magistrati". E invece ciò che è vero per alcuni non lo è
per altri. Questa generalizzazione la dice lunga sul grado di
approssimazione con cui ci si accosta, in genere, al mondo della musica
leggera. La buona canzone è come la buona letteratura: rimane come il
segno del tempo".
Così la pensa Francesco De Gregori, cantante e
autore fra i più importanti della scena italiana dell'ultimo quarto di
secolo. Che anche su un altro argomento va controcorrente. Dice infatti:
"Non sopporto chi dice che la canzone è poesia. A volte ti puoi
sbarazzare di uno dandogli del poeta Un conto è dirgli che è comunque un
narratore, un altro è pretendere che i suoi versi conservino un senso
anche se avulsi dalla musica".
Ma la molla per scrivere come scatta?
"Bisogna parlare delle cose che fanno parte
della vita. Se leggi un giornale e prendi parte a un fatto, non vedo perché
non puoi scriverci sopra una canzone. Così come la fai su una donna che
ami e ti ha lasciato. La musica deve avere anche contenuti civili".
E noi, in quanto a civiltà come stiamo?
"Male. Anche le piccole illegalità stanno
dietro alla generazione del nostro paese. Perché le tangenti sono un
fatto grave, ma anche lasciare l'auto chiusa a chiave in seconda fila non
va bene. La rinascita italiana può partire anche dalla riscosperta di
questi codici elementari di convivenza civile. Non c'è molta differenza
tra chi non paga le tasse e chi passa col rosso: alla base c'è sempre una
mancanza di rispetto per gli altri".
Intanto si parla molto di libertà...
"Ci sono libertà che abbiamo guadagnato,
altre che abbiamo perso. Quella di non trovare la macchina spaccata, di
non avere la porta blindata, di poter mandare i figli in una scuola
pubblica che funzioni davvero, quella di farci curare in un ospedale.
L'Italia può migliorare modificando certi comportamenti
individuali".
La canzone può far poco...
"Le canzoni sono testimonianza di un disagio
o di uno stato di insoddisfazione. Comunque di una reazione a ciò che ti
circonda. L'artista lancia sempre segnali di allarme, a volte anche senza
rendersene conto".
De
Gregori, a Lei sarebbe piaciuto fare
qualcos'altro?
"Qualsiasi scelta totale toglie sempre
qualcosa. Questo è un mestiere che non lascia spazio per gli hobby, forse
perché è esso stesso un hobby. Ci sono di certo cose che avrei voluto
fare, ma che ho trascurato perché troppo assorbito dalla musica".
Qualcosa che ha a che fare con i libri?
"La letteratura è un corredo fondamentale
della mia vita. Un futuro senza libri sarebbe triste. E come tutti quelli
innamorati di una cosa, ho sognato anch'io di passare dall'altra parte.
Anni fa avevo fondato persino una piccola casa editrice".
L'America è ancora un mito?
"Sì, anche se tutto è diverso quando puoi
toccare una cosa con mano. Oggi ci vai in otto ore e con una spesa
relativamente accessibile. Insomma, non è più l'America di quand'eri
ragazzino. Però, è sempre qualcosa di inafferrabile, di diverso,
qualcosa che ci sfugge".
Le hanno sempre dato del "dylaniano". Ne
è infastidito?
"Dipende da come l'hanno detto. Un aggettivo
può essere usato come un insulto, come una diminuzione di quel che fai. O
come il riconoscere una base culturale e musicale importante. E' difficile
negare i miei debiti con Dylan. Come è difficile, per chi scrive canzoni,
prescindere dalle pietre miliari".
Ci sono canzoni che non riscriverebbe?
"Non ce ne sono. Anche "Viva
l'Italia" va bene così. Testimonia quel che succedeva ne nostro
Paese alla fine degli anni settanta: Aldo Moro, il terrorismo, le Brigate
Rosse. E' una canzone di cui vado fiero. Non ce ne sono altre, di quel
periodo, che danno un riscontro di quel che avveniva".
Il tempo che passa?
"Ho un buon rapporto, direi quasi dolce, col
tempo che passa. I figli sono ci che ti consente di invecchiare con gioia.
La crescista, il diventare vecchi vanno accettati".
E quando ripensa al ragazzo che cantava al
Folkstudio?
"Il successo? E' sorprendere un 45 enne che
sa a memoria le tue nuove canzoni" (che pensasse a Mimmo?). Il
Principe sorride. I fan lo chiamano così: un po' per affetto, un po' per
stima incondizionata. Per due sere, la voce di De Gregori ha volteggiato
nel Teatro del Giglio. Tutto esaurito, naturalmente, per questo cantautore
con la faccia da eroe buono, che lunedì sarà al Genovese.
De
Gregori, che volto ha il suo pubblico?
