Termoli. Oltre diecimila persone (agosto 2013)

di Elena Berchicci

 

Francesco De Gregori fa il miracolo e riesce a colmare di spettatori piazza del papa per il suo concerto, lunedì 5 agosto, a conclusione dei festeggiamenti del santo patrono.

 Trentaquattro anni dopo Banana Republic e la sua esibizione con Lucio Dalla allo stadio Cannarsa, il cantautore romano torna sul palco di Termoli, ma questa volta per uno spettacolo musicale dal vivo gratuito. E dai sette mila spettatori del lontano ’79, riesce a calamitare di fronte a sé più di 10mila persone, secondo la stima del Comune. In base alle forze dell’ordine, si superano i 6mila spettatori, tra termolesi, turisti e spettatori giunti dall’hinterland molisano e dalla costa abruzzese. Numeri a parte, in molti erano arrivati nella piazza sin dalle sei del pomeriggio per ottenere i posti migliori sotto al palco e avere perciò la possibilità di vedere il loro idolo da vicino.

 E nelle lunghe ore d’attesa, sotto il sole cocente d’agosto, i fans hanno aspettato il cantante intonando alcuni dei brani più famosi, fino a qualche minuto prima delle 21.30, quando a luci spente De Gregori è salito sul palco e ha dato il via alla tappa termolese del suo tour. Fans in delirio e applausi per il sessantaduenne cantautore romano che apre il concerto con “Il canto delle sirene”, un brano che è anche un omaggio ai marinai e alla città di mare. Dopo l’apertura, il cantante si rivolge al pubblico, unica volta in tutta la serata, saluta dal palco e annuncia il suo nuovo album, “Sulla Strada” presentando alcuni dei pezzi , “Passo d’uomo” e il brano che dà anche il titolo al suo ultimo lavoro discografico uscito nel 2013 e che sta portando in giro per l’Italia. Intanto la piazza si riempie: tanti gli adulti pronti a tornare indietro nel tempo attraverso le canzoni storiche di un uomo che ha fatto la storia della musica italiana in più di trentanni di carriera, i fans veri cresciuti con le sue canzoni come colonne sonore della loro vita che riescono a riconoscere i brani dalle prime note. E non mancano i giovani che hanno conosciuto il cantautore dai genitori e sono giunti a vedere dal vivo quel cantante che avevano sentito in radio e visto in tv.

 

 

 Tanti anche i giovani che ammettono di conoscere poco il cantante. E De Gregori ripercorre la storia presentando i brani uno dopo l’altro, accompagnato dalla sua chitarra e da un gruppo di musicisti al piano, al basso e al sax con un gioco di luci colorate e le luci degli accendini degli spettatori che illuminano la lunga distesa di gente, che sembra essere un vero e proprio mare umano. Nelle due ore di concerto Francesco De Gregori canta i brani che lo hanno consacrato nel panorama della musica italiana e soprattutto in quello dei cantautori, con quel suo modo di raccontare storie italiane così profondo e pieno di riflessione con “Rimmel”, "Generale", “Titanic” e “Vai in Africa Celestino” . Gli altri brani storici, quelli conosciuti da intere generazioni, come “La donna cannone” e “Alice”, sono tralasciati.

 Il pubblico attendeva anche un omaggio a Lucio Dalla, suo grande amico e collaboratore con il quale aveva composto e cantato diverse canzoni, che non è stato proposto nel lungo concerto, durato oltre due ore. Sul finire De Gregori ringrazia e lascia il palco per poi tornare e salutare e congedare tutti con “Buonanotte fiorellino”.

http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=14447

 

 

 

 

ROMA - ATLANTIC LIVE - 20 NOV 2012

 

Il 18 giugno scrivevo l'ultima nota (intesa come applicazione Facebook) dal titolo "Ma la nostra vita non la cambieremo mai", all'indomani del folle incontro a Bologna tra il Principe, il Commendator Sputo ed il sottoscritto, con Valeria, Michela e Angela.
Da allora, sono passati 5 mesi e posso dire che la nostra vita non è cambiata affatto, almeno quanto le fotografie scattate sui luoghi della Memoria, che fortunatamente diventano Curve nel Presente: prima, Bologna. Ora, Roma.
Nessuna differenza tra gli orchestrali e la cagna in mezzo ai maiali.
I nostri Viaggi vanno ben aldilà dei Miraggi e mai come stavolta il destino ha voluto fortemente vederci di nuovo insieme, nonostante mille ostacoli..sulla strada.
Dopo un' Estate pazza, tra l' Agnata di Faber e la lava di Zafferana, passando per il mare gallipolino e tanti palchi su cui suonare le note amiche, la promessa era di rivedersi magari in occasione dell'uscita del nuovo disco di De Gregori.
Mai attesa fu più spasmodica, desiderata, fortissimamente voluta: a passo d'uomo, sulla strada, verso lo showtime di Omero al Cantagiro.
C'eravamo tutti, martedì scorso: anche chi non è riuscito a raggiungerci. C'era Vanessa, Lia, Marcello 1, Marcello 2, Salvuzzo, Mimmo, Daniele, Pippi, Valentina, Daniela, Clara.
Rimane impressa - indelebilmente - l'immagine di Valeria che prende il braccio di Michela, che prende la spalla di Angelina: il Veneto prende il braccio della Sardegna che prende la spalla della Puglia: viva l'Italia!
E per non farci mancare proprio nulla, sottraendo qualche decimo di punto alla follia pura, c'erano anche Paco e Marianna: l'uno assolutamente ignaro del delirio che avrebbe trovato; l'altra, catturata da degregorite acuta, di diritto nel club dei matti.

 

Noi che eravamo all' Atlantico
con un cappello pieno di chilometri
avevamo la faccia di chi ha già capito
ed anche un principio di gioia in fondo all'anima
mostravamo felici i nostri occhi sognanti
e a volte pensiamo di essere scemi, noi.

Lui adesso canta della Strada
da quattro anni in trincea, a scriver canzoni
è sempre stato un grande suonatore di chitarre
e stravede, per soldatini, omeri, pioggia, sale
quando ci dice: "guarda che quello non sono io"
gli si forma una smorfia, sulla guancia sinistra

 

Francesco Corallo

 

 

 

 

TAORMINA 4 SETTEMBRE 2007

Noi siculi, grazie a Francesco, siamo ormai diventati degli habituè del Teatro greco di Taormina: 2002, 2003, 2005. 2006 e 2007. In altri tempi tutto questo ben di Dio potevamo soltanto sognarcelo!
Però ieri, rispetto agli altri anni, c'è stato un ospite particolare: l'Etna, che ha aspettato tutta l'estate per assistere a questa serata. Pazientemente, fino al 3 settembre. 

E quando Francesco De Gregori è arrivato a Taormina, è esploso in tutta la sua gioia dandogli un benvenuto da prima classe. Con prepotenza, senza pagare il biglietto perchè si trova proprio a casa sua,  ha voluto esserci a tutti i costi. "A muntagna", come la chiamiamo dalle nostre parti, quella sera era lì; sembrava volesse dire "sì, me lo vedrò di spalle ma il concerto me lo voglio vedere! Voi siete lì con le macchine fotografiche, io userò qualcos'altro: il mio fuoco. Farò questo esclusivo omaggio al Principe". Infatti la sua esuberanza da fan scatenata è finita l'indomani, quando Francesco ha fatto le valigie per andare a Palermo.

All'entrata in teatro non mi ero quasi accorto dello spettacolo che offriva quel magnifico vulcano. Me lo ha fatto notare Guido Guglielminetti che era all'ingresso e col quale ho scambiato qualche battuta, assieme al mio amico Salvo da Ragusa. Che magnificienza quell'infernale finestra nel cielo della notte taorminese!
Mi accomodo sulla mia poltronissima in seconda fila e aspetto l'inizio del concerto sulle note del repertorio di Grechi. 

Intorno alle 22 si spengono le luci, rimangono illuminate soltanto  le antiche colonne con dei riflessi azzurri che le facevano appena intravedere.

Al buio, al centro del palco, dalle quinte si vede arrivare in avanti la scura e longilinea  figura di De Gregori col cappellaccio in testa.

Dietro di lui: la fan, che batteva le mani (anzi, i crateri)! Uno spettacolo unico.

Francesco entra, saluta tutti e dice "stasera l'attrazione non sarò io ma…… (girando il braccio destro per indicare quelle quinte dantesche dietro di lui)…… ci divertiremo lo stesso!". Spettacolare, come se avesse detto "Ladies and Gentleman.......ecco a voi  l'Etna!". 
Quel retropalco naturale squarciato verso il cielo è unico al mondo. Sia per la sua storia, sia per la baia di Naxos in notturna, sia per le alte fontane di lava dell'Etna che certe notti vuole essere l'attrice principale dello show. Ieri sera potevano anche esserci gli Stones, ma il primo nome sul cartellone o sul poster spettava assolutamente a Donna Aetna! L'ha voluto fortemente, come una capricciosa primadonna da avanspettacolo!
Ora ditemi voi, seduto in seconda fila, già con quel palco così illuminato, le luci di Naxos al centro, gli strumenti luccicanti, De Gregori che presenta l'Etna alle sue spalle.... come potevo avere con me soltanto una compatta digitale che si comporta modestamente in diurna ma che quando cala la sera diventa una barchetta in mezzo al mare agitato? Mosse, sfocate, molte le ho eliminate. Mi vi assicuro che il quadro (simile il termine, ma trattasi davvero di opera d'arte!) che si presentava realmente davanti ai miei occhi era decisamente lontano dagli scarabocchi delle foto pubblicate. E' un peccato non poter immortalare quella meraviglia, certi momenti. E proprio in questi momenti mi viene sempre la voglia di regalarmi una bella reflex digitale, ma di quella giusta!

