Scacchi E Tarocchi (LP, Album) RCA Italiana PL
70845 Italy 1985
Scacchi E Tarocchi (CD, Album, RE, Dig) Sony
Music, RCA 88843067662 Italy 2014
Scacchi E Tarocchi (LP, Album) RCA Victor RCLP
20357 Greece 1985
Scacchi E Tarocchi (CD, Album, Dlx, RE, RM,
S/Edition, Boo)
Scacchi E Tarocchi (LP, Album, TP) RCA RCALP
20357 Greece 1985
Prodotto
da F. De Gregori, tranne Scacchi e venezia, prodotti da Ivano Fossati. Registrazioni
effettuate nei seguenti studi: Quattro
uno di Roma (Poeti per l'estate e La storia) da Luciano Torani; Studio
Umbi di Modena (Scacchi e Taroccli, Ciao, ciao, A Pà, Piccoli Dolori,
Tutti salvi, Miracolo a Venezia) da Maurizio Maggi; Right
Track Recording Studios di New York (I cowboys e Sotto le stelle del
Messico a trapanar) da Dominick Maita e Robert Russo - assistente Bill
Miranda. Edizioni
Serraglio S.r.l.
Un
ringranziamento particolare (special thanks): Louise Mc Govern CD
Artwork Mario Scardala. Fotografie
di Peppe d'Arvia.
Missaggio realizzato negli studi Town House di Londra da Osven Davies,
Ivano Fossati e Francesco De Gregori - assistente al missaggio Martin
White. Transfer
realizzato negli studi Town House di Londra da lan Cooper.
Ivano Fossati appare per gentile concessione della C.B.S. Records Sly Dunbar e Robbie
Shakespeare by courtesy of Island Records. Organizzazione
della Produzione e Management esclusivo: Filippo Bruni |
“Credo
che questi dieci anni di piombo che abbiamo passato in Italia, i
cosiddetti anni di piombo, siano stati poco chiariti. Non si sa come
sono cominciati e non si sa nemmeno come sono finiti, perlomeno io non
lo so, non riesco a immaginarmelo e sì che ho letto spesso i giornali.
Mi sembra che rimanga avvolta nel misero un po’ la sostanza di quel
che è successo e che ha molte sofferenze a tutti quanti noi, al paese,
anche se adesso ce ne siamo un po’ dimenticati e abbiamo rimosso certe
cose. E Scacchi e tarocchi è quindi dedicata a solutori più che abili
perché un solutore medio come me non è riuscito a trovarla questa
soluzione. Non è pubblica ma secondo me qualcuno lo sa.”.
Cambio
della guardia nella band di De Gregori: Francesco racconta dopo l’uscita
del disco: “I musicisti di adesso li ho conosciuti in buona parte
tramite Fossati, al quale avevo chiesto di darmi una mano per realizzare
Scacchi e tarocchi. Così lui ha portato con sé Rivagli, Guglielminetti
e Martellieri, mentre io ho portato Mancuso, con cui avevo già inciso
dei provini per l'occasione: lo conoscevo da tempo, me lo aveva
presentato un bassista che aveva lavorato con me in passato, Mario
Scotti, ed era nata una simpatia immediata. Fu così che ho conosciuto
anche Lucio Bardi: lui si autodefinisce scherzosamente il secondo
chitarrista, ma appena può tira fuori le unghie, come nell'assolo di
chitarra acustica su “Caterina”.
Fra
quelle persone ce ne è una che, insieme al suo fedelissimo Filippo
Bruni (conosciuto qualche anno prima), d’ora in poi gli farà da
angelo custode, amico, consigliere, impresario, produttore, fratello,
capobanda: Guido Guglielminetti.
Trova
anche il tempo per fare il giornalista. Su l’Unità scrive bellissimi
articoli relativi a fatti contemporanei: Un generoso manifesto contro
ogni guerra, Una settimana da non dimenticare, Guai a creare barriere
tra sani e sieropositivi, Se il mondo insanguina le fiabe, Che faremo
dopo la domenica di silenzio?, La legalità nel paese senza regole, Le
fughe di fine millennio e Mi manca la sua lucidità.
(Il Nostromo)
L’anno
fa parte di quelli della rivoluzione tecnologica, dei laboratori
politici, del risveglio economico e produttivo dopo gli anni di piombo,
dei week end, delle vacanze esotiche, della seconda casa. Sono gli anni
di un nuovo miracolo economico, del consumismo. Gli anni in cui tutti si
arricchiscono in egual misura. In una parola: sono gli anni di una
nuova, grande, generale abbuffata interrotta solo quando gli eccessi
hanno iniziato a produrre tossine.
Ci
governa Craxi con una coalizione politica DC, PSI, PSDI, PRI, PLI;
Mikhail Gorbaciov viene eletto segretario generale del Pcus: "glasnost
e perestrojka" (trasparenza e rinnovamento) sono due parole che mai
si erano sentite pronunciare da un leader russo; il 24 giugno Francesco
Cossiga è il nuovo presidente della Repubblica; vertice del disarmo a
Ginevra fra Reegan e Gorbaciov: viene assegnato il Nobel per l’economia
a Franco Modigliani; il 29 maggio, allo stadio Heysel di Bruxelles,
prima della finale della Coppa dei Campioni fra Juve e Liverpool, i
tifosi inglesi schiacciano sugli spalti 39 italiani. Le squadre inglesi
pagheranno questa tragedia con l’esclusione dalle coppe per cinque
anni; Vincenzo Muccioli, fondatore di San Patrignano, finisce sotto
accusa per i metodi utilizzati nel suo centro; alcuni terroristi
palestinesi sequestrano la nave da crociera Achille Lauro, con a bordo
454 persone, e si arrendono dopo aver ucciso e gettato in mare un
turista americano invalido; un ciclone in Bangladesh uccide più di
10.000 persone e una gigantesca eruzione del vulcano Nevado del Ruiz
provoca la morte di 25.000 persone in Colombia; vengono assolti tutti
gli imputati del processo sulla strage di piazza Fontana; tutta la
penisola da nord a sud viene coperta dalla neve. A Firenze la
temperatura scende fino a 23 gradi e a Lucca per il freddo muoiono più
della metà degli animali di un circo; in Val di Fiemme, a causa
dell'incuria cede un bacino artificiale per il contenimento di acqua e
fango di una miniera. Le acque travolgono i paesi di Stava e Tesero;
vengono assassinati dalla mafia i commissario di polizia Giuseppe
Montana e Ninni Cassarà, l'agente Roberto Antiochia e il pentito
Salvatore Marino; terroristi del gruppo estremistico Abu Nidal con
raffiche di mitragliatori e bombe a mano provocano una strage negli
uffici box d'imbarco a Fiumicino uccidendo 13 persone; una coppia di
fidanzati francesi viene assassinata mentre si trova appartata in una
tenda canadese vicino Firenze. Si tratta dell’ultimo delitto
attribuito al “mostro di Firenze”; muoiono Italo Calvino ed Elsa
Morante.