"Non riesco mai a immaginarlo, a dargli
un'identità. Del resto, io scrivo per me stesso. "Buonanotte
fiorellino" negli anni della contestazione gelò i fan, così come
sono stati in controtendenza "Titanic" o "Miramare".
Nel nuovo album Prendere e lasciare ho dedicato a temi sociali solo
"L'agnello di Dio", brano per stomaci forti..."
I cattolici se la sono presa...
"Solo quelli più realisti del re. Ma con i
cattolici ho rapporti sereni. La chiesa si avvicina al 2000 e si guarda
bene dal lanciare scomuniche, specialmente per una canzone come
"L'agnello di Dio", che infatti i Paolini hanno lodato
pubblicamente. Semmai, è un brano meno accettabile per i contenuti
politici: la descrizione di un mondo devastato dagli errori della politica
planetaria".
Vent'anni fa lei veniva contestato al Palalido di
Milano...
"E' un ventennale che francamente non ho
celebrato. Fu un periodo di gande disagio, di grande movimentazione del
mondo giovanile. Io ero un testimone eccellente per ciò che scrivevo, al
di fuori di schemi prevedibili. A Milano, i concerti dei cantautori
dovevano passare attraverso chiese politiche: io mi rifiutai di sottostare
e così..."
Lei non ama molto gli anni settanta...
"E' ancora troppo presto per giudicarli ma,
per esempio, furono anche gli anni degli espropri proletari, che, oggi,
nelle rievocazioni televisive, vengono ricordati solo marginalmente.
Succedeva di tutto, anche che Luciano Lama fosse contestato all'università..."
Eppure, un varietà come Anima mia li ha
esaltati...
"La televisione dà alla gente ciò che vuole
vedere. Forse è giusto che, parlando di quell'epoca, si facciano vedere
anche i Cugini di campagna".
Il tribunale le vieta di cantare in pubblico
"Prendi questa mano, zingara"...
"Sentirsi privare di una propria canzone per
via legale è intollerabile. Mi sento danneggiato moralmente. L'ordinanza
va comunque accettata: bisogna essere discepoli di Socrate. Però, ho
fatto appello".
Lei è davvero diffidente e scontroso come la
dipingono?
"Molti credono che i cantanti debbano avere
un comportamento frivolo e superficiale. Io non sono mai stato così e non
vedo per quale motivo dovrei convertirmi a vivere come in una perenne
conferenza stampa..."
In compenso è considerato uno dei padri nobili
della civile...
"Non mi sento una mosca bianca: sono in buona
compagnia. Forse tutto questo rigore, che mi ha anche creato qualche
incidente diplomatico, mi rende finalmente giustizia. D'altra parte, sono
esposto a rischi terribili: se vado a trasmissioni come Vota la voce o
Domenica In, scoppia il finimondo..."
E quando viene adottato da una parte politica?
"E' molto fastidioso. Quando scrissi
"Viva L'Italia", il Pci mi chiese di poterla utilizzare per un
manifesto. Risposi di no, anche se avevo sempre votato per quel partito.
Trovo sconveniente che un artista accetti un ruolo subordinato per una sua
canzone".
Nell'album "Prendere e lasciare" affiora
l'America...
"Uno nato, come me, nel 1951, non può non
avere mitologie legate all'America. Sono cresciuto con i grandi film di
Hollywood. In camerino ho un videoregistratore: prima del concerto mi
guardo film come "Scarface" con Al Pacino o "Indipendence
day"..."
Chissà cosa diranno i fan...
"Io lo trovo straordinario. Nel mettere in
scena la frivolezza, gli americani non sono mai banali. Nemmeno in
letteratura: penso ai romanzi noir di Patricia Cornwell..."
Sono queste le sue passioni?
"Naturalmente c'è anche il Salinger del
"Giovane Holden" e il McCormack di "Cavalli selvaggi".
Mi piace Carver: molti autori, anche di cinema, dovrebbero essergli
riconoscenti".
Al cinema chi le piace?
"Robert Altman e Sam Peckimpah che mi ha
ispirato "Bufalo Bill". Ho preso spunto dal protagonista della
"Ballata di Cable Hogue": l'avventuriero che finisce schiacciato
da un'automobile. Un modo molto bello per descrivere il passaggio dall'età
dei bufali a quella delle macchine".
Così preferisce gli americani agli europei...
"Sono molto più bravi a comunicare idee ed
emozioni. Quando, in Italia, si parla di cinema impeganto, si finisce
sempre dalle parti del neorealismo. Allora, forse, è meglio la commedia
all'italiana..."
E la canzone d'autore?
"Ha saputo riempire dei vuoti culturali.
Specie quello lasciato dalla poesia, che ha un ruolo marginale nella
cultura dei giovani d'oggi".
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Mamma
c'ha il cuore debole, ma la voce è di tuono.
Mamma c'ha il cuore debole, ma la voce è di tuono.