Vedevo tutta quella gente che, approfittando di quel  momento irripetibile, cercava di ottenere qualcosa di passabile dalle loro Supertecnologiche e dai loro Superpalmari. E si mangiava le mani!

Nonostante le sue continue esibizioni a Taormina, il pubblico accorre sempre numeroso a testimonianza della grande ammirazione da parte dei siciliani nei confronti di De Gregori. Un pubblico dalle spalle larghe che in questa grande casa con le finestre aperte e le stanze stanze piene di vento, ogni anno accoglie Francesco con immutato affetto. Perché è un pubblico che lo capisce senza farglielo capire, che lo conosce da quand'era piccolo, che la paura non sa nemmeno che è, che ogni sera fa cadere le stelle e che per scaldarlo si farebbe bruciare. Soprattutto, è un pubblico che ha una faccia che non tradisce. Mai!


Dopo aver cortesemente pregato di non fotografarlo sotto il palco perché quel correre lungo il corridoio potrebbe distrarre sia lui che i musicisti, il Principe attacca con Bambini venite parvulos. Poi la classica Titanic e, a seguire, una strana Abbigliamento di un fuochista. Continua con Cardiologia senza chitarra, muovendo le mani come se spiegasse parola per parola tutta la canzone, per far capire a chi gli sta davanti cosa sia davvero l'amore, cioè quello strano compito in classe di Chimica organica mai risolto, e dalle cui pagine non si butta proprio niente: né gioie, né angoscie, nè soddisfazioni, né insofferenze, né tradimenti.
Bando alle ciancie: di getto arrivano l'Angelo, la fantastica Compagni di viaggio, la versione country di Un guanto e Maiday.


Il tempo di riprendere fiato a causa della lunga corsa fatta sulle strade della sua carriera per poi fare un po' di retromarcia fino ai box di partenza del suo straordinario e trentennale viaggio: Rimmel, Niente da capire (al ritmo di valzer) e Generale. Subito dopo mette l'acceleratore quando vede le luci blu delle stelle sopra di lui. In ordine sparso: Sotto le stelle del Messico, Agnello di Dio, Vai in Africa Celestino, Numeri da scaricare.
Conclude con una stupenda La valigia dell'attore, Alice (l'unica che non mi è piaciuta per questa sua nuova versione) e il Bandito e il campione. Deve riprendere fiato pure il sottoscritto per la scaletta depositata via sms sul famelico nido di un noto pennuto notturno.
Ma per segnalargliela  mi sarebbe bastato un semplice copia e incolla da internet. Molti ieri sera non lo sapevano, ma noi del Rimmelclub e del Barbagianni sappiamo benissimo che la scaletta di Taormina era rigorosamente uguale a tutte quelle di questo tour estivo. Non cambiavano nemmeno i bis, che sono stati riservati alla straordinaria e sempre ben voluta Donna cannone e, infine, a quel simpatico, stuzzicante, friccicarello e sculettante rock che ormai conosciamo tutti e che condisce la famosissima Buonanotte fiorellino….e poi… buonanotte a tutti!

Ringrazio Daniele Di Grazia per la dritta che mi ha consentito di salutare Francesco. In posti del genere è difficilissimo avere un contatto con lui, ma ci siamo riusciti. All'uscita dal teatro, liberatosi dalla folla che gli chiedeva di tutto come se fosse Padre Pio, passa veloce proprio dove Daniele mi aveva detto di stare. Gli acchiappo al volo la mano mentre mi corre davanti, assieme a Chicca. "Ciao Francesco, ti ricordi di me?". Ciccio si ferma "Uee! Ciao, come stai?" Un'affettuosa e sonora "carezza" arriva sulla mia guancia destra, stemperata poi da un fraterno abbraccio. Davanti a una divertita Chicca, il servizio d'ordine me lo toglie subito dai miei occhi. Quasi spingendolo, lo portano verso l'uscita. A nanna.
Ma mi è bastato, non lo vedevo da due anni. Questo pensavo mentre tornavo a casa, davanti ai tergicristalli che spazzavano dal parabrezza la pomice che arrivava dallo stomaco della fan numero uno della serata.
Oltre a Francesco, saluto gli amici Daniele, Salvo e Mauro (con rispettive consorti) che ho rivisto ieri. Non poteva essere altrimenti, non potevo non incontrarli: in certe occasioni i degregoriani DOC te li ritroverai sempre lì, davanti a te, anche se passano gli anni e i capelli diventano sempre più bianchi. Pronti a mettersi sul groppone chilometri e chilometri di asfalto e di file interminabili. Sempre lì, disponibili ad ascoltarsi un concerto di Francesco per una ventina di sere anche con la stessa scaletta; fedelissimi, con le vesciche strapiene e i piedi gonfi di stanchezza, lì sotto a gridargli "Ciccio, sei grande" anche se il loro amato Ciccio si mettesse a cantare "Il valzer del moscerino"!
E poi saluto Guido, Ale Valle (Rapisarda… quello del Titanic?) Ale Arianti, Giovenchi, che mi hanno riconosciuto. A conferma che questo nome ricorda ancora qualcosa.

Mimmo Rapisarda

 

PALERMO 5 SETTEMBRE 2007
Ciao a tutti! E' da tempo che non scrivo al rimmelclub ne approfitto adesso per raccontare un pò della serata di ieri sera a l teatro di Verdura. Vorrei cominciare dalla fine.
Uscita secondaria dopo una mezzoretta della fine del concerto. Francesco De Gregori sale dietro in un'auto grigia parcheggiata all'interno del piazzale (chiuso con cancellata). Io fuori(e con la mia ragazza costretta) con pochissime persone (ma poche veramente forse 10 in tutto) tra cui Giovanni Puma che saluto, e tra questi anche una ragazza con busta in mano e doni(tipo babbo natale, e lo dico con affetto). Parte la macchina dall'interno, ed tre o quatto uomini della security si avvicinano a noi e fanno cordone con le braccia. L'auto è ormai vicino a noi, Francesco ha delle tendine interne, le usa abbassandole e va via.
Non ho mai provato a scardinare i noisi cordoni di protezione che si creano, o che comunque ho sempre creduto si creassero, alla fine di un concerto intorno all'artista che si esibisce. Ieri volevo smentirmi provando prima ad avvicinarmi dietro al palco dopo il concerto, e sono stato bloccato da un omone a pochi passi ormai da tutta la band. E poi dopo fuori all'uscita secondaria. Bè, senza rammarico, ci mancherebbe.
Per il resto Francesco De gregori è stato grande come sempre.
La scaletta è quella di Taormina, suonano tutto molto bene e lui è sempre più bravo a cantare. Ho notato una cosa divertente in Pezzi "taglia la torta e vai in africa celestino" che va ad aggiungersi alle altre improvvisate usate dal Nostro in questa canzone. Poi che dire se non che la gente credo sia stata più partecipativa, se è così che si può dire, rispetto a Taormina. Ma penso che non sia difficile esserlo! E poi alla fine mentre tutto il teatro(nessuno escluso) è in piedi ad applaudire lui e la sua magnifica band, lui pare fare un segno dietro come a dire che "bel regalo che ci stanno facendo". Poi si rivolge a noi e ci dice che era stato a Catania il giorno prima e che "il pubblico siciliano è sempre unico". Sembrava sincero ed emozionato e anche io lo ero. Grazie ancora Principe.
Ne approfitto per salutare tutti e salutare Daniele che mi è dispiaciuto non poter vedere ieri sera. Alla prossima!
(Matteo Biondo)
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Arrivo nei pressi del teatro: ore 18.00;
Rastrellamento di tutta l'area per possibili incontri con il PRINCIPE;
Liberi e sguinsagliati mastodontici "MASTINI PALERMITANI" per la security; conclusione nessuna via d'accesso per i camerini;
Ore 18.15 contatto urgente con il nostro Presidente!!!!( ciao Daniele);
Quasi rassegnati in quanto non si vedeva nessuno, finalmente una simpatica sorpresa: Alessandro Arianti che si avvicina verso di Noi! ....... e non è finita qui......
ci mettiamo a parlare del piu e del meno per circa 1 ora bevendo insieme una "CERES".....;
ci salutiamo perche si è fatta l'ora di iniziare le prove, ma con la promessa di rivederci a fine concerto;...... e così è andata;
..... dimenticavo: Alessandro ci ha omaggiato di una foto con noi preconcerto (vi manda a tutti un grosso abbraccio ed un saluto paericolare per Daniele);
Dopo qualche attimo di freddo autunnale finalmente si aprono i cancelli per entrare nel teatro...;
spettacolare il nostro posto n° 1 e 3 della quarta fila praticamente centrale;
circa mezz'ora di attesa ed intanto si sono fatte le 21,30;
dal buio piu totale appare Cicciuzzu e la sua band;
come sempre nessuna parola e via con la musica;
pezzo dopo pezzo Francesco e la Banda macinano canzoni a ritmo sferrato;
oltre alle presentazioni del gruppo Cicciuzzu ha detto si e no tre parole: 1) eccomi; 2) grazie) 3) buonanotte e grazie di essere venuti;
Simpaticissimo invece è risultato il balletto che ogni tanto interponeva tra le note, nonché accattivante il ringraziamento agli applausi del pubblico pagante, dati con le sue due lunghe dita (indice e medio) rivolti verso l'alto in segno di vittoria;
mitici gli arrangiamenti delle canzoni tanto che qualche volta sembrava l'inizio di una nuovissima canzone......
tutto perfetto dall'inizio alla fine, come sempre degno del suo Nome;
finito il concerto rincontriamo Alessandro Arianti, e non possiamo fare altro che fargli i piu cordiali complimenti per gli assoli di pianoforte;
per il resto confermiamo la versione di Matteo in quanto due della decina di persone presenti eravamo noi;
un saluto a Matteo, anche se in ritardo, ma ci siamo resi conto dopo che tra il gruppetto del dopo concerto c'eri anche Tu;
Tutto bello come sempre e speriamo che quanto prima possibile ci si possa incontrare come al raduno dell'anno scorso.....
Saluti per tutti Saluti per il Presidente Daniele, Saluti per Cicciuzzu, Salutoni per Ale Arianti (ed un mega bacio da LILLY);
Ciao a tutti ed alla prossima
Fabrizio and Lilly