Carovita:
giornale £ 650, biglietto del Tram £ 500, Tazzina Caffè £.400, Pane
£ 1200 al kg, Latte £ 780, Vino al litro £ 900, Pasta al kg £. 980,
Riso al kg £.1150, Carne di Manzo al kg. £.11.000, Zucchero al kg £
960, Benzina al litro £ 1329.
Si
profilano nuovi modelli alimentari, anche di importazione (esotici,
macrobiotici, naturali, dietetici, anglosassoni) mentre si affermano
nuove modalità di consumo degli alimenti (mense aziendali, ristoranti,
fast food, snack bar). Però ci intossichiamo con il vino al metanolo,
artefatto con alcol metilico che provoca in Italia più di venti morti e
consumiamo i biscotti di un pazzoide con i riccioli gialli vestito da
romanista, che propone colazioni in tazzone giallorosse e di nome fa
Mago Galbusera.
Il
Premio Strega va a Carlo Sgorlon con L'armata dei fiumi perduti e il
Campiello va a Mario Biondi con Gli occhi di una donna.
Indossiamo
pantaloni a sigaretta con colori elettrici, minigonne scozzesi. Il blu
elettrico, il fucsia e il giallo sono padroni indiscussi dei tessuti.
Indossiamo anche le scarpe sportive "Canguro" o
"Soldini", il piumino Moncler, le scarpe Timberland, le felpe
Best Company e Naj oleari, la cintura El Charro, le Nike bianche in
pelle con il baffo azzurro, le calze Burlington, le scarpe Adidas “Stan
smith” che al posto dei lacci hanno due fiocchi di tulle, nella
migliore tradizione del look madonnaro.
Nella
pubblicità degli anni Ottanta, troviamo la donna sempre impegnata fra
merende per ragazzi, in ambienti con pareti colorate di verde pisello e
pavimenti così puliti che sarebbe un peccato calpestarli. In cucina i
tradizionali ruoli femminili vengono ricoperti da mariti un po' goffi e
impacciati (solo pizzette?) Lei, al massimo, prepara qualcosa di
surgelato. La massaia comincia a cedere il passo alla donna in carriera,
che per la casa e la famiglia ha sempre meno tempo a disposizione.
Spot
da ricordare sono anche "Gusto pulito.... colore chiaro...."
pronunciato dall’amico antipatico Michele, intenditore di whisky che
sorseggia, bendato, un Glen Grant (e quelli che lo ascoltano e ridono
divertiti per la sua imbecille esibizione non scherzano per antipatia!)
e "Per una parete grande non occorre un pennello grande, ma un
grande pennello”.
Giochiamo
con Gira la Moda, l'Isola di Fuoco, i Transformers, i Popples, gli
Angelorsi, gli Orsetti del Cuore, i Wuzzles.
Nello
sport il diciassettenne Boris Becker è il più giovane vincitore di
Wimbledon della storia; i fratelli Abbagnale sono, come al solito,
campioni del mondo di canottaggio; Michel Platini nuovamente vince il
Pallone d’Oro e la Coppa intercontinentale con la Juve. La domenica
sera Marino Bartoletti ci racconta che il Verona vince lo scudetto con
Garella, Brighel, Marangon, Marchetti, Fontolan, Tricella, Fanna,
Volpati, Galderisi, Di Gennaro, Heilcker. (All. Bagnoli).
Di
moda sono parole come look e must. Era infatti "must" andare a
Cortina, avere la Jeep, il Tuareg o l'Arizona; di moda sono anche il
dalmata e lo spaniel Inglese, i viaggi a Ibiza e in Jugoslavia, gli
occhiali da sole Persol, i legging e i braccialetti punk, il graffitismo.
Leggiamo
Vita standard, L'uomo che guarda, La notte della cometa, La città della
gioia
Mentre
tutti si domandavano se le donne delle spiagge californiane sono davvero
tutte come Pamela Anderson, in tv guardiamo Celeste, Love boat, Quelli
della notte, Ok il prezzo giusto, Parola mia, Operazione five, M’ama
non m’ama, Il gioco delle coppie, Bim bum bam, La schiava Isaura, Il
diritto di nascere, Veronica il volto dell'amore.
Viaggiamo
con Opel Corsa, Autobianchi Y10, Citroen Visa, Ford Scorpio, Wolkswagen
Golf, Opel Omega, Fiat Tipo.
Al
cinema vediamo Cocoon, L'onore dei Prizzi, La mia Africa, Il colore
viola, Pensavo fosse amore invece era un calesse, 9 settimane e mezzo,
La messa è finita e La storia infinita, Piccoli fuochi, La rosa
purpurea del Cairo, Top Gun, Amadeus, Urla del silenzio, Così parlò
Bellavista, Casablanca Casablanca, Pizza Connection.
A
Sanremo vincono I Ricchi e Poveri con “Se m'innamoro”, Il Premio
Tenco lo vince Paolo Conte con Sotto le stelle del Jazz, allo Zecchino d’oro
vince "Riprendiamoci la fantasia" e al Festivalbar i Righeira
con “L'estate sta finendo”.