Ci guarda con il semaforo dall'ultimo piano.
Promette un castigo, minaccia un perdono.
E noi siamo tutti in fila davanti al bagno,
e noi siamo tutti in fila davanti a un sogno.
E noi siamo tutti instrada davanti a un segno,
e noi siamo tutti al fiume
a trasformare l'oro in stagno.
Ma prima di aver finito, faremo un buco nell'infinito
e accetteremo l'invito a cena dell'Uomo Ragno.
Camminano sopra l'acqua, passano attraverso al muro.
Camminano sopra l'acqua, passano attraverso al muro.
Nascondo il passato, parlando del futuro,
e se trovano la cruna dell'ago, se la mangiano di sicuro.
E noi siamo tutti in fila davanti al bagno,
e noi siamo tutti in fila davanti a un sogno.
E noi siamo tutti in strada davanti a un segno,
e noi siamo tutti al fiume
a trasformare il fuoco in legno.
Ma prima della mattanza, faremo esplodere questa stanza
e porteremo quello che avanza
dall'Uomo Ragno, dall'Uomo Ragno.
E' solo il capobanda, ma sembra un faraone.
E' solo il capobanda, ma sembra un faraone.
Ha gli occhi dello schiavo, lo sguardo del padrone.
si atteggia a Mitterand, ma è peggio di Nerone.
E noi siamo tutti in fila ,davanti al bagno,
e noi siamo tutti in fila davanti a un sogno.
E noi siamo tutti in strada davanti a un segno.
E noi siamo tutti al fiume a fare il controcanto, al cigno.
Ma prima del Carnevale, faremo un buco nello stivale
ci squaglieremo nel gran finale, con l'Uomo Ragno.
|
E
De Gregori riabilita Craxi
"Era
superiore ai politici di oggi"
di
EDMONDO BERSELLI
Era solo il 1992, anno di tangenti e di Tangentopoli, e Francesco De
Gregori, "principe gentile" secondo il suo compagno di tournée,
l'"orchestrale" Lucio Dalla, distillava i suoi versi avvelenati
ed ermetici: "È solo il capobanda ma sembra un faraone", e poi
usciva dall'ermetismo per la botta esplicita contro la mutazione genetica
dei socialisti: "Si atteggia a Mitterrand ma è peggio di
Nerone". Giustizia assai vicina al giustizialismo quella di De
Gregori che si scagliava in musica contro Bettino Craxi. Mentre adesso,
come ha detto in un'intervista alla rete All Music, "se ripenso a
Craxi credo che intellettualmente sia molto superiore a tanti politici di
oggi".
Per
concludere, il massimo cantautore dell'Italia contemporanea, che in
politica preferisce il passato al presente. Nostalgia, revival,
"prendi questa mano zingara", un calco esistenziale delle storie
di tutti, festival compresi. Sentimento legittimo, per uno che è stato
una specie di coscienza implicita della sinistra, contestato dagli
estremisti anarcoidi per i suoi guadagni, amato dagli adolescenti di un
paio di decenni per la carica poetica di versi come "ora le tue
labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo", reso inimitabile e
felicemente avulso dall'attualità dallo snobismo del poeta, che adesso
rifiuta di essere considerato tale: eppure la sfrontatezza brechtiana
della poesia poteva consentirgli, proprio nell'album che conteneva l'inno
anticraxiano intitolato La ballata dell'uomo ragno, di cazzeggiare sul
filo della rivoluzione: "Tu da che parte stai? Stai dalla parte di
chi ruba nei supermercati, o di chi li ha costruiti, rubando?".
Vecchio
paradigma demagogico, quello che alla base di una banca o di un business
ci sia un crimine. Così come inclina al populismo l'idea dell'Italia
"assassinata dai giornali e dal cemento", con il risultato che
l'immagine cadaverica se la prendono i fascisti e i postfascisti, e
Francesco protesta.
Ma
l'elegante De Gregori possedeva l'abilità mediana di alludere in pubblico
alla forza eversiva della fuoruscita dal capitalismo e di elogiare in
privato le virtù borghesi, l'ordine, la decenza, la buona educazione, il
rispetto delle code. Perché è il galateo la dote che gli consente di
intercettare dignitosamente l'ondata revisionista, nel 2001, proponendo
una visione minimalista della tragedia repubblichina con Il cuoco di
Salò, arrangiamento e produzione di Franco Battiato, fra intensi squilli
di postmodernità.
E
poi proporre un ritorno alla tradizione popolare e socialista con quel
disco fortunato e non del tutto riuscito che era Il fischio del vapore,
realizzato con Giovanna Marini: con canzoni romantiche e strazianti che
descrivevano l'attentato a Togliatti, la morte di Pasolini, e addirittura
le ottocentesche cannonate di Bava Beccaris: "Alle grida strazianti e
dolenti / di una folla che pan domandava / il feroce monarchico Bava / gli
affamati col piombo sfamò".