 

CASTIGLIONE DELLE STIVIERE - 8 SETTEMBRE 2007

Il concerto mi è piaciuto molto e penso ci sian state circa mille persone. Io ero in prima fila. Se qualche posto in prima fila era libero, si sarà trattato di uno dei casi da malessere per raffreddamento dei giorni scorsi o delle disdette di coloro che sarebbero potuti venire il 30 agosto ma non potevano venire al recupero dell'8 settembre. So che in seconda fila alla mia destra c'era anche Lorenzo il Barbagianni con Rossana. Francesco è arrivato sul palco alle 21 e un quarto circa. Prima, tutto come al solito: gli strumenti controllati accuratamente e il sottofondo delle musiche di Grechi.
Francesco era simpatico e intenso, ha esordito con un accenno al fatto che quella data era un recupero del 30 agosto e all'Italia ("Viva l'Italia", ma in tono positivo) vista da lui in concerto, dato che la sera prima aveva avuto un concerto ad Aosta. Ma son state due battute soltanto e ha subito attaccato con "Bambini venite parvulos", con quel suo recente arrangiamento un po' heavy. Poi è stata la volta del "Titanic", seguita dall'"Abbigliamento di un fuochista", canzone legata nel contenuto alla precedente... Poi è stata la volta della "Leva calcistica della classe '68" (sembrava che De Gregori parlasse con un bambino, magari con un figlio). Poi è venuto quel pezzo un po' "Kingston town" che è "L'angelo", dove Francesco ha messo cantando qualche variante, che però mi sono scordata... Poi è stata la volta di "Un guanto" che ha suscitato molta mia curiosità..
Poi Francesco ha messo giù la chitarra, si sono abbassate le luci, il pubblico applaudiva ancora con entusiasmo mentre Francesco inziava "Cardiologia", che - come sapete - è una definizione dell'amore e delle sue manifestazioni: allora lui con una certa gestualità, senza chitarra, l'ha un po' recitata... Avevo il terrore che la gente applaudisse in qualche passaggio che volevo chiaramente vedere o piuttosto sentire: ad esempio volevo chiaramente vedere quando parla "della chiave e del numero in mano...". Poi ha seguito "Compagni di viaggio" in quel suo recente arrangiamento che - mi è stato detto - ha fatto ad esempio anche nel concerto di Chiavenna e che a qualcuno non è molto piaciuto, perché, essendo un po' svelto, non risulta andare d'accordo col contenuto "visionario" della canzone. Poi devo confessare che si cominciava a sentire un po' di freddo, ma è partita una versione molto rock di "Mayday" che ha riscaldato un po'. Poi è stata la volta del classicone "Rimmel" dove Francesco è avanzato in primo piano sul palcoscenico. Poi io mi aspettavo "Niente da capire" e invece è capitata la canzone "Caldo e scuro" (una variante alla scaletta!!!), che mi ha incuriosito tanto, al pari di "Un guanto"... Poi un'altra raffica di canzoni dall'arrangiamento "heavy", con i chitarristi indaffaratissimi, che hanno contribuito a scaldare la temperatura freddina (il pubblico no, non era freddo...): "L'agnello di Dio" (dove c'era qualche variante che non mi ricordo) e "Numeri da scaricare", dove Giovenchi? (correggetemi se sbaglio) ha fatto un assolo che sembrava "l'urlo di Munch" sotto forma di schitarrata, e infatti mi pare che la canzone parli di deportazioni e di genocidi, laddove Francesco con un gesto della mano spiegava: "son gente come te e me, non sono numeri da scaricare".
Poi è venuta una divertente e dondolante "Sotto le stelle del Messico a trapanar" e "Generale" con una parte interna instrumental virtuosistica fra De Gregori e quello io credo essere Giovenchi...
Poi è stata la volta di "Vai in Africa, Celestino" (con delle varianti, per esempio: "taglia la torta e vai in Africa" - mi pare -) e "La ballata dell'uomo ragno" ("si atteggia a Rin tin tin ma è solo un licaone"), dopo la quale uno dietro di me ha detto forte: "Sicuro di non fare nessuna allusione, Francesco?". Ma lui ha voltato le spalle leggermente irrigidito e ha o bevuto o deposto la chitarra o entrambe le cose.
Poi è stata la volta della "Valigia dell'attore", che in questo tour ha avuto molto successo, quasi uno dei punti focali, a detta di alcuni amici: e anche qui mi pare che Francesco abbia adottato quel modo recitato un po' teatrale come in "Cardiologia". Qui appare chiaro come un lato della sua simpatia, specie presso i più giovani, sia dovuto a quel suo non porsi mai troppo sul piedistallo. Poi è stata la volta di "Alice" dove lui si è collocato - come per "Rimmel" - in primo piano al centro sul bordo del palco, lasciando in secondo piano i suoi chitarristi, che molto spesso invece sono suoi cooprotagonisti. Al suono di "Alice" la gente ha annuito bonariamente.. come dire: "ecco se se.. l'ha voluta fare.." eh eh eh..
Da ultimo ha cantato nel modo più tradizionale "Il bandito e il campione", poi improvvisamente ha detto "E adesso buonanotte e grazie", se ne è andato e le luci si sono spente.
Io sono rimasta e alcuni sapevano che non poteva finire così. E quindi, dopo acclamazioni varie che lo invitavano a tornare, Francesco è tornato fuori col bis a cantare "La donna cannone" e "Buonanotte Fiorellino" (questa come fosse una buona notte al pubblico). Durante queste due ultime canzoni, poiché a quel punto la security o non c'era o ha fatto finta di niente, tutto il pubblico, specie molti ragazzi e ragazze delle retrovie, ha dilagato e si è precipitato stretto davanti al palco. Francesco era felice e ha stretto anche qualche mano, ma poi ha pensato probabilmente che gli sembrava di essere o il Papa o uno pseudo - Elvis, quindi improvvisamente si è ritirato su. Lì è finito il concerto.
Altre curiosità: c'era un tecnico della band, che potrebbe essere un Lussana (ma io profana potrei sbagliarmi), che riprendeva dal lato sinistro, stando sul palco stesso, il concerto. Un'altra: una ragazza molto giovane e bionda e filiforme improvvisamente stava per raggiungere il palco sfidando la security, urlacchiando, per mostrare tutto il suo entusiasmo nei confronti del Principe. ...Robe da Robbie Williams o simili.
E ancora: all'uscita del concerto alle donne è stato consegnato un profumato giglio bianco in una bella composizione.
E su queste battute ormai è giunta l'ora che me ne vada a letto.
Scusate se incappo in qualche ingenuità. Io vado pochissimo ai concerti e sono poco esperta di terminologia...
Lawdymisscloudy

 

SCALA - 11 SETTEMBRE 2007

Della serie: cosa ci tocca fare per il buon Ciccio.

La cosa più bella che ho da raccontare, probabilmente, è il viaggio da Napoli verso Scala. La costiera amalfitana resta uno dei luoghi più belli del mondo e passare da un'autostrada (che è difficile chiamare tale) come la Napoli Salerno che corre, densa di traffico, fra comuni difficili e popolatissimi ad una salita stretta tutta tornanti (il Valico di Chiunzi) che offre scorci di panorama mozzafiato in poco meno di un'ora, beh, può essere davvero emozionante.
Abbiamo anche il tempo per una rapida passeggiata per il centro di Ravello e il consueto proponimento di tornarci al più presto.
E le note positive finiscono qui.
Scala è un paesino a due passi da Ravello, che si arrampica anch'esso sullo strapiombo della costiera, 400 metri sul livello del mare.
Ci accoglie con un gigantesco cartellone che ci avvisa che "SCALA incontra NEW YORK". E già avverto un brutto presentimento.
I vigili che ci consigliano di parcheggiare tranquillamente lungo la strada, preoccupandoci poco delle norme stradali, lo confermano.
Ma la vera doccia fredda è all'arrivo in piazza. Molto bella, per carità, ma completamente inadatta ad un evento musicale, per giunta rock. Si tratta di un piccolo quadrato "inscatolato" su tutti i lati dalle alte pareti del duomo, del municipio, di alti palazzi con terrazze e dalla montagna. Il rimbombo sarà quindi orribile, la parola acustica difficile da utilizzare.
Inoltre, i posti a sedere si scoprono essere riservati ai possessori di particolari inviti che poi sapremo distribuiti fra i residenti e i turisti alloggiati nella zona. Gran bella fregatura, non annunciata in rete. Le bestemmie all'indirizzo dell'organizzazione si sprecano.
Chi viene da fuori, bella cafonata, aggiungo io, sono costretti a disporsi ai lati della zona riservata all'esterno della Chiesa, pressati come sardine, lontani dal palco pur essendo arrivati, come noi, quando i posti a sedere erano ancora vuoti.
All'interno del duomo si sta intanto svolgendo un dibattito sull'11 settembre con ospiti "prestigiosi", Sandra Lonardo in Mastella e Rosy Bindi, il tutto presentato nientepopodimeno che da Paola Saluzzi.
Speriamo che il tutto non debba interferire con il concerto.
Ci sbagliamo.
Alle 9, orario d'inizio ufficiale del concerto, i vip escono dalla chiesa per guadagnare il centro della piazza e rendere omaggio ai caduti dell'11 settembre, con tanto di picchetto militare, gendarmi con i pennacchi (e con le armi, credo), corone, salve di cannone, inni nazionali americano e italiano.
Ma non è finita. Seguono 20 minuti buoni di discorso del ministro con un microfono mal funzionante. La noia è palpabile, io sono già insofferente da tempo.
Il suicidio diventa un'ipotesi interessante quando capiamo che i 18 sindaci della Costiera, tutti in doppiopetto e fascia tricolore d'ordinanza, avranno TUTTI diritto di parola dopo la Bindi.
Diritto che esercitano come bravi scolari delle elementari che a fine anno sono chiamati a formulare un pensierino in due frasi sulla pace nel mondo. Disgustorama.
Il tutto condito dagli appelli di una Saluzzi disperata per la scarsa efficienza dell'amplificazione che, con il tono accorato manco fosse a Telethon, fa appello all'orgoglio e al carattere degli scalesi affinché cessino il loro più che comprensibile borbottio.