Bob
Geldof, per raccogliere fondi per l’Etiopia colpita dalla carestia,
riunisce in 16 ore di musica le più importanti rockstar del mondo,
raccogliendo più di 70 milioni di dollari nei due concerti "Live
Aid" tenuti in contemporanea il 13 luglio a Wembley e al JFK
Stadium di Philadelphia. Partecipano Who, Led Zeppelin. Black Sabbath,
U2, Dire straits, Queen, Santana e Pat Metheny in duo, Elton John,
Madonna, Paul McCartney, Mick Jagger, Tina Turner, Elton John, David
Bowie, Bob Dylan, Keith Richards e Ron Wood dei Rolling Stones. Gli
artisti americani che non partecipano contribuiscono con il disco "We
are the world", che dominerà le classifiche. Intanto, con “Like
a virgin”, la signorina Veronica Ciccone in arte Madonna diventa
sempre più un oggetto di culto.
La
Disco frana improvvisamente su un mondo musicale che aveva assistito
anche alla morte del progressive rock. Tutto spazzato via da canzonette
nelle quali bastava fare il verso a Paperino (Disco duck) per vendere
milioni di copie! Il CD s’impone nel mercato ed è dunque
indispensabile un canale di promozione musicale totalmente nuovo: il
videoclip o lo spot pubblicitario di una canzone da scaricare su
supporto magnetico. Il supporto video diventa fondamentale.
I
ragazzini vanno matti per Simon Le Bon. Ma l’impatto sociale dei Duran
non è paragonabile a quello delle star degli anni ’60, nemmeno quando
vendono un gran numero di dischi. Altre meteore come gli Spandau Ballet
e Wham tramontano velocemente.
La
nascita di MTV, la televisione musicale non stop, si inserisce
perfettamente in un rinnovato clima di euforia elettronica. Il
video,assicura diffusione e fama mondiale ad altre indimenticabili voci,
come quella di Freddie Mercury dei Queen, protagonista di una musica
sopravvissuta alla sua morte. La TV e il walk-man rendono individuale la
fruizione della musica.
Ascoltiamo
We are the world, Wild boys, Into the groove, Noi ragazzi di oggi,
Questione di feeling, Una Storia importante, La vita è adesso, The
Neverending story, The Power of love, Ghostbusters, I'll fly for you,
This is not America, L'Ultima poesia, If you love somebody set them free,
Mixing, Imagination, Sole papà, Crazy for you, Acqua, No time no space,
La Pappa non mi va, Like a virgin
Gli
album più venduti in Italia sono La vita e' adesso, The dream of the
blue turtles, Born in the U.S.A., Arena, Parade, Cosa succede in citta',
Like a virgin, We are the world, Make it big Wham!, Promise, Quelli
della notte, I miei americani, Our favourite shop, SCACCHI E TAROCCHI,
Vanoni/Paoli...insieme, Finalmente ho conosciuto il conte Dracula, Once
upon a time, No jacket required, Boys and girls, So red the rose,
Brothers in arms. Ma sui nostri
walkman infiliamo anche CD come Empire Burlesque, The Dream of the Blue
Turtle, Aura, Vocalese, Rain Dogs, Helloween. Tormentone
dell’estate: L'Estate sta finendo, dei Righeira.
http://www.rimmelclub.it/storia/storia.htm
|
"Scacchi
e tarocchi" sembra anche un disco molto polemico..."Lo era, anzi,
molto incazzato... questo invece non è polemico, anche
perché non si può
polemizzare ogni due anni, se no si diventa anche schiavi di un clichè, di
quelle che Dylan chiama le "fingerpointed songs" le canzoni col dito
puntato, quelle che lui ha scritto nei primi dischi e poi ha superato per andare
avanti. Io le mie "fingerpointed songs" le ho scritte a 36 anni, poi
basta... anzi in futuro vorrei scrivere delle belle canzoni commerciali, da
Sanremo...". Come "La donna cannone"? "Naturalmente scherzo.
Come La donna cannone va ancora bene. Ma, in un certo senso, anche quello è
stato un po' un incidente. Certe aperture melodiche mi imbarazzano. Mi
autocensuro, perchè si sta sul filo del rasoio...". DE GREGORI:
CONTINUERO' A NON ESSERE D'ACCORDO - DI GINO CASTALDO - 21 GENNAIO 1988)
Fu proprio tra le nebbie
dell'invemo milanese che mi giunse
SCACCHI E TAROCCHI, simile a un richiamo, con la bellissima canzone dedicata a
Pasolini. (…) La storia. Credo che nessuno abbia mai, prima di lui, scritto
una canzone d’amore per la storia, dichiarando ciò che in questa canzone è
chiaramente espresso. E’ come un canto augurale per l’incredibile evoluzione
che stava per cadere su questo nostro vecchio e arruginito mondo. E, se penso
alle altre canzoni italianiste scritte dopo Viva l’Italia, avrei preferito che
nessuno ne scrivesse dopo di lui, lasciandogli simpaticamente questo grande
privilegio di esclusiva.DE GREGORI – LO CASCIO –
MUZZIO 1990)
I
musicisti di adesso li ho conosciuti in buona parte tramite Fossati, al quale
avevo chiesto di darmi una mano per realizzare Scacchi e tarocchi. Così lui ha
portato con sé Rivagli, Guglielminetti e Marteffleri, mentre io ho
portato
Mancuso, con cui avevo già inciso dei provini per l'occasione: lo conoscevo da
tempo, me lo aveva presentato un bassista che aveva lavorato con me in passato,
Mario
Scotti, ed era nata una simpatia immediata. Però non ci avevo ancora suonato
insieme, sapevo che difficilmente sarebbe venuto a suonare fuori dalla Sicilia.