Tanto
che verrebbe voglia di cedere al pensiero che un decennio di scontri non
sia servito, per la coscienza collettiva e l'immaginario di massa, a
niente: né il "duello a sinistra" certificato da Giuliano Amato
e Luciano Cafagna, né la battaglia distruttiva fra la diversità
berlingueriana e il movimentismo amorale di Craxi. Alla fine resta il
senso di una certa inutilità del passato, e nello stesso tempo una sua
dimensione che omologa i valori, dato che allora, tanti anni fa, c'era la
politica.
Con
il risultato che nell'eterno canto "degregoriano" di De Gregori,
fra i suo titanici naufragi e viaggi in terza classe, e fra le sue
speranze incomprensibili, ci sia spazio più che altro per la delusione, o
il desencanto, o la presa di distanza. È il ritorno all'oggettività,
forse alla normalità, fuori dalle fazioni, dai sensi di superiorità,
dalle appartenenze esclusive: perché, in fondo, dopo e oltre la politica,
"non c'è niente da capire".
(4
novembre 2006)
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Bobo
Craxi: quando Bettino cantò con De Gregori
05
novembre 2006
ROMA
- Di Francesco De Gregori gli piacevano anche le canzoni d' amore.
«Ogni tanto lo sentivo canticchiare "le donne vanno e vengono sul
corso di Buenos Aires". Era una musica che gli metteva allegria»,
racconta Bobo Craxi. E si commuove, perché l' immagine del padre vivo
(che canta, addirittura!) gli passa davanti agli occhi. Bettino non c'
è più. De
Gregori lo ha riportato nella cronaca con una riabilitazione
di poche parole, ma
sincera. Proprio lui che nel '92, ne «La ballata dell' uomo ragno»,
aveva disegnato un identikit spietato e inconfondibile: «E solo il
capobanda/ ma sembra un faraone. si atteggia a Mitterrand/ ma è peggio
di Nerone». Era Bettino Craxi, il bersaglio. Oggi però De Gregori dice
a All Music: «Se ripenso a Craxi credo che intellettualmente sia stato
molto superiore a tanti politici attuali». Fra i tanti riconoscimenti
postumi si può dire che questo sia quello che fa più piacere al figlio
Bobo. Un po' perché Bobo ama la musica ed è un buon chitarrista, un
po' perché adesso De Gregori e il giovane Craxi sono amici, un po'
perché Bettino ammirava davvero il cantautore romano. «Tutti sanno che
amava "Viva l' Italia". La citò in aula durante un discorso
sulla fiducia. Mi ricordo che una sera misi sul piatto il disco, c' era
ancora il vinile. Feci sentire la canzone a lui e a Martelli. Gli
piacque subito, rimase impressionato. Mio padre era un patriota e Viva
l' Italia gli sembrava una canzone patriottica. "L' Italia che
soffre, che lavora e che resiste, come dice una bella canzone", fu
la citazione a Montecitorio». Bobo ricorda una serata a casa di Dalla.
«Lucio e De Gregori erano comunisti e qualche volta andavano a cena da
Berlinguer. Ma Dalla era amico di mio padre e voleva fargli conoscere
Francesco. Si videro a Trastevere, nell' appartamento di Dalla. De
Gregori non ama cantare nelle serate tra amici, ma spuntò una chitarra
e mio padre insistette: "Come fa, come fa?". E De Gregori
cantò Viva l' Italia, con il coro di Craxi». A Bettino piaceva quasi
tutto del repertorio di De Gregori. «La trilogia del Titanic "la
prima classe costa mille lire, la seconda cento...". Le storie
dell' emigrazione. C' è una vena popolare nella musica di De Gregori
che mio padre non poteva non apprezzare. Gli sembrava un artista
profondamente onesto. Un poeta e non un moralista. E chissà cosa
avrebbe pensato del Francesco revisionista, quello del cuoco di Salò».
Oggi è De Gregori ad apprezzare un po' di più Bettino. «Francesco è
un uomo intelligente, un artista colto. La sua non è nostalgia del
passato. Fa dei bilanci, tira le somme. Ma non dice certo che tutto era
giusto». Questo poi non lo pensa neanche lui. «In
"Celestino" De Gregori parla di altri ma dice "ognuno è
fabbro della sua sconfitta e artefice del suo destino". Alla fine
è andata proprio così». E pensa a Bettino. Già da qualche giorno,
Bobo sapeva della riabilitazione. Gliel' aveva detto De Gregori. «E'
importante per chi non c' è più e per i sopravvissuti. Per noi e per
la nostra famiglia politica», dice adesso. E importante per lui,
perché da fan sfegatato aveva vissuto «La ballata» «come una
ferita». Nello stesso special che contiene la riabilitazione, De
Gregori riproporrà proprio quella vecchia canzone. «Un autore è
libero. E poi quel testo dice anche "c' ha il cuore debole ma la
voce è di tuono". Ecco, quello era mio padre». - GOFFREDO DE
MARCHIS
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Cammino
come un marziano, come un malato, come un mascalzone.