Finalmente il concerto comincia, Bambini venite parvulos sembra stemperare per un attimo la furia omicida accumulata fino a quel momento. Francesco entra con il suo ormai classico "Buon divertimento".
Non assistevo ad un concerto del Nostro da un anno e lo spazio concesso a Bardi e al suo tocco blues mi colpisce favorevolmente.
Il secondo pezzo è L'abbigliamento di un fochista e dopo la prima strofa una telecamera, dotata di faro ultrapotente, passa tranquillamente sotto al palco con l'intenzione forse di immortalare le autorità sedute in prima fila e spara la luce in faccia a Francesco.
Il quale smette di cantare e si rivolge più volte verso i tecnici.
La band continua a ripetere il giro della canzone finché Francesco non fa segno che può bastare.
L'acustica, come detto, è pessima e si ha la sensazione di ascoltare una seconda volta il concerto, con un lieve ritardo, dalla facciata del municipio al fondo della piazza. Orribile.
La scaletta prosegue come di consueto (la trovate per esteso sul Blog del Barbagianni), senza particolari scossoni o novità.
I momenti migliori sono a mio parere Cardiologia, da brividi e cantata da Dio, e L'agnello di Dio, canzone che amo sempre di più e che urlo a squarciagola, per lo sconcerto dei miei vicini. I quali però cominciano a chiederci notizie sulle canzoni più nuove che non conoscono (e che si abbandonano, tocca dirlo, allo stereotipo secondo il quale Francesco "non scrive più le canzoni di una volta", le avessero ascoltate almeno, ma vabbè).
Francesco dà il meglio di sé come cantante (belle le modulazioni su L'angelo) e con un assolo di armonica (non ricordo più su quale pezzo )
Qualche gustosa variazione testuale: "sono persone come me e me o sono numeri da scaricare", "s'atteggia a Sandokàn, ma è solo un licaone". Poi aggiunge un "disinvolto" ad "abbandona la scena" su Mayday che mi fa sorridere non poco. Qualcun'altra di sicuro la dimentico.
Un vento freddo tagliente, nel frattempo, sta spazzando la piazza.

Il peggio non ha mai fine, purtroppo, e sulla straordinaria interpretazione della Valigia dell'attore, una leggera pioggerellina si fa più insistente e le persone sedute dimostrano il loro attaccamento all'artista e alla musica mettendo in scena un grandioso fuggi fuggi.
Francesco dà la buonanotte e sembra lasciare il palco.
Conciliabolo. Forse le pur poche persone che arrivano sotto al palco convincono il Nostro ad uscire per un ultimo pezzo, il Bandito e il campione. Così c'è pure il tempo per presentare la band, e per un "è rimasto soltanto lui, il Capobanda, l'idolo delle giovani signore!" da morire dalle risate.
Finalmente, i saluti. Francesco augura "un buon autunno, un buon inverno, una buona primavera...e anche una buona prossima estate!".
A presto, in condizioni migliori!

Antonio GreatGig

 

TORINO 4.2.2008

21 e 15 si spengono le luci nella magia del teatro Regio di Torino. Francesco De Gregori torna finalmente a cantare in città, dopo l'ultima non memorabile parentesi olimpica, nella quale, tra una premiazione e un carosello pubblicitario, aveva dato in pasto alla folla di accendini giusto qualche successo da juke box e nessuna, ovviamente nessuna, parola. Stasera invece è qui di nuovo e un pò si sentirà a casa, proprio come Guglielminetti ed il giovane Arianti, pensando che spessissimo proprio da Torino sono cominciati i suoi tour.

L'inizio mi fa venire il dubbio che, in epoca di remake integrali, degre voglia riproporre interamente il suo album più bello, Titanic. Ma il Regio non è il Barbican centre e ciccio non ha nulla a che fare con Lou Reed ed il suo recente Berlin tour. Così il sogno dura poco e dopo una "Titanic" allegra ma un pò impastata, una " Muscoli del capitano" senza squilli e senza trombe arriva l'amato ragazzino de " Il fuochista" a riscattare l'inizio zoppicante. Si tratta di uno dei ritratti in assoluto più indovinati di quel meraviglioso disco/afffresco che rimane, a quasi trent'anni di distanza "Titanic", disco che, battute a parte, meriterebbe veramente una edizione nuova. Decidano i discografici se Deluxe o Dvd o che cavolo vogliono, ma il missaggio e la masterizzazione perfavore, trovate quei benedetti nastri ed aggiornateli!

Il principe per nulla rischiare del suo curriculum nobile, ripassa a memoria "la leva calcistica", in una versione ossequiosa che sembra uscita pari pari dai film di salvatores. La strumentazione è ricca ed i suoni saturano le canzoni senza tuttavia armonizzarsi adeguatamente. Il mandolino suonato da Alex Valle sembra a tratti ridondare e sovrapporsi alle chitarre di Giovenchi e compagnia.
Si passa dunque a "Battere e levare", curiosa magari, ma non un classico ed a mio parere, poco significativa come canzone; e meno male che a ciccio non viene in mente di ripescarne quella atroce versione reggae che ha fatto rivoltare peter tosh ed i suoi riccioli nella tomba...
Il teatro segue in silenzio le canzoni, quasi ipnotizzato dal carisma del principe. Anche per questo la serata fatica a scaldarsi. Personalmente, Francesco mi è sembrato rilassato all'inizio (ha esordito con "lo spettacolo è bellissimo e comincia così:..."), poi un pò innervosito dalle brevi impasse della band e dal suono comunque non bene amalgamato (la batteria suona un pò ripetitiva e distante), la doppia schiera di chitarre acustiche non collima come altre volte in passato. Vi dirò anche che l'uso troppo diffuso della slide finisce per banalizzare dove invece dovrebbe caratterizzare e spesso il violino imbracciato da Lucio Bardi mi è sembrato fuori posto. Forse i mesi di riposo natalizio, le bevute e i tacchini farciti hanno lasciato qualche strascico nei nostri eroi.
Così quando già sono pronto a sparare sul pianista mi arriva "Festival", dritta e sparata sul muso. Certo era prevista, ma mi ha lasciato basito ancora una volta per la sua bellezza e per l'intensità dell'interpretazione in un arrangiamento brillante che la restituisce all'attualità ... probabilmente il top della serata e quasi mi sembra che Tenco sia morto durante il festival dell'anno scorso e non 40 anni fa!

Ci sono canzoni che che mi ricordano quando ancora si poteva consumare il vinile di un disco passando e ripassando quella puntina sui solchi del padellone. Ogni canzone prendeva allora un suono diverso e più profondo e diventava unica perchè ogni vinile si segnava in maniera diversa. Nella mia "Raggio di sole" c'era un crepitio all'inizio che annunciava il pezzo e poi che dire, il calcio ad un pallone e francesco che correva libero su quel prato, lontano dai tormenti del palalido e dei suoi venticinque anni. Aspettavo questa canzone così come un giorno ancora nella mia vita mi aspetto di risentire il "'56", che mi manca ancora come una vecchia fidanzatina perduta nei ricordi... alla fine sono rimasto un pò deluso però. Sarà la versione purtroppo non eccezionale che appiattisce invece che esaltare quei tre minuti di pura bellezza.
Uno schiocco di dita del capobanda introduce poi una "Caldo e scuro" leggermente più sostenuta rispetto al recente live, ma comunque non per questo, a mio parere, meno innoqua. "Natale" invece mi tramortisce come una mazzata sul coccige: altri brividi e ricordi, parole mandate a memoria un milione di volte senza potersi mai stancare del karaoke infinito nella mia testa; così la canta francesco, senza improbabili arrangiamenti rubacchiati all'ultimo live del boss, senza noia o mestiere. M'illudo possa durare ancora, semplicemente con un sorriso, come quello che all'ultima strofa "gli si ferma viso" ed io rapisco al principe con la mia vietatissima fotocamera digitale.