Quando poi ho bisogno di altri musicisti, come d'altronde è accaduto, è a
questo nucleo di collaboratori che mi affido per un consiglio. Del resto non
conosco bene il mondo dei musicisti, alcuni li conosco di fama, ma non mi va di
chiamarli soltanto in funzione del nome. In linea di massima, preferisco che
siano i musicisti con cui suono a suggerirmi altri musicisti. Fu così che ho
conosciuto anche Lucio Bardi: lui si autodefinisce scherzosamente il secondo
chitarrista, ma appena può tira fuori le unghie, come nell'assolo di chitarra
acustica su "Caterina". "CHITARRE" - INTERVISTA A FRANCESCO
DE GREGORI (DICEMBRE 1990) - DI GIUSEPPE BARBIERI E ANDREA CARPI)
|
|
Non
mi ricordo se c'era la luna
e né che occhi aveva il ragazzo,
ma mi ricordo quel sapore in gola
e l'odore del mare, come uno schiaffo.
A Pa'
E c'era Roma così lontana
E c'era Roma così vicina
E c'era quella luce che ti chiama,
come una stella mattutina.
A Pa', a Pa'
Tutto passa e il resto va.
E voglio vivere come i gigli nei campi,
come gli uccelli nel cielo campare.
E voglio vivere come i gigli nei campi
e sopra i gigli nei campi volare.
_____________________________________
Mario Scotti (basso)
Massimo Buzzi (batteria)
Vincenzo Mancuso (chitarra elettrica)
Stefano Senesi (tastiere)
Francesco De Gregori (armonica)
|
|
|
A PA', FIRMATO
FRANCESCO
In
concerto De Gregori omaggia l'intellettuale a 30 anni dalla morte.
Storia di un'affinità dalle radici antiche. di Giommaria
Monti
"Una
canzone dedicata al più grande poeta del Novecento". Poi
l'armonica avvia lenta e struggente "A Pà", scritta nel 1985,
dieci anni dopo la morte di Pasolini. Così De Gregori apre lo showcase
di presentazione di "Pezzi" a Milano, ai Magazzini Generali lo
scorso 22 marzo. Così, spiega nelle interviste, aprirà i concerti
della prossima tournée che partirà il 17 maggio da Palermo. Trent'anni
dopo la morte del grande poeta, ucciso all'idroscalo di Ostia la notte
tra l'1 e il 2 novembre 1975.
Perché
Pier Paolo Pasolini è stato innanzitutto questo: un grande poeta prima
ancora che narratore, regista, autore di teatro, saggista, polemista e
perfino paroliere con Domenico Modugno (sue sono le parole di "Che
cosa sono le nuvole", canzone musicata da Modugno per l'omonimo
episodio pasoliniano del film "Capriccio all'italiana" del
1968).
Pasolini
aveva già incrociato la vita di Francesco De Gregori nel febbraio del
1945, quando il fratello del poeta friulano fu ucciso insieme allo zio
di De Gregori, il comandante Bolla che portava il suo nome. Partigiani
uccisi da partigiani filo titini nelle malghe di Porzus, in Friuli, in
una delle pagine più orrende della storia partigiana. Nel lavoro
artistico di De Gregori, Pasolini lo si incontra dovunque: negli
espliciti riferimenti di "A Pà" ("Voglio vivere come i
gigli dei campi / Come gli uccelli del cielo campare" è una
citazione da "Trasumanar e organizzar"); in immagini come
quella de "La leva calcistica della classe '68", col ragazzino
che gioca a pallone nei campi impolverati della periferia; nella sfida
coraggiosa del "Canto delle sirene" che ricorda il pasoliniano
"gettare il proprio corpo nella lotta".
Perfino
nell'ultimo disco in "Vai in Africa, Celestino!" si può
leggere quell'invocazione "Africa! Unica mia alternativa" del
"Frammento alla morte". Ma soprattutto Pasolini nelle canzoni
di De Gregori è presente nella forza di puntare lo sguardo dove è più
difficile guardare, nella capacità di attraversare storie senza enfasi,
nella lucidità nel raccontare il mondo. Proprio la lucidità è quello
che di Pasolini forse oggi manca di più, come ha perfettamente spiegato
De Gregori in un articolo pubblicato il 28 ottobre del 1995 su
"L'Unità". Si intitolava "Mi manca la sua
lucidità". Scriveva nell'articolo: "Mi manca soprattutto la
sua opinione su ciò che è avvenuto dopo la sua morte, in questi vent'anni.
Pasolini e l'Aids. Pasolini e le lettere di Moro. Pasolini e Berlusconi.
Pasolini e Internet".
Forse
è per questo che De Gregori rende così visibile e palmare il
riferimento a Pasolini, per quella lucidità. Aprire i concerti con
"A Pà" non è solo un omaggio al poeta, è una chiave di
lettura di ciò che si ascolterà dopo. Un modo per segnare la propria
strada e indicare la direzione. |
|
Ciao
ciao,
andarsene è un peccato però ciao ciao
bella donna che alla porta che mi saluti
e baci abbracci e sputi,
e io che sputo amore,
io che non sputo mai.
Ciao ciao,
andarsene era scritto però ciao ciao
bella ragazza che non m'hai capito mai
già parte il treno,
sventola il fazzoletto amore mio,
però piangi di meno.
Cioa ciao,
ciao amore ciao, amore ciao.
Guarda che belli i fiori in quella città.
Ciao amore, ciao, amore come va?
Ciao amore, ciao, amore ciao.
Ciao ciao,
guarda che belli i fiori in quella città,
che mai mi ha visto e mai nemmeno mi vedrà.
Guarda che mare,
guarda che barche piccole che vanno, a navigare.
Guido Guglielminetti (basso)
Gilberto Martellieri (tastiere)
Ivano Fossati (emulator)
|
|
Oggi la lettura dei tarocchi ha perso molta della propria
magia; la si può fare online, una parola in un motore di ricerca e si possono
trovare siti che offrono anche prove gratuite (previa, ovviamente, la cessione
dei propri dati personali). Ma in un mondo più lontano questo “gioco”
rappresenta un legame quanto mai forte e radicato con l'esoterismo ed un po'
tutte le correnti iniziatiche, dalla
cabala ebraica alle società segrete di cui
una quella della massoneria fu senza dubbio la più influente.