Per le strade di Roma vedo passare persone e cani,
e pretoriani con la sirena e mi va l'anima in pena.
Mi viene voglia di menare le mani, mi viene voglia di cambiarmi il cognome.
Cammino da sempre sopra i pezzi di vetro e non ho mai capito come....
Ma dimmi dov'è la tua mano, dimmi dov'è il tuo cuore?
Povero me! Povero me! Povero me!
Non ho nemmeno un amico qualunque
per bere un caffè.
Povero me! Povero me! Povero me!
Guarda che pioggia di acqua e di foglie
che povero autunno che è.
Povero me! Povero me! Povero me!
Mi guardo intorno e sono tutti migliori di me.
Povero me! Povero me! Povero me!
Guarda che pioggia di acqua e di foglie,
che povero autunno che è.
Guarda che pioggia di acqua e di foglie, che povero autunno che è.
Cammino come un dissidente, come un deragliato, come un disertore.
Senza nemmeno un cappello o un ombrello da aprire.
Ho il cervello in manette, dico cose già dette e vedo cose già viste.
I simpatici, mi stanno antipatici, i comici mi rendono triste.
Mi fa paura il silenzio, ma non sopporto il rumore.
Dove sarà la tua mano, dolce,
dove sarà il tuo amore?
Povero me! Povero me! Povero me! Mi guardo intorno e sono tutti migliori di me.
Povero me! Povero me! Povero me! Guarda che pioggia di acqua e di foglie,
che povero autunno che è.......
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L'avevi creduto davvero che avremmo parlato Esperanto?
L'avevi creduto davvero o l'avevi sperato soltanto?
Ma che tempo, e che elettricità.
Ma che tempo che è, e che tempo che farà?
Non lo senti che tuona? Non lo senti che tuona già?
Non lo senti che suona?
E' lontana però, sembra già più vicina,
questa musica che abbiamo sentito già.
Babbo c'è un assassino, non lo fare bussare.
Babbo c'è un indovino, non lo fare parlare.
Babbo c'è un imbianchino, vestito di nuovo,
c'è la pelle di un vecchio serpente appena uscita da un uovo.
E c'è un forte rumore di niente.....
L'avevi creduto davvero, che avremmo parlato d'amore?
L'avevi creduto davvero o l'avevi soltanto sperato col cuore?
Gli occhi oggi gridano agli occhi,
e le bocche stanno a guardare.
E le orecchie non vedono niente,
tra Babele e il Villaggio Globale.
Babbo c'è un assassino, non lo fare bussare.
Babbo c'è un indovino, non lo fare parlare.
Babbo c'è un imbianchino, vestito di nuovo,
c'è la pelle di un vecchio serpente,
appena uscito da un uovo, e c'è un forte rumore di niente,
un forte rumore di niente....
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E
adesso puoi sentirne il respiro sul collo,
puoi sentirne l'odore.
Puoi scoprirne gli accordi e il ritmo e la melodia,
e se appoggi l'orecchio sul muro
puoi distinguerne le parole,
e dietro alla festa smascherare il dolore.
Sangue su sangue precipita senza rumore. Sangue su sangue, precipita senza rumore.
Tutto ho veduto e tutto ho saputo e tutto ricordo.
Tutti i contorni di questa gigantografia. E come la tua mano tremava, mentre teneva la mia,
ed ogni parola sul mondo, diventava bugia.
Sangue su sangue, non macchia va subito via. Sangue su sangue, non macchia va subito via.
E tutto è creduto, tutto è dovuto, tutto è rimpianto. In questa notte che si sta avvicinando ogni giorno di più.
E non ti convince per niente,
il programma che stanno dando,
Ma che strano, nessuno lo può più cambiare col telecomando.
E' sangue su sangue, sangue su sangue, soltanto.
Stai dormendo, oppure fai finta anche tu? Stai sognando, oppure stai pensando anche tu?
Che siamo chiusi in una scatola nera,
stella nessuno ci aprirà
Chiusi in una scatola nera, stella, nessuno ci libererà.
Chiusi in una scatole nera, che nessuno mai ritroverà.
E adesso, puoi trovarmi, con la faccia per terra in un campo di grano.
Oppure sepolto vivo in una galleria, o sperduto fra topi e piccioni, sulla riva di un mondo.
O seduto a guardare la pioggia sull'orlo di questo vulcano.
Sangue su sangue, leggero precipita piano. Sangue su sangue, leggero precipita piano.
Stai dormendo, oppure fai finta anche tu? Stai sognando, oppure stai pensando anche tu?