Si passa poi a "Generale", un classico tra i classici, in una versione ortodossa, piena di assoli che la dilatano come una sorta di nenia. Mi stupisce che ci sia qualcuno in questo teatro che non la sappia a memoria ma questa esecuzione è talmente lenta e noiosa che pure il principe a un certo punto si scorda a che punto è arrivato e non trova di meglio che ripetere la seconda strofa invece che passare alla terza. Il pubblico innamorato gliela perdona con un applauso ma lui così s'incazza un'altro poco e non gli passa il nervoso. A questo punto si siede al piano e gli si incricchiano un pò le mani nell'esecuzione di "sempre e per sempre", accorata e sincera, opportuna per chiudere in pace un primo tempo "più che discreto", direbbe il compianto Giorgione Tosatti.

Il secondo tempo me lo aspetto sicuramente più elettrico e così è. "Celestino" secondo me è una canzone che pochi sarebbero in grado di scrivere e di cantare e il principe non perde un colpo, mandando in parte a memoria e lasciando in parte all'istinto un testo difficile e spinoso, su un arrangiamento tutto grinta. "L'uomo ragno" perde sicuramente qualcosa rispetto ad altre versioni più edulcorate ma comunque piace e si fa piacere perchè è una canzone che il tempo non sa scalfire. Dicevano fosse dedicata a Craxi, poi a Berlusconi. Oggi qualcuno dice che è dedicata a Veltroni ed io trovo simpatico questo tentativo costante di referenziare le parole delle canzoni del principe alla nostra mesta attualità. Proprio Veltroni conoscerà benissimo "Adelante", tanto da averla voluta un tempo come l'inno di campagna politica dell'Ulivo. Questa canzone è la dimostrazione che "Canzoni d'amore" è il vero masterpiece dell'artista maturo, non più l'ispiratissimo cantastorie degli anni settanta che scambiava sogni, amore e politica e nemmeno il musicista raffinato che negli anni ottanta ha fuggito le mode effimere in nome di una rinnovata coerenza espressiva; ma un artista capace e consapevole delle proprie scelte e delle proprie ispirazioni musicali, lontano da quella romanità vendittiana (pensate alla "cagna" di Viaggi e Miraggi!) che a volte io personalmente ho trovato fastidiosa e più vicino ad una sensibilità tutta italiana da "Torino a Palermo". La versione di Adelante voluta dal capobanda è sicuramente affascinante, dominata dai virtuosimi chitarristici di Paolo Giovenchi; peccato che l'esecuzione corale della band sia un pò faticosa e che il cantato si arruffi e non abbia la brillantezza dei tempi andati.

Arriviamo ai due terzi dello spettacolo ed io sono già ampiamente appagato. "Numeri da scaricare" ha delle belle parole ed è una delle poche concessioni a quel gran bel disco che si è dimostrato essere Pezzi; però non è un classico e non ne rivendica affatto lo status, in questa versione inevitabilmente troppo lunga. Confermo che "Compagni di viaggio" ha lo stesso incipit dei Quattro Cani di tanti anni fa, e questo basta a perforarmi il cuore come una freccia. Neanche il tempo di riprendermi e il principe, senza quasi cambiare accordi, si consegna arrendevole alla canzone che lo ha reso eterno, a una versione di "Rimmel" mai tanto fedele all'originale. Quasi mi sembra che a suonare il piano non sia quello sbarbatello di Arianti ma il'originale e ormai dimenticato Alberto Visentin...
Il finale del concerto comincia qui e secondo me poco aggiungono e qualcosa tolgono alla valutazione della serata, una solida e devota "valigia dell'attore", una swingatissima ed ovvia "bandito e il campione" e nei bis, una temuta e scontatissima "donna cannone" durante la quale il signore vicino a me riesce pure a telefonare a sua moglie per dirle che" tra dieci minuti è a casa". Non è questo il degre che mi piace ma lascio ad altri apprezzare le sue pose da vecchio entertainer. Forse perchè mi piace pensare a Francesco come al Dylan o al Neil Young Italiano, gente che sessant'anni gira sui palchi di tutto il mondo con lo spirito e la verve dei ragazzini. Manco a dirlo ed arriva la chiusura dylaniana di "Fiorellino", nuovamente appesantita da svisate modello "like a rolling stone" mentre meriterebbe ricordarsi che è Winterlude la sua vera musa ispiratrice.

Le luci si riaccendono e non lasciano spazio a nuovi bis. Partita finita e niente tempi di recupero. Chi sognava una chitarra e le note di "quattro cani" o di "pezzi di vetro" si consola con il merchandising all'uscita che, a differenza dei negozi lì fuori di piazza castello, non conosce saldi di sorta. Anche questab sera Francesco ha parlato poco o niente. Eppure ricordo benissimo un tempo nel quale spiegava le canzoni e raccontava aneddoti a ruota libera. Oggi probabilmente gli è passata la voglia ed il rischio di venire frainteso è un pensiero troppo scomodo per lui. Io me ne torno a casa comunque soddisfatto e cerco di ricordare se è la trentesima o quarantesima volta che vedo suonare il principe. E' buffo ma si accavallano i ricordi da Banana Republic in poi e neanche so più che anno era allora. Poi mi arrendo al tempo che passa e faccio finta che sia un inverno di tanti anni fa, al palaruffini quando...

(Freeeurope - Rimmelclub.it)

 

BARI - 11.12.2007
Sempre e per sempre....il Migliore! C'è poco da fare:non appena sale sul palco con quell'aria baldanzosa e quasi sorniona qualunque tentativo di derubricarlo a "normale cantante" viene meno.Se fosse, come è, il cantante della Band, allora si può parlare di un magico attore capace di tradurre in parole e gesti una scenografia musicale ieri sera a dir poco perfetta, dalle luci assai suggestive ai bravissimi ragazzi, cui la veste teatrale (non solo quella puramente estetica) ha dato la possibilità di ammirarne il gioco di squadra che regna nel gruppo.Ogni canzone ha subito modifiche (a parte NUMERI DA SCARICARE vabbè ), lievi o corpose (penso a I MUSCOLI DEL CAPITANO stile Fuoco Amico ma molto migliorata) assieme alle nuove perle, una più coinvolgente dell'altra.Spicca per eleganza e raffinatezza NATALE in un gioco di fari e di accordi a dir poco azzeccatissimo: complimenti davvero al mandolino di Alessandro Valle, il vero valore aggiunto di questo tour di fine anno.In teatro ieri ho potuto ascoltare anche quella pedal guitar che d'estate si nasconde dietro i venti e la calca della gente.Vale lo stesso discorso per RAGGIO DI SOLE, quadro naif in cui Francesco ridona nuova linfa acustica a questo gioiellino per molto tempo dimenticato.
Merita una attenzione particolare ADELANTE!ADELANTE!, per me uno dei momenti più alti del concerto.A primo ascolto potrebbe sembrare simile alle precedenti versioni live, mentre invece tutti gli strumenti partecipano a colorarla di atmosfere gotiche, come direbbe Rossana.Anche questa canzone trova accordi nuovi e la chitarra del "Signore delle Corde", sir Lucio Bardi che lì, solo soletto, quasi in disparte, la accarezza con la solita maestria:un galantuomo della sei corde, lo definirei.
I set puramente acustici di CALDO E SCURO, COMPAGNI DI VIAGGIO apprezzano l'estro di Paolo e dei suoi "virtuosisimi" come pure su LA LEVA CALCISTICA, LA DONNA CANNONE Alessandro Arianti dona quel tocco di classe a dei pezzi già di loro sempre stupendi.
Finalmente il Capobanda ha ripreso in mano più spesso il basso elettrico, lasciando il contrabbasso all'accompagnamento di RIMMEL e qualche altra canzone:un'altra bella novità, direi.
Come pure la Ludwig d'annata di Parenti, in sottofondo sui canali destro e sinistro di LEFT & RIGHT ma ieri in bella mostra, con quel suo fascino retrò e vintage.Bellissimo il suono che "emana" e, in tal senso, ancora complimenti per l'ottimo lavoro dietro la "cabina di comando" a Gianmario Lussana.
Carina la parentesi corale con Francesco, Lucio, Paolo, Guido che tra una strofa e l'altra de IL BANDITO E IL CAMPIONE si lasciano andare a dei fighissimi AUUU AUUU AUUU... .
Eccellenti le interpretazioni di FESTIVAL, con ancora una volta il mandolino di Valle in evidenza....
Adesso, detto tutto quanto descritto fin qui, lasciatemi elogiare lo straordinario talento di Ciccio al pianoforte:l'avevo sentito nel lontano 99 credo,strimpelllare la parte strumentale di ATLANTIDE (e già lì c'era da svenire) ma davvero ieri per due minuti e mezzo sembrava di esser sospesi, tra sogno e poesia, in un vortice di immagini ed emozioni pazzesche.Come rendere un capolavoro ancor più struggente semplicemente sfogando l'immensa classe su quei tasti.Il pubblico quasi silenzioso ha lasciato l'Attore deliziarci con questa autentica perla.
Per chi non l'avesse capito, parlo di SEMPRE E PER SEMPRE:una canzone che avrei voluto ascoltare esattamente così come ieri l'ha eseguita Francesco.
Senza aggiungere niente altro, lascio a voi la possibilità di provare cosa significhi sognare....
Uscire dal teatro con la soddisfazione di aver assistito a uno splendido spettacolo è già di per sè una conquista, dopo due tour nei quali i lampi di novità erano stati davvero pochini.
C'è poco da fare: solo De Gregori riesce -in me- a provocare tutto questo ambaradan di uniche emozioni.
Con liturgica devozione,
(Frank - Rimmelclub.it)

 