Un mondo quanto
mai sfuggente di cui De Gregori a metà degli anni '80 si serve non a caso per
raccontare il Paese in quello che risulterà essere uno dei lavori più politici
della sua ricca produzione discografica.
Nell'album il cantautore tratta il
rapporto dell'uomo con il potere, non sotto una lente lirica ed edulcorata, ma
al contrario con una visione quasi materica, reale e diretta. Si trovano i
giovani rampanti degli anni '80 nei Cowboys (poi ripresi ne La Ballata dell'Uomo
Ragno qualche anno più tardi), si racconta il perbenismo che ha accompagnato la
morte di Tenco (Ciao Ciao), si dialoga con Pasolini (A Pà) e con buona parte
della sua filosofia, o si torna sui naufraghi del Titanic in Tutti Salvi.
Ma subito dopo l'attacco già bello forte de La Storia si
percepisce che l'autore voglia tracciare un solco su quello che sarà il pensiero
che lo accompagnerà per tutto il disco e ci racconta così la tragedia sociale
del terrorismo con la title-track Scacchi e Tarocchi.
I tarocchi diventano qui
un modo per raccontare quel tavolo da gioco, in genere verde, su cui si muovono
gli uomini, siano essi pedine o arcani, siano essi terroristi o uomini dello
stato che ai primi si sono opposti: le pedine stanno sul campo, ma non giocano,
al limite vengono mosse, da strateghi o sotto l'influenza di poteri che vogliono
rendere la realtà e la verità, opaca, chiusa a letture sgradite, anche
ricorrendo a pratiche eversive.
Rispetto ad altri testi De Gregori, creando un
ossimoro col tema trattato, riduce all'osso le sue metafore ed al contrario
descrive nel dettaglio i due schieramenti, due mondi che tuttavia perdono
consistenza nell'aura di ciò che non è spiegabile. Il mondo dei tarocchi diventa
così il racconto di ciò che è impalpabile, ma che può influenzare, quanto la
razionalità di una strategia eversiva, la Storia del nostro paese, nella
inarrestabile, ma quanto mai dispendiosa, affannosa e vana ricerca dell'arcano
che tutto muove, il gran maestro che tiene le fila architetta e controlla.
Fonte
https://www.unionemonregalese.it/2021/02/16/i-tarocchi-e-il-potere-un-de-gregori-politico/
|
I
cowboys vanno a cavallo per
i Canyons della vita,
La loro gloria è una cintura d'oro e
una fibbia arrugginita.
Il deserto è la loro stella, la
loro stella non ha famiglia,
e il futuro per loro non ha mattino, il
loro vino non ha bottiglia.
Il deserto è la loro stella, la
loro stella fa che non tramonti.
E il futuro per loro è una cosa bella
che
quando arriva ci si fanno i conti.
I cowboys sono animali veloci, quando
ritornano già vanno via,
le loro strade non hanno incroci, la
loro vita è una ferrovia.
Che quando riparte il treno, tutti
armati fino ai denti,
ti salutano coi fucili, a
cavalcioni dei respingenti.
I cowboys vanno a cavallo, nell'Arizona
dei nostri cuori,
non hanno figli e non hanno padri, non
hanno armi e non hanno amori.
All'avventura vanno da soli, così
si perdono raramente.
Sono cuori nella deriva, sono
anime nella corrente.
E quando ritorna il treno che è sera e
il futuro si fa presente,
prima dei cowboys chissà se c'era,
ma
dopo i cowboys non c'è più niente.
Robbie Shakespeare (basso)
Sly Dunbar (batteria)
Ivano Fossati (chitarra elettrica)
Pat Thrall (chitarra elettrica)
Bernie Worrel (piano e synt)
Francesco De Gregori (chitarra acustica)
|
|
|
La
storia siamo noi, nessuno si senta offeso;
Siamo noi questo prato di aghi sotto al cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono: "Tutti sono uguali, tutti rubano nella stessa
maniera".
Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso in casa,
quando viene la
sera;
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone
La storia entra dentro le stanze e le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi,
siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere.
E poi la gente (perché è la gente che fa la storia),
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare:
quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare;
Ed è per questo che la storia dà i brividi,
perché nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli.
Siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.
Francesco De Gregori (pianoforte e voce)
|
Una mattina, uscendo da casa, ho visto che il marciapiede era pieno di
siringhe. Ho pensato: non mi riguarda finchè mio figlio non si punge lì,
giocando. Così è nata “La storia”, pensando che se non siamo noia a fare
la storia è lei che fa noi, che ci toglie la sedie da sotto il culo, brucia le
nostre stanze, ci dà ogni giorno torto o ragione. Ecco tutto: c’è un
disinteresse che la gente crede di potersi permettere, ma poi si scopre sempre
che non è vero. (L’Unità – gennaio 1988
|
|
|
Venezia sta sull'acqua, manda cattivo odore.
La radio e i giornalisti dicono sempre: Venezia muore!
Cadono tutte le stelle, si spengono una ad una,
e sembrano caramelle che si sciolgono sulla laguna.
Cadono tutte le stelle e tu lasciale cadere,
lascia che si nascondino se non le vuoi vedere.
Venezia sta sull'acqua e piano piano muore,
il cielo sopra le fabbriche, cambia colore.
Le nuvole sono fumo sopra Marghera,
dove non c'è nessuno, nessuno esce la sera.
Mentre al Lido davanti al cinema pastori ed operai,
fanno a gara su quelle gondole che non avevano preso mai,
e navigano fino all'Africa, senza motore,
fino a che finisce il Cinema e ricomincia il rumore.
Venezia sta sull'acqua e muore piano piano.
Un uomo sotto al cappotto nasconde un coltello ed un geranio.
Galleggiano i nostri cuori, come isole per la via.
Venezia luogo comune della malinconia.