Che siamo chiusi in una scatola nera, stella,
nessuno ci aprirà.
Chiusi in una storia nera, stella,
nessuno ce la spiegherà.
Chiusi in una scatola
nera che nessuno mai ritroverà.
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Vieni
insieme a me stasera, stella della strada. Guardami la notte intera, tienimi a bada.
E ascolta questa nota stonata come batte nel cuore. Senti stella della strada, questa musica, questo dolore.
Raccogli i bicchieri e i pensieri e i vestiti sul pavimento. Raccogli l'amore di
ieri e buttalo via nel vento.
E' ghiaccio se lo tocchi da fuori
ma è fuoco che scotta dentro.
E' ghiaccio se lo tocchi da fuori
ma è fuoco che brucia e non è ancora spento.
Vieni insieme a me stasera, dimentica il mio nome.
Saremo i pezzi di una storia
vera o di una canzone.
C'è una luna che sale ai tuoi piedi, Venere sta crescendo. La santabarbara del tuo cuore,
lentamente sta esplodendo.
Raccogli le perle e la pioggia e l'innocenza dal pavimento. Raccogline l'ultima
goccia e buttala via nel tempo.
E lascia passare quest'uomo,
quest'amore di serpente.
Che certo non ti ha dato molto ma in cambio non ti ha chiesto e non ti ha preso niente.
Vieni insieme a me, stasera, insegnami la strada, insegnami, la notte intera, dovunque vada.
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Libri, mare, musica l’infanzia pescarese di De
Gregori
Il cantautore ieri presente al convegno dedicato al papà
Giorgio, bibliotecario in Abruzzo
di Federica D’Amato
PESCARA. Era presente lo stato generale del sistema
bibliotecario abruzzese, ieri mattina al Palazzo della Provincia di Pescara,
dove si è svolta la seconda sessione del convegno “In ricordo di Giorgio De
Gregori (1913-2003)”, dopo la prima giornata di studi svoltasi il 25 settembre a
Roma. Presenti i direttori delle biblioteche afferenti alle 4 provincie della
regione Abruzzo: Enzo Fimiani (biblioteca provinciale D’Annunzio Pescara), Maria
C. Ruffo (Salvatore Tommasi L’Aquila), Rodolfo Rispoli (De Meis Chieti), Luigi
Ponziani (Delfico Teramo)Tito V. Viola (presidente Aib Abruzzo);
importante la
presenza dei più valenti studiosi e professionisti del settore, provenienti da
tutta Italia: della direttrice della Biblioteca di storia moderna e
contemporanea di Roma, Simonetta Buttò, Alberto Petrucciani, Walter Capezzali,
la giovanissima Chiara Fagiolani, vincitrice del Premio De Gregori 2011, e molti
altri professionisti accomunati da una serissima competenza nell'ambito della
gestione, tutela e conservazione del patrimonio libraio italiano.
Non da ultimi, volontariamente quasi nascosti tra il
pubblico, i promotori di tutto questo: Francesco e Luigi De Gregori - il
cantautore e il chitarrista -, figli di quel Giorgio De Gregori che negli anni
'60 rivoluzionò il modo di “fare” biblioteca in Italia e soprattutto in Abruzzo,
regione nella quale lavorò e visse dal 1952 al 1963. In modo gioviale e affatto
scontroso l'autore di capolavori come “Rimmel” e “La donna cannone” ha risposto
ad alcune nostre domande.
. Com'è stato crescere con un padre bibliotecario del calibro
di Giorgio De Gregori?
«Separare l'aspetto professionale da quello
umano è sempre difficile, ma credo con sicurezza che papà incarnasse tutti e due
questi lati della sua personalità con grande armonia. Questa è una domanda
complessa, lo sa? (sorride). Perché lui portava sempre a casa il lavoro, il suo
bagaglio di fatica e di estrema attenzione verso il mondo delle biblioteche, un
mondo che condivideva con noi fino in fondo. Bisogna precisare che io ero molto
piccolo quando papà lavorava qui a Pescara, capivo sino ad un certo punto il
rapporto che sussisteva realmente tra dentro casa e il fuori, però abbiamo
vissuto intensamente la sua professione. Lei pensi che quando io sono venuto qui
a Pescara avevo due anni, nel '53, non andavo a scuola, mio fratello invece sì e
mia madre insegnava, ero “abbandonato”, diciamo, a mio padre. Mi portava
spessissimo in questo palazzo dove siamo ora, ricordo che giocavo con le prime
macchine punzonatrici delle schede, che avevano una specie di volante. Inoltre,
indimenticabili i viaggi con lui in giro per le biblioteche dell'Abruzzo:
Orsogna, Guardiagrele, Rivisondoli, Giulianova, Chieti... Come dire? Inevitabile
che io abbia masticato biblioteche sin da ragazzino».