CREMONA 16.2.2008

Ieri dalle 21 ha avuto luogo al Teatro Ponchielli di Cremona il concerto del tour teatrale "Left & right" di Francesco De Gregori. E' stata un'esperienza emozionante, il pubblico era un tutt'uno col cantautore, un vero amalgama, e lui era di buon spirito e, insomma, positivo.
Il concerto è iniziato con la trilogia del Titanic: il Titanic, I muscoli del capitano, e L'abbigliamento di un fuochista. Poi è stata la volta della Leva calcistica del '68 e di Battere e levare, dall'acustica molto country. Dopo De Gregori ha eseguito Festival, dedicata a Luigi Tenco: il "giovane angelo che girava senza spada"; forse, il momento più intenso di tutta la serata: la band l'ha suonata in modo molto compatto, con un accordo fra le parti completo ed energico, suscitando vivissima emozione. Da segnalare il mandolino suonato da Alex Valle. Poi è stata la volta del binomio Raggio di sole e Caldo e scuro: nel complesso, delle evocazioni di luce e non luce in un contesto cittadino, con le emozioni che vi si accompagnano. E poi, i classici Natale e Generale. E qui è finita la prima parte del concerto. Non è stata eseguita a questo punto Sempre e per sempre, come invece di consueto nel tour teatrale. La seconda parte inizia con l'altra accoppiata Va' in Africa Celestino, canzone "master" di Pezzi, e La ballata dell'uomo ragno: le canzoni probabilmente sono accumunate da alcuni riferimenti veltroniani, ma non ne sono sicura e non è stato detto chiaramente da nessuno. Mi limito alla cronaca e qui registro alcune varianti, rispetto alla versione su cd, di Va' in Africa, Celestino: "scendi le scale e va' in Africa, Celestino"; "spegni la luce e va' in Africa"; "Butta tutto e va' in Africa"; "Brucia tutto e va' in Africa". Nella ballata dell'uomo ragno alcuni varianti, che ho captato, sono: "Ci guarda con un megafono dall'ultimo piano"; "E' solo un capobanda ma sembra un faraone"; "Si atteggia a Mitterand ma è peggio di Nerone". Poi è la volta di Adelante adelante, Numeri da scaricare (coi virtuosismi energici di Paolo Giovenchi alla chitarra elettrica), Compagni di viaggio (col violino di Bardi non sempre perfettamente allineato coi gli altri; anche in Caldo e scuro è intervenuto col violino), Guanto (con la battuta finale del "guanto incriminato" trasformato in "guanto scostumato"). Ne segue un pezzo che inizialmente sembra avere il medesimo arrangiamento di Compagni di viaggio, e invece poi si palesa come Rimmel, un classico che il pubblica giustamente mostra di amare molto. Il concerto poi volge al termine con una versione molto accattivante di La valigia dell'attore, dove De Gregori depone la chitarra e "abbraccia" una gestualità e mimica teatrale, peraltro molto ben riuscita... Forse Festival e La valigia dell'attore sono i pezzi che ho più amato in questo concerto. Infine, come al solito negli ultimi tempi, il concerto termina con Il bandito e il campione, che, insieme ad Adelante adelante, mi danno sempre una impressione molto padana e quasi emiliana, insomma fanno tanto "pianura fumosa". Il bis è notoriamente dato da La donna cannone, dove De Gregori è accompagnato solo dal bravissimo Alessandro Arianti alle tastiere, e da una versione quasi rockeggiante di Buonanotte fiorellino, dove al solito il cantautore saluta affettuosamente il suo pubblico.
Io non critico mai De Gregori, perché fondamentalmente lo adoro, ma per quanto riguarda questa mia esperienza del concerto cremonese, mi sentirei di esprimere un mio giudizio, anche del tutto discutibile caso mai. C'è stata sovrabbondanza di suoni nel piccolo teatro Ponchielli... La band è molto energica e a volte questa sovrabbondanza di suoni - peraltro bene eseguiti nel complesso - ha un po' coperto la voce del cantautore, o, per così dire, ha distolto l'attenzione dalla sua voce. Ad esempio, uno dei momenti più lirici è stato proprio La donna cannone accompagnata solo da Arianti. Insomma, penso che in un teatro l'eccessiva coralità degli strumenti rock debba essere più saggiamente dosata e centellinata. Alcuni preferiscono l'energia di Giovenchi, alcuni le abili sfaccettature di Bardi... Anche lì si potrebbe dosare e mettere in evidenza una volta l'uno e una volta l'altro. Non sempre per forza tutti insieme appassionatamente, non in un teatro. Detto questo, io torno di nuovo a manifestare tutta la mia ammirazione e il mio affetto per l'intera band.

(lawdymisscloudy rimmelclub.it)

 

FERMO - 10 MARZO 2008

Il concerto è iniziato alle 21,38 in un teatro stupendo come quello dell'Aquila a Fermo [AP] gremitissimo in ogni ordine di posto. Il Principe è apparso subito in forma salutando il pubblico con un: "buonasera a tutti, grazie di essere venuti in questo bellissimo teatro, siamo qui per farvi divertire e siamo sicuri di vincere la scommessa, voi applaudete le mani ...iniziamo così": e Stefano Parenti attacca con la cassa introducendo l'ormai classico pezzo d'apertura del Left & Right Tour ovvero "Titanic" che entusiasma subito il pubblico che ringrazia con un lungo applauso. "I muscoli del capitano" riparte con la versione elettrica mentre "L'abbigliamento di un fuochista" viene proposta in versione incalzante completando la famosa trilogia che non smette di emozionare nonostante gli anni. Personalmente ho rivissuto dei brividi nell'ascolto della "Leva calcistica della classe '68" nella versione classica che non perde di lucidità ma acquisisce ogni volta maggior fascino. "Battere e levare" viene introdotta da un breve arpeggio invece di partire direttamente con la voce come sentito in precedenza. Poche parole bastano a descrivere "Festival" che, nonostante sia leggermente diversa alla melodia originale, commuove per la coerenza nonostante l'oggettività del testo. "Raggio di sole" è una delle mie canzoni preferite, soprattutto ho apprezzato anche in questo caso il cambiamento impercettibile degli accordi e della melodia, e la parte del testo in cui "in mezzo al mare c'è qualche lacrima" invece di "qualche nuvola". Il concerto prosegue con "Natale" che rispetta fedelmente il testo originale e propone una melodia molto più dolce e natalizia della prima versione. "Generale" viene salutata dal pubblico con una grande ovazione, proposta nella sua ormai consueta veste allungata. Un commento a parte merita decisamente "Sempre e per sempre" introdotta dal Principe come "una breve canzone prima della pausa". De Gregori avrà pure suonato il pianoforte non in maniera perfetta, avrà pure sbagliato il testo "e tornano ...e non la smettono mai ...tu non credere se qualcuno ti dirà..." omettendo l'inciso, sarà la presenza di una donna affascinante accanto a me, però è la prima volta che non riesco a sussurrare le parole per quanto sono emozionato ...e credo che questa sensazione l'abbiano provata tutti. Si chiude così la prima parte del concerto che riapre con la cover "Finestre rotte" della dylaniana "The Levee's Gonna Break", comunque piacevole. Uno sfondo rossastro e spumeggiante accompagna l'esecuzione de "La Ballata dell'Uomo Ragno" in cui viene ripristinata la bistrattata strofa originale "E' solo il capobanda ma sembra un faraone, è solo il capobanda ma sembra un faraone, ha gli occhi dello schiavo e lo sguardo del padrone, si atteggia a Mitterand ma è peggio di Nerone", lasciando invece intatta la nuova strofa iniziale "Mamma c'ha il cuore debole e l'alito di tuono". Con il nuovo sound latino-americano viene proposta "Adelante! Adelante!" che non segnala importanti variazioni. "...Ognuno è complice e martire del suo destino..." è una sfumatura della ormai consolidata "Vai in Africa, Celestino!" in cui il povero protagonista "scende le scale" e "brucia tutto". "Compagni di viaggio" esalta molto il pubblico che concorda con un lungo applauso gli accordi iniziali di questa canzone che ormai non varia dalle precedenti versioni se non per "...due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai, potranno scegliere impegni diversi...". A questo punto viene proposta in versione leggermente più lenta "Caldo e scuro" che presenta un quasi impercettibile Lucio Bardi al violino (suonato anche in "Compagni di viaggio") dove "...la tua città prendeva fuoco e galleggiava sotto al sole..." e "...sarà meglio lasciare la tua città prima di domattina...". Si ritorna nostalgicamente al passato con la deliziosa "Rimmel" che strappa applausi a non finire. A questo punto merita qualche parolina in più anche "La valigia dell'attore" che è decisamente sentita dal Principe che con le mani in tasca sembra raccontare la sua vita e quella della sua band ("Eccoci qua", "tutta una grande famiglia"). A mio parere, sicuramente uno dei migliori pezzi da eseguire in un teatro per la sua forza espressiva. Con "Il bandito e il campione" De Gregori si diverte moltissimo rimanendo stupito quando il pubblico resta in silenzio invece di gridare nel suo ormai consueto silenzio nel "...e trovasti la legge...". Sorridente e giocoso presenta la sua band tralasciando Guido Guglielminetti che introduce al pubblico al termine della canzone come "il nostro pastore, non solo maremmano ma anche spirituale". Si chiude così il concerto con un "vi vogliamo bene...buonanotte" tra la standing ovation del pubblico che acclama a gran voce e a suon di applausi il Principe che torna con il solo Arianti per intonare la superba "La Donna Cannone" che personalmente avevo già sentito ma che mi ha toccato il cuore per la sua profondità e nello stesso tempo leggerezza. Subito dopo ritorna la band e De Gregori presenta il suo inedito così: "adesso vi faccio ascoltare un pezzo nuovo, fate finta che lo conoscete già così vi divertirete, la canzone si chiama "Per brevità chiamato artista" che risulta essere un pezzo molto riuscito, a mio avviso (al termine il Principe apprezza l'applauso del pubblico con un "sono contento che vi sia piaciuto"). Il concerto termina con la versione rockeggiante di "Buonanotte fiorellino" in cui il cantante visibilmente contento duetta simpaticamente con l'armonica insieme alla chitarra di Giovenchi. "Buonanotte a tutti" è il saluto che regala al pubblico, in uno stato di euforia generale e di grande apprezzamento da parte della band e dello stesso De Gregori.