Ivano Fossati
(Roland synt guitar)
Danilo Madonia (synt)
Guido Guglielminetti (basso)
Elio Rivagli (batteria)
|
|
Volevo fare questo disco nella maniera più scarna
possibile. Volevo che le parole uscissero fuori dalla base musicale come degli
sputi, o delle sassate. LA STORIA è un provino registrato in dieci minuti quasi
un anno prima e messo sul disco così, nudo e crudo, proprio perché non c'era
bisogno di nient'alro. Poi ho chiesto a Ivano (Fossati) di aiutarmi perché ero
convinto che fosse l'unico a poter capire la "francescanità" di
questo progetto e a unirla con la musicalità necessaria a far sì che poi il
disco non suonasse troppo poco o troppo male. Con Ivano ci siamo divertiti,
credo; forse proprio perché siamo due persone e due musicisti molto diversi.
Quando siamo andati a New York a registrare un paio di canzoni con dei musicisti
americani ho voluto che venisse anche lui con la chitarra elettrica perché
volevo assolutamente che tutto ruotasse intorno a lui, anche se basso e batteria
erano due mostri sacri. (…)…Ogni tanto ti chiedono se c'è una canzone che
non riscriveresti. Qui sicuramente non riscriverei la canzone sui poeti, oppure
cercherei di farla un po' meglio. Non è una canzone riuscita; io volevo fare
una canzone sullo scoramento che mi prende quando paragonano le canzoni alle
poesie pensando di fargli un complimento. Invece è venuta fuori una canzone un
po' stizzita contro i poeti in genere, ma non era questo quello che
volevo." "DA ALICE A SCACCHI E
TAROCCHI" – MOLLICA - 1989)
|
Mi
fa male una gamba, la
schiena è una carcassa
ho una bestia alla gola, che
cammina e non passa.
Ho le stelle negli occhi, e
le sento scoppiare
Ferite sui ginocchi e voglia di pregare.
Piccoli dolori, che
vivono dentro ai cuori,
non vogliono dottori, piccoli dolori.
Scusate se ho fretta, ma
devo scappare,
ho dei cani nella testa, stanno per abbaiare.
L'inferno nello stomaco e
nelle orecchie il rumore.
E da qualche altra parte qualche
altro dolore.
Passano ad uno ad uno, tutti
i miei vizi in croce,
e ti vorrei parlare, ma ho perduto la voce.
Piccoli dolori, che passano nei nostri cuori.
Commessi viaggiatori, piccoli dolori.
Non riesco a dormire ma non posso svegliarmi,
ho la notte alla finestra e continuo a girarmi.
Ho un vuoto nel futuro, un morso nella memoria
cicala nel cervello, granchio fra le lenzuola.
Piccoli dolori, che scavano dentro ai cuori,
non serbano rancori, piccoli dolori.
Piccoli dolori, passano piano piano.
Fanno ciao con la mano, piccoli dolori.
_________________________________
Guido Guglielminetti (basso)
Elio Rivagli (batteria)
Ivano Fossati (Roland synt guitar)
Vincenzo Mancuso (chitarra elettrica)
Danilo Madonia (synt)
Gilberto Martellieri (pianoforte)
|
|
A
proposito di fedeltà, credo che sia opportuno spendere due parole per
uno dei tanti collaboratori di Francesco, che gli è tuttora
particolarmente vicino: Filippo Bruni. La vera storia di Filippo non la
conosco, naturalmente, ma potrebbe essere più o meno così: Filippo era
uno dei giovani aiuti di un potente e affermato impresario. Un giorno si
trovò a seguire come road manager (colui che deve risolvere tutti gli
incredibili problemi che nascono quotidianamente nel corso di una
tournée) un tour di De Gregori. Ne rimase affascinato e, a differenza
dell'autista aspirante impresario ai tempi del tour per i Circoli
Ottobre, riuscì evidentemente in qualche modo a fare buona impressione
su Francesco. Non vi sembra una storia da film americano? Fatto sta che
il giovane Filippo non lasciò più Francesco e divenne il suo
impresario personale e collaboratore più affidabile. Quando lo conobbi
mi riuscì immediatamente molto simpatico. Pensai che se ci fosse stato
lui la sera triste del Palalido avrebbe afferrato da terra una mascella
d'asino e avrebbe fatto strage di filistei creando il vuoto intorno a
Francesco e salvandolo così da ogni male. (Giorgio Lo Cascio)
|
|
Vanno
a due a due i poeti verso chissà che luna
amano molte cose, forse nessuna.
Alcuni sono ipocriti e gelosi come gatti,
scrivono versi apocrifi, faticosi e sciatti.
Sognano di vittorie e premi letterari
pugnalano alle spalle gli amici più cari.
Quando ne vedono uno ubriaco in un fosso,
per salvargli la vita, gli tirano addosso.
Però quando si impegnano lo fanno veramente,
convinti come sono di servire alla gente.
E firmano grandi appelli per la guerra e la fame,
vecchi mosconi ipocriti, vecchie puttane.
Vanno a due a due i poeti e poi ritornano quasi sempre,
come gli alberi di Natale quando arriva dicembre.
Si specchiano nelle vetrine dentro ai loro successi,
poveri poeti soliti, quasi sempre gli stessi.
Però l'avvenimento, il più sensazionale
e quando in televisione te li vedi arrivare,
profetici e poetici, sportivi ed eleganti
pubblicare loro stessi come fanno i cantanti.
Vanno a due a due i poeti, traversano le nostre stagioni
e passano poeti brutti e poeti buoni.
Ma quando fra tanti poeti ne trovi uno vero,
è come partire lontano, come viaggiare davvero.
|
Francesco De Gregori (chitarra acustica, armonica)
|
|
Venivano
da lontano, avevano occhi e cani,
avevano stellette e guanti e paura.
Erano tre, erano quattro, erano più di ventiquattro
erano il sale della terra, erano il fuoco della guerra.
Erano il segno della croce, erano cani senza voce,
erano denti, erano denti senza bocca, erano fuoco che scotta,
erano la vita che rintocca.
Erano tre, erano quattro, avevano sassi.