Qual era il rapporto che suo padre aveva con i propri libri,
quelli della biblioteca privata?
«Mio padre considerava i libri degli
strumenti, non era un collezionista, a riguardo era molto pragmatico. Poco
bibliofilo, sì, considerava i libri oggetti utili per gli altri, non aveva una
biblioteca lussuosa in casa, non coltivava questo aspetto estetico del libro
che, comunque, va di certo tutelato».
Ad ogni modo i libri che circolavano in casa hanno influito
sulla forte carica letteraria dei testi delle sue canzoni...
«Sicuramente, è stato fondamentale. Mi ha
fatto imparare a leggere, scegliere, capire come orientarmi tra i libri, il
cuore di quel che dentro vi è scritto, guardare l'indice, saper leggere
trasversalmente, sono tutte cose, come dire, bevute con il latte».
Lei ha sempre parlato in modo molto positivo di Pescara, con
un affetto sincero.
«Le sono molto affezionato. Ricordo una città
giovane, piccola, con certi segni tipici della guerra, gli spazi vuoti... Ad
esempio, di piazza Salotto, lì davanti mi ricordo il prato. Ricordo di un mare
già bellissimo, insomma quella era l'Italia degli anni Cinquanta: i miei
primissimi ricordi sono legati alla cultura della rinascita postbellica, alla
ricostruzione».
Suo padre era d'accordo con la carriera d'artista intrapresa
da lei e suo fratello Luigi?
«Assolutamente, papà era un uomo molto
liberale, non solo non ha avuto niente da ridire ma è sempre stato uno dei
nostri sostenitori più accaniti; tra l'altro mio fratello Luigi ha fatto anche
il bibliotecario per un certo periodo, alla Sormani a Milano... Dunque tutto
torna, papà era contento. E poi mio nonno, Luigi De Gregori, anch'egli
bibliotecario, era un ottimo musicista poli strumentista: suonava pianoforte,
fisarmonica, violino, aveva una sorella diplomata in pianoforte... quindi, vede,
il piccolo demonietto della musica è sempre stato presente nei nostri geni».
Ultima domanda: alla fine Rimmel è mai più tornata?
De Gregori abbassa gli occhi, sorride
bonariamente e con un lieve accenno di malinconia va via dicendo: «Questa è
davvero un'altra storia».
http://ilcentro.gelocal.it/pescara/cronaca/2013/09/27/news/libri-mare-musica-l-infanzia-pescarese-di-de-gregori-1.7823236
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E' tutta stesa al sole, vecchio questa vecchia storia.
Tutta nelle tue gambe e nella tua memoria.
Che hai visto il Tevere quando era giovane,
che si poteva nuotare.
Che hai visto il cielo quando era libero,
che si poteva guardare, e hai visto l'aquila volare.
Io da qui vedo il cielo inchiodato alla terra
e la terra attraversata da gente di malaffare,
e vedo i ladri vantarsi e gli innocenti, tremare,
vedo i ladri vantarsi e gli innocenti, tremare.
Ma tu, dimmi che cosa vedi, adesso tu,
che adesso quasi non ci vedi più.
Dimmi che cosa vedi tu da lì,
dimmi che tutto è più chiaro che qui.
Tutto più chiaro che qui.
E dimmi che potrò capire, e dimmi che potrò sapere,
e dimmi che potrò vedere, un giorno anch'io così.
Tutto più chiaro che qui.
Anch'io così, tutto più chiaro che qui.
E' tutta stesa al sole questa vecchia storia.
tutta sulle tue spalle, vecchio,
e sulla tua parola.
Che hai visto piovere sulle rovine
e le montagne crollare
e hai visto il sangue e le stelle
alpine e la neve bruciare.
E hai visto l'aquila volare.
Io da qui vedo uomini caduti per terra
e nessuno fermarsi a guardare.
E gli innocenti confondersi e gli assassini ballare,
e gli innocenti corrompersi e gli assassini brindare.
Ma tu, dimmi che cosa vedi adesso tu, che adesso quasi non ci vedi più.
Dimmi che cosa vedi tu, da lì.
Dimmi che tutto è più chiaro che qui,
tutto più chiaro che qui.
E dimmi che potrò capire,
e dimmi che potrò sapere,
e dimmi che potrò vedere, un giorno anch'io così, tutto più chiaro che qui.
«Non
era un Grande Vecchio. Era mio padre, Era lui che faceva il bagno nel
Tevere. Canottiere negli anni Venti; grande uomo. Aveva visto tutto». |
“Non
lo ricordo assorto nella lettura in poltrona, non ne aveva il tempo, ma
sapeva esattamente dove si trovavano i libri, sapeva come erano fatti. E
quando molti anni fa ha perso la vista ho cominciato a cercare per lui
le audiocassette con i libri raccontati.