 

SCIACCA - 15 AGOSTO 2008

Più che smemorato....indaffarato sugnu!!!!

Comunque, eccomi qua. Non potevo venir meno all'accordo stipulato tra le parti prima del concerto. Il "recensore" dovevo essere io e così sarà.

Inizio col dire che la cosa più bella è stata rivedere i miei amici di sempre del Rimmelclub e cioè Antonetti Puma e Rapisarda (in ordine rigorosamente alfabetico). Questa è la magia del Rimmelclub al di là dell'aspetto musicale che è comunque importante. Il filo che lega le persone che scrivono su queste pagine non si è spezzato nonostante questo forum non sia più quello di una volta.

Che i sampientoni osservino!! Amen....

Al concerto di Sciacca era presente la seguente formazione: Rapisarda (da Catania), Marcellone (da Cefalù), Puma (da Agrigento) ed il sottoscritto (dalla provincia Iblea). Ovviamente erano presenti anche alcune signore, Elisa e Michela per la precisione.

L'incontro è avvenuto nel pomeriggio e, dopo una piccola sosta al bar, comincia l'attesa dell'evento. Attesa che è durata quasi 4 ore visto che ci siamo incollati alle transenne intorno alle 18, manco fossimo fan della Spears!! Ovviamente si è disquisito di tutto, delle nostre vite private, del Rimmelclub, dell'ultimo disco, delle vacanze in corso di svolgimento e del concerto che stavamo vedere.

Ecco che quelle 4 ore sono volate via, come il pavone e come il cardellino ed il sassolino d'oro è arrivato......alle 22 in punto a regalarmi(ci) uno dei concerti più belli dei circa 50 ai quali ho assistito.

Questo signore quasi sessantenne non finisce mai di stupirmi. E' inutile! Ogni volta tira fuori dal proprio cilindro un asso. Ed è sempre quello giusto. Questo signore quasi sessantenne conosce il lavoro che fa. E lo fa con serietà. E lo fa con amore. E lo fa per se stesso. E tira fuori FESTIVAL riarrangiata così. E tu rimani là incollato e stregato da quel "fiume di parole e musica" che ti ammaliano. E vorresti che quel pezzo non finisse mai. Ma finisce, purtroppo. Per fortuna che sul palco c'è lui a regalarti altre perle. Il concerto scorre, senza intoppi. I nostri sguardi di "degregoriani" si incrociano contenti. Ed ascoltano LA STORIA. Da solo al pianoforte con una voce poderosa che arriva lontano. Altri brani. E poi che fa? Chiude con VIVA L'ITALIA. Ancora mi suona dentro quel meraviglioso arrangiamento con cui ha vestito una splendida canzone. Pianoforte nella strofa. Che trovata fantastica.

Questo è Francesco. E solo per questo mi aspetterei più rispetto verso di lui. Soprattutto qua dentro.

Chiudo qui questo post. Gli impegni mi chiamano. Aggiungo solo che quelle ore trascorse insieme agli amici di sempre sono tra le cose più belle che questa estate mi ha regalato. Mi auguro che tutto ciò continui a ripetersi.

Abbracci a tutti.

P.S. Avevo scritto tempo fa un post molto incazzato sulla "querelle" ultimo disco! Alcuni dei moderatori hanno pensato di eliminarlo. Questo (anche) è diventato il rimmelclub. Santa pacienza.....

Saluti, Salvo

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Stavo sotto Ciccio, a circa tre metri, e con lui Deriva l’ho cantata fino alla fine, quasi assieme a lui, fino a…… na-na na, na na na …. na na na na na…

Con i ragazzi ero in pima fila davanti alle transenne fin dalle 18. Che bello fare i pazzi come i ragazzini, cinque ore in piedi escluso il concerto!

Ma potevo non farlo? Non avrei rivisto gli amici, quelli che per un giorno mi hanno fatto proprio sentire “a casa mia”. Erano quelli del Rimmel Club; quelli, come mi ha scritto Frank, con tipiche facce da RIMMELCLAB!

250 chilometri da Catania avrei potuto evitarmeli, ma mi sarei perso il caloroso abbraccio di Marcellone che per vederci è arrivato fin da Cefalù mentre era in vacanza e da dove sarebbe ripartito alle prime ore del mattino per ritornare in sede; grande, grande Marcello! (ma quando me la presenterai Charlize Theron?); e poi non avrei rivisto il sorriso di quella coccolona di Michela, non avrei udito la sua risata argentina che mi accompagnava nei corridoi dell’unico posto che abbiamo trovato per dormire: il Grand Hotel delle Terme, dal sottoscritto subito soprannominato Geriatric Park Hotel per l’eta media dei suoi ospiti: 75-80 anni! Non avrei rivisto “Salvo da Ragusa” che ogni volta, con la sua innata gentilezza, si prodiga in tutti i modi per metterti a tuo agio, sempre. Per chi non lo conoscesse, garantisco che Salvo3 è un gran signore; è che a volte l’apparenza, credetemi, inganna. Fa così perché…… a Catania diciamo che “è lisciu”.

E poi il piacere di rivedere il Prof. Giovanni Puma e la sua Elisa, e infine la grande Martina Cirino che non vedevo dal raduno di Roma.

Un concerto che per me, dando ragione a Salvo, è stato uno dei più belli che ho visto.

Francesco a Sciacca era in gran forma, forse è stato in forma per tutto questo tour. Mettendo da parte quelle elettriche, ha suonato le sue acustiche Martin D42 Black custom e una nuova chitarra simile alla Gibson J45 (io sostenevo fosse quella, ma poi ho dovuto dar ragione a Marcello, dopo averlo appreso da Ale Valle che saluto in diretta); non ricordo la marca, ma devo indagare per l’aggiornamento dell’apposito poster sul Titanic.

La scaletta è simile a tutte quelle che hanno accompagnato De Gregori & Band per tutta l’estate. Grandi le interpretazioni de La Donna cannone al piano, La valigia dell’attore, Pezzi di vetro, L’abbigliamento di un fuochista con arrangiamento alla fisarmonica (con Puma ci speravamo e siamo stati accontentati), Cercando, La storia e appunto Deriva. Quella che non mi sarei aspettato di sentire a un suo concerto è Capo D’Africa. Grande, grande interpretazione da parte di tutta la band!

A distanza di quasi un mese ricordo ancora quel giorno con i miei fratelloni, alla mattina seguente quando ci siamo salutati. A quando per strada, dalle parti di Caltanissetta, mi sono fermato in un bar per chiedere un Biancosarti e Gin, con ghiaccio e senza limone. Sono stato servito con un Biancosarti liscio, caldissimo e affogato in fette di limone. Il barman stava per ricevere un cazziatone, ma è stato salvato da un sms di Marcellone: “tutto bene?”.

Sì Marcello, sto bene, sempre benone, benissimo insieme a voi. Grazie.

Il biancosarti l’ho bevuto così com’era. Praticamente una ciofeca!

Mi sono fermo un attimo per salutarvi. Quando si parte per un posto lontano, specialmente per un uno di quelli che sogni fin da bambino, bisogna salutare i parenti stretti. E voi questo siete.

Mimmo Rapisarda

 

ROMA - 1 MAGGIO 2009

Un concerto molto bello, a mio parere. Anche se forse non preparato alla perfezione. Tanti ritmi popolari, pizzica, taranta, divertimento. Sparagna in grandissima forma, accompagnato da musicisti e cantanti di ottimo talento (in particolare un contrabbassista virtuoso e un cantante potente, di cui cercherò di scoprire i nomi). Ospiti dell'Ambrogio diversi artisti, un gruppo popolare abruzzese (i Discanto) ha aperto il concerto, dedicato, oltre che alla festa del lavoro, alla regione vittima del terremoto. Poi un mandolinista salentino (i nomi delle presentazioni di Sparagna non si sentivano bene, fra i problemi tecnici), un gruppo valdostano che cantava in provenzale, due cantanti siciliani molto molto bravi (da brividi un pezzo chitarra e voce sulla strage di Portella della Ginestra). Poi Andrea Satta dei Tetes de Bois che canta un pezzo commovente di Matteo Salvatore (in cui un contadino chiede al proprio padrone di essere sfruttato fino alla morte per garantire il bene e il riscatto dei suoi figli).
A seguire Cristicchi, che ha sfoderato una voce adatta ai pezzi popolari e una notevole presenza scenica. Gli hanno affidato due pezzi molto coinvolgenti (fra cui poi il pezzo finale corale) e non si è provato con cose sue, ma sono rimasto favorevolmente colpito.
Suo lo slogano che condivido appieno: "il vero primo maggio rock è quello di Ambrogio Sparagna!".
Entrano in scena quindi 4 "poeti improvvisatori" che alternano ottave ed endecasillabi dedicate ai lavoratori e alle loro sofferenze di sempre.
De Gregori entra in scena a metà concerto con un'ovazione del pubblico, preceduto dai 40 elementi di un coro popolare. Attacca deciso L'abbigliamento di un fochista, armonica in pugno. La gente ascolta quelle parole, ha ragione Sparagna a dire che sono entrate di diritto nel repertorio della musica popolare italiana.
Poi Viva l'Italia, in una versione molto simile all'originale, con le fisarmoniche e i fiati a suonare il giro fra le strofe come su disco. Nota stonata l'ultima strofa, affidata al coro, che sbaglia intonazione, attacco, qualcuno sbaglia pure le parole...Poi i 40 componenti non hanno microfoni personali, ma solo 3 microfoni panoramici, quindi si sente pochissimo, insomma un mezzo disastro Ma si vede che non sono professionisti e va benissimo così.
De Gregori resta sul palco per un pezzo popolare salentino (non saprei dire quale), di cui canta a tratti le strofe alternandosi con altri, sembra molto coinvolto, saluta tutti ed esce fra gli applausi.
Poi è la volta addirittura di Sparagna a cantare, si chiude in crescendo fra assoli di mandolino e contrabbasso, fino al pezzo corale cantato da Cristicchi.