Avevano cuori, avevano parrucche e occhiali
e pistole e tamburi e silenziatori.
Avevano linguaggio e chitarre,
e da dietro le sbarre ridevano e pure parlavano.
Avevano alcuni mogli e figli,
che da dietro un vetro adesso, li salutavano.
Avevano certo dei mandanti, ed erano tanti,
senza né viso né nome e senza prove.
Alcuni sapevano tutto e tutto ricordavano e andavano,
ma non dicevano dove.
Altri giuravano e spergiuravano e tutto confessavano,
nome e cognome.
Tutti sapevano tutto di tutti perfino il numero,
ma non dicevano come.
Venivano da lontano, avevano occhi e cani.
Avevano stellette e guanti e paura.
Erano tre, erano quattro, erano più di ventiquattro,
erano dieci, o diecimila.
Erano bocca ed occhi, scacchi e tarocchi,
erano occhi e brace, erano giovani e forti,
erano giovani vite, dentro una fornace.
Guido Guglielminetti (basso)
Elio Rivagli (batteria)
Ivano Fossati (chitarra elettrica)
Vincenzo Mancuso (chitarra elettrica)
Danilo Madonia (synt)
Francesco De Gregori (armonica)
|
|
|
|
Ecco come una volta l'ho copiato
a colloquio con Francesco De Gregori
l'Unità, domenica 27 maggio 1984
ROMA - Guai a ricordargli, anche solo per scherzo, la faccenda del
"Dylan italiano". Dice, incupendo la voce e lo sguardo, che fu
una brutta trovata giornalistica, la solita pigrizia mentale di chi crede
di poter sistemare ogni artista nel cassetto che fa più comodo al
momento. Si può dargli torto? Eppure, in questi ultimi giorni Francesco
De Gregori è stato tormentato (e corteggiato) da settimanali, rubriche
RAI e riviste di musica affinché dicesse la sua sull'arrivo in Italia di
Bob Dylan. A tutti, cortesemente, ha risposto di no (per pudore, per paura
di essere messo in mezzo, per rispetto verso il "maestro"), ma
per l'Unità ha voluto fare un'eccezione. Eccoci dunque a casa sua a
stuzzicarlo sulla musica, sui temi, sui ricordi, in una parola, sui
sentimenti che gli ispira quel mito vivente dalle debolezze così umane.
Sul tavolo campeggia un libro americano sul cantante, più in là ci sono
due armoniche a bocca (che lui suon4a rigorosamente alla Dylan) e una
chitarra; la copertina di Highway 61 Revisited occhieggia dallo scaffale
dei dischi. E per creare l'atmosfera giusta ci accoglie con le note (è un
nastro consunto, sentito mille volte) di George Jackson, quella che dice
"A volte penso che questo vecchio mondo non sia altro che una grande
prigione, alcuni di noi sono prigionieri, gli altri sono le guardie".
Anche lui "dylaniato dal dylanismo"? Sì, un po'; ma non è
fanatismo il suo: è amore gentile, omaggio struggente alla colonna sonora
della nostra vita. -
Facciamo un salto indietro: qual è la prima canzone
di Bob Dylan che hai ascoltato? E quando? "Confesso di aver saputo
dell'esistenza di Dylan un bel po' di tempo dopo aver ascoltato quello che
molti considerano il suo capolavoro, vale a dire Blowing In The Wind. Era
successo che mio fratello Luigi aveva portato a casa il 45 giri di Peter
Paul & Mary con quel brano. Lì per lì mi parve un delicato e
malinconico inno alla pace che mi conquistò, però, più per la
ineccepibile interpretazione (così levigata e polifonica), che non per il
suo folgorante contenuto. Più tardi arrivò la versione interpretata da
Dylan. Fu una rivelazione. Dylan non cantava, lui sputava le parole come
sassi, non cercava d'esser piacevole, al contrario... Come tutti i grandi
artisti non dava l'impressione di voler parlare a qualcuno, ma di parlare
a nome di qualcuno. Magari a nome di un'intera generazione. Erano gli anni
'64-'65". - Dicci la verità: c'è un verso di una canzone di Dylan
che avresti voluto scrivere? "No, e ti spiego il perché. Qui non si
tratta di invitare [invidiare?] la capacità di scrivere un singolo verso
o di comporre, "architettare" un'intera canzone o addirittura
un'intera opera. Ciò che è stupefacente in Dylan, il suo dono più
grande, è il coraggio di interpretare la propria epoca e i suoi
cambiamenti senza mai abdicare alla propria condizione di individuo, e di
vivere fino in fondo (chissà quanto dolorosamente) questa contraddizione.
Se proprio dovessi scegliere un verso -ma non vorrei averlo scritto io,
per la disperazione senza scampo da cui pare nascere- citerei quello
tratto da I and I: "Ho fatto scarpe per tutti, anche per te, e io
vado ancora in giro scalzo..."". - Hai mai copiato Dylan?