Era così
felice quando ne trovavo qualcuna. Anche per lui ho deciso di registrare
Cuore di tenebra e poi America, che tutti dicevano essere un romanzo
minore di Kafka, e invece io l’ho amato moltissimo, ho amato quell’idea
di onestà personale che guida il ragazzino di Praga, costretto a
emigrare in America”. (FdG)
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Tu sei seduto nel buio, io lavoro nella luce.
Tu sei seduto in silenzio, io vivo con la mia voce.
Tu sei seduto comunque, dovunque, qualunque cosa fai.
Tu sei un ragazzo pulito, hai le orecchie piene di sapone,
sarà per questo che non distingui più, la regola dall'eccezione.
Quando ritocchi la punteggiatura, del tuo ultimo capolavoro,
e ti rivolti nella malafede e poi firmi, con la tua penna d'oro.
Dimmi come ti va, come ti senti? Dimmi come ti va e come ti addormenti.
Dimmi come si sta, come ti senti, se c'è qualcosa in cui ti penti,
o se va bene tutto così, com'è.
Tu sei da tutte le parti, io sempre da una parte sola.
E non ho consigli da darti, la tua politica ha fatto scuola.
Ciambellano del nulla, avanzo di segreteria.
Ma ti ricordi com'è quando cercavi una sistemazione?
Professionista dell'amicizia e della compassione?
Ma sempre meglio di adesso che vai girando come una sciantosa.
E non sei niente, ma fai di tutto, per sembrare qualcosa.
Dimmi come ti va?, come ti senti......
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Dietro a un miraggio c'è sempre un miraggio da considerare,
come del resto alla fine di un viaggio
c'è sempre un viaggio da ricominciare.
Bella ragazza, begli occhi e bel cuore, bello sguardo da incrociare,
sarebbe bello una sera doverti riaccompagnare.
Accompagnarti per certi angoli del presente, che fortunatamente diventeranno curve nella memoria.
Quando domani ci accorgeremo, che non ritorna mai più niente,
ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria.
Perciò partiamo, partiamo, che il tempo è tutto da bere,
e non guardiamo in faccia a nessuno,
che nessuno ci guarderà.
Beviamo tutto, sentiamo il gusto, del fondo del bicchiere,
e partiamo, partiamo,
non vedi che siamo partiti già?
E andiamo a Genova coi suoi svincoli micidiali,
o a Milano con i suoi sarti ed i suoi giornali.
O a Venezia, che sogna e si bagna sui suoi canali.
O a Bologna, Bologna coi suoi orchestrali.
E andiamo a Genova coi suoi svincoli micidiali,
o a Milano coi suoi terroni settentrionali.
Oppure a Modena coi suoi motori fenomenali,
o a Bologna, Bologna coi suoi orchestrali.
Dietro a un miraggio, c'è sempre un miraggio da desiderare,
come del resto alla fina di un
viaggio c'è sempre un letto da ricordare.
Bella ragazza, ma chi l'ha detto che non si deve provare?
Ma chi l'ha detto che non si deve provare a provare?
Così partiamo, partiamo che il tempo potrebbe impazzire
e questa pioggia da un momento
all'altro
potrebbe smettere di venire giù.
E non avremmo più scuse allora per non uscire.
Ma
che bel sole, ma che bel giallo, ma che bel blu!
Perciò pedala, pedala che il tempo potrebbe passare e questa pioggia,
paradossalmente, potrebbe non finire mai.
E noi con questo ombrelluccio bucato, che ci potremmo inventare?
Ma partiamo,
partiamo non vedi che siamo, partiti ormai?
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E
andiamo a Genova coi suoi spiriti musicali
o
a Milano coi suoi sarti ed i suoi industriali.
Oppure a Napoli coi suoi martiri professionali
o
a Bologna, Bologna coi suoi orchestrali.
E andiamo a Genova coi suoi svincoli musicali
o
a Firenze coi suoi turisti internazionali,
oppure a Roma che sembra una cagna in mezzo ai maiali
o
a Bologna, Bologna coi suoi orchestrali!
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1992
24/09
Roma 25/09 Firenze 26/09 Milano 29/09 Torino 30/11Casale Monferrato
(Teatro Comunale) 1/12 Piacenza (Teatro Politeama) 2/12 Novara
(Palasport) 3/12 Pavia (Palasport) 4/12 Parma (Palasport) 6/12 Sassari
(Teatro tenda) 7/12 Cagliari (Teatro tenda) 9/12 Genova (Teatro
Margherita) 10/12 Genova (Teatro Margherita) 12/12 Perugia (Palasport)
14/12 Bologna (Palasport) 15/12 Venezia (Teatro Goldoni) 16/12 Bassano
del Grappa (Palasport) 17/12 Ravenna (Teatro Astoria) 18/12 Roma (Teatro
Olimpico) 19/12 Roma (Teatro Olimpico) 20/12 Napoli (Teatro tenda
partenope)
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