"Sì, c'è una canzone, che tra l'altro mi è venuta benissimo
(Buonanotte Fiorellino), in cui ho coscientemente copiato la metrica e lo
stile di un pezzo di Dylan, Winterlude. Te lo ricordi? E poi ho il
sospetto che tutto il mio album Rimmel sia stato influenzato dal suono
dylaniano. Del reso come potrebbe un romanziere di oggi prescindere dalla
lezione di Manzoni, di Cervantes, di Céline?". - Ci sono stati molti
Dylan: dal "menestrello" con la chitarra acustica che dava voce
alla rivolta giovanile a quello "elettrico", da quello
"mistico" a quello di Infidels che sembra marcare un ritorno
all'impegno politico. Qual è il Dylan che ti piace di più? "È
incredibile che ci si possa ancora stupire dei cambiamenti operati da
Dylan i questi vent'anni. Tutti testimoniano la vivacità dell'uomo-Dylan,
il suo essersi testardamente rifiutato di somigliare, giorno dopo giorno,
al Dylan delle riviste specializzate per continuare semplicemente a
somigliare a se stesso. Quello che a certi "dylanologi" sembrano
rivoluzioni copernicane, in realtà sono solo impudiche testimonianze di
un uomo che cambia in un mondo che cambia". - Dylan viene in Italia
per la prima volta. Ma pare diventato di moda parlare male di lui. Si dice
che è un cinico, si riportano interviste malevole dei suoi
"amici", c'è chi che è solo un grande "orecchiante"
e che canta per fare pubblicità alle "lobbies" ebraiche... Che
ne pensi? "Penso che il voler ad ogni costo inquadrare Dylan in un
movimento politico sia una forzatura sciocca. E per favore, lasciamo ai
politologi la pratica della dietrologia. Come dicevo prima, Dylan ha
sempre ricercato la sintonia e perseguito la coerenza con se stesso. Le
sue prese di posizione politiche (sulle quali, peraltro, mi sembra che non
abbia mai rilasciato interviste) credo influiscano relativamente poco
sulle canzoni che scrive. Canzoni che non hanno (e non danno) certezze,
che vivono di una meravigliosa ambiguità. Canzoni necessariamente
impenetrabili, canzoni-specchio che riflettono realtà scomode e
contraddittorie, canzoni assolutamente non addomesticabili, senza prezzo e
senza regime". - A proposito di prezzo, Dylan prende circa 300
milioni a concerto. Se li merita? "Ritengo che Dylan guadagni
esattamente quello che vale sul mercato. Personalmente sono molto più
preoccupato per il prezzo della benzina che sale. E poi è stupefacente
vedere riemergere puntualmente, in occasioni del genere, l'atteggiamento
blandamente ipocrita di chi, senza conoscere le cose e le cifre, si erge a
pubblico moralizzatore dei costumi altrui. Sono certo che Dylan non
sarebbe disposto di cambiare una virgola di se stesso per un centesimo in
più: e questo mi basta. Egli stesso, intervistato sull'argomento, taglia
corto: "É l'essere fuori dal compromesso che qualifica un artista.
Non importa il denaro che si ha. Guardate Matisse: era un
banchiere..."". - Joan Baez ha fatto un bel concerto a Roma.
C'era tanta gente e un clima caldo, commosso, forse nostalgico. Ci sarà
di sicuro tanta gente a Verona. Pensi che diventerà un raduno di
"reduci" in peregrinazione sulle macerie del proprio passato?
Oppure una grande festa? "Bah, a dire la verità mi sembra che metà
del pubblico di Joan Baez fosse costituito da giovani e giovanissimi che
conoscono a menadito Michael Jackson e Boy George e che, non per questo,
rinunciano a ritrovare (o a scoprire) nel repertorio di una "vecchia
signora" i temi universali e concreti di della lotta per la pace e le
libertà. Credo, però, che il pubblico che andrà a sentire Dylan sarà
più confuso e indecifrabile, più caotico e variegato: un pubblico più
problematico e quotidiano, forse più "casinaro", sicuramente
più rappresentativo. Un pubblico - almeno lo spero - che non canterà
insieme a Dylan il 90 % dei brani, ma che starà a sentire insieme a lui,
ormai ultraquarantenne, al di là delle carte di identità ideologiche,
pur sempre dolorosamente giovane". - Per concludere: come definiresti
Bob Dylan? "Un uomo, un artista che ha galleggiato sul suo tempo come
un'esca". Michele Anselmi
|
Sotto
le stelle del Messico a trapanàr,
nelle miniere di petrolio dimenticàr
e nelle
sere quando scende la sera andàr,
Sotto le stelle del Messico a trabajàr.
Sotto la luna dei tropici a innamoràr,
dentro le ascelle dei poveri a respiràr,
sul pavimento dei treni a vomitàr,
e quando arriva lo sciopero a scioperàr.
E quando arriva la musica a emozionàr,
e quando arriva le femmine a immaginàr,
e intanto arrivano i treni e si va si va,
sotto le stelle del Messico a passeggiàr.
E quando arrabbiano i diavoli a spaventàr,
e quando tornano gli angeli a ringraziàr,
e quando suona l'armonica a festeggiàr,
e quando torna Domenica a lavoràr.
Sotto le stelle del Messico a ritornàr,
e quando arriva le nuvole a rincasàr,
e quando piove nel fango a trasumanàr,
Sotto le stelle del Messico a naufragàr.
|
|
Robbie Shakespeare (basso)
Sly Dunbar (batteria) Ivano Fossati (chitarra elettrica)
Pat Thrall (chitarra elettrica) Fred Zarr (piano e sybt) Francesco De Gregori (chitarra custica)
|
|
|
Vennero
a galla finalmente,
alcuni
coriandoli di allegria,
e certe note dell'orchestra
che
i pesci non vollero portare via.
Erano belle quelle note
che
pure il mare le perdonò,
e si arenarono una mattina
sulla
spiaggia di New York.
Scusate ma del Titanic,
ancora
vi devo parlare.
E delle cose rimaste a galla
sull'azzurrissimo
mare.
Delle risate e delle preghiere,
dell'incredibile
esplosione.
delle notizie arrivate a terra,
poche
notizie e nemmeno buone.
Erano belle erano tonde,
e
rotolavano sulle onde.
Come le note che ho detto prima,
insieme
al nome di una bambina.
Senza nessuna mediazione,
praticamente
senza padrone.
Si costruivano in sintonia,
e
intanto il mare le portava via.
Si disse infatti che la nave,
viaggiava
ancora in buona salute,
e che le vite, le vite umane,
no,
non erano perdute.
Erano belle erano tante,
e
poi nessuno le reclamava,
insieme al nome della bambina
e
di suo padre che la chiamava.
Flavio Boltro (flicorno)
Felice Reggio (tromba)
Gabriele Comeglio e Alfredo Ponissi (sassofoni)
Elio Rivagli (batteria)
Guido Guglielminetti (basso)
Ivano Fossati (Roland synt guitar)
Gilberto Martellieri (pianoforte)
Vincenzo Mancuso (chitarra elettrica)
Danilo Madonia (cabasa elettrica)
|
|