Acustica della sala da rivedere, microfoni settati malissimo, coro disastroso, una certa improvvisazione...non guastano certo un concerto che alla fine ci vede sotto al palco a zompettare. De Gregori non esce a salutare, forse è già a cena, forse non vuole rubare applausi a tutti gli ottimi musicisti e all'amico Sparagna.
Il 29 di giugno Sparagna sarà nuovamente all'auditorium per una serata dedicata alla taranta, sarebbe bello poterci tornare.

 

SOLFERINO - 24 GIUGNO 2009

La serata inizia con la proiezione di un filmato che promuove il paesaggio dei comuni che hanno organizzato l'evento. Poi alcuni rappresentanti locali e regionali presentano l'evento, seguiti da un rappresentante della Croce Rossa Italiana che riassume l'importante lavoro fatto in svariate occasioni e, aiutato da un rappresentante del governo georgiano, consegna medaglie ad alcuni lavoratori della Croce Rossa.
Dopo circa mezzora di discorsi non privi di retorica, il palco si svuota ed entrano i musicisti, ma le luci si spengono per lasciare la scena ad un filmato. Il filmato è fatto molto bene: riesce a far sì che lo spettatore si senta nel bel mezzo della battaglia di 150 anni fa. Alcune brevissime frasi che spiegano in ordine cronologico quanto è accaduto compaiono qua e là sullo schermo come se fossero scritte con una macchina da scrivere, alternandosi a sagome nere di soldati, colline, armi, prati, guerra, pioggia. Veramente toccante.
Al termine del filmato, inizia il concerto. Sul palco si alternano Lucio Dalla e Marco Alemanno: ogni volta, Lucio Dalla introduce il pezzo successivo cercando di spiegare il perché è stato scelto, cosa racconta, e pensieri vari. Marco Alemanno recita con voce solenne dei brevi brani risalenti ai giorni immediatamente successivi alla battaglia e rielaborati dal Roberto Roversi, sapientemente arricchiti da sottofondi musicali di un quintetto d'archi. Lucio Dalla canta canzoni più o meno legate all'argomento della serata.
A metà concerto, Lucio Dalla presenta De Gregori come il più grande cantautore italiano, suo grande amico che stima molto, ecc ecc... a tal punto che, quando entra, De Gregori saluta il pubblico e si affretta a dire che non ha pagato Dalla per tutti quei complimenti.
De Gregori non è Dalla: non dice quasi niente (i testi delle sue canzoni sono già sufficienti, non c'è altro da aggiungere), canta divinamente ed incanta il pubblico.
Esordisce con una canzone appropriata alla serata: "La storia", accompagnata solo dal pianoforte di Arianti e dal quintetto di archi. Splendida. Il pubblico ascolta in un silenzio contemplativo. Quando finisce, De Gregori prende su una chitarra e annuncia la canzone successiva dicendo: "E' da molto tempo che non la faccio così, in un modo così semplice". Accanto a lui, vicino al pianoforte, rimane solo Arianti con la fisarmonica tra le braccia. De Gregori fruga nelle tasche del suo abito, ma non trova nulla. Attende un attimo e un tecnico corre da lui porgendogli un plettro; inizia così a suonare "Generale" in una versione molto simile all'originale. Anche questa canzone appare molto gradita al pubblico.
Per eseguire la canzone seguente, gli strumenti diminuiscono ancora e rimane solo Arianti al pianoforte. L'attacco di pianoforte è forse il più famoso di tutte le canzoni italiane, infatti tutto quanto il pubblico mostra di averlo riconosciuto facendo un forte applauso. Dopodiché, cala il silenzio più profondo. Non vola una mosca, mentre De Gregori canta "La donna cannone". Tutti trattengono il fiato fino alla fine e le luci del palco creano un'atmosfera che contribuisce a far gustare appieno la sublime interpretazione di De Gregori. Un'interpretazione che fa venire la pelle d'oca.
E così, lo spazio concesso a De Gregori termina. Lucio Dalla risale sul palco insieme a Marco Alemanno e tutto torna come prima. A questo punto una discreta parte del pubblico inizia ad andarsene; ma chi resta è ricompensato nel finale. Dopo l'ultima canzone, Dalla incomincia un discorso che porta a termine con difficoltà, inframezzato pure dalla presentazione di tutta la sua band. L'incipit è però promettente: racconta del tour di Banana Republic, che dopo quell'occasione lui e De Gregori si sono visti raramente e che il primo concerto di quel tour fu a Savona il 24 giugno 1979, esattamente 30 anni fa...
Infine, annuncia che lui e De Gregori stasera canteranno ancora insieme una canzone. Fa salire sul palco De Gregori, mentre presenta la canzone che si accingono a cantare come "la più bella canzone mai scritta dal dopoguerra". E' "Santa Lucia". Dalla e De Gregori si alternano a cantare pezzettini di canzone. Il risultato finale poteva essere migliore, dato che Dalla canta in un modo (quasi biascicando le parole) e De Gregori in un altro (scandendo bene le parole e cercando di rimanere fedele alla versione originale): io sono di parte, ma quando canta De Gregori è tutta un'altra musica. La canzone è veramente bella e a tratti (quelli cantati da De Gregori) molto intensa.
Finisce così la serata, con Dalla e De Gregori che si stringono la mano, si abbracciano e baciano, per poi uscire di scena. Mentre il pubblico abbandona la piazza, Dalla e De Gregori risalgono sul palco, da soli. Ma non è per cantarne un'altra. Dalla ringrazia tutti quanti per la serata e ricorda che i testi erano del grande scrittore Roberto Roversi, che per ragioni di salute non ha potuto partecipare alla serata. Dopo Dalla è il turno di De Gregori, che dice una frase al microfono... peccato che fosse spento, così non si è sentito nulla! Ringraziano ancora il pubblico ed escono di scena definitivamente.

La serata è stata sicuramente interessantissima, voleva far riflettere senza essere pesante. Davvero ben riuscita: il filmato iniziale sulla battaglia, i testi di Roversi, i commenti introduttivi di Lucio Dalla, le interpretazioni di De Gregori... tutto perfetto.
L'unica cosa che mi è piaciuta poco è rappresentata dalle canzoni di Lucio Dalla, che trovo in alcuni punti banali, troppo macchinose, artificiali... ma questo è solo un mio giudizio personale.
Insomma, tutto sommato una serata particolare, irripetibile, che sono felice di aver vissuto... e con un De Gregori in ottima forma.

(Turo81 - Rimmelclub)

 

CREMA - 2 LUGLIO 2009

Paolo Vites

È quasi una prova pubblica, è quasi un concerto segreto. È la “data zero” della nuova serie di concerti che Francesco De Gregori terrà su e giù per l’Italia nei prossimi mesi.
Nessun disco nuovo da promuovere, come fanno tutti i suoi colleghi, nessuna ansia da prestazione e l’obbligo di riempire uno stadio o chissà quale arena dei tempi antichi. Solo il gusto di suonare e di incontrare la gente.

A Crema, nella splendida cornice di un piccolo spazio all’aperto (un migliaio di spettatori, tutto esaurito) ricavato tra le mura di un antico convento medievale, a misura d’uomo, dove la musica si può ascoltare veramente e vivere veramente, senza resse, si esibisce il cantautore romano.

La sorpresa è vederlo iniziare in completa solitudine, come non accadeva da decenni, seduto su un seggiolino, la chitarra e l’armonica al collo. Come ai tempi del Folk Studio, lì a Trastevere, dove a fine anni Sessanta cominciò la sua avventura. In sequenza Caterina, La casa di Hilde (dal suo primissimo album, quello di Alice, 1973), Pezzi di vetro, Vai in Africa, Celestino e Generale.

Non ci sono altri in Italia che possono tenere così la scena da soli, davanti a mille persone, con carisma e autorevolezza e canzoni così belle che non hanno bisogno di trucchi e rivestimenti sonori. Solo il Fabrizio De André che oggi non c’è più poteva fare altrettanto.

Nella loro nudità, le canzoni di De Gregori mostrano tutta la forza compositiva, l’incanto di una poesia sonora senza paragoni. Poi arrivano “i musicanti”, e il consueto sound elegante, tra blues, rock e spruzzate di folk nord americano si impossessa della notte di Crema.

Come grida uno spettatore a un certo punto, “Suonale tutte, Francesco!”; il suo songbook è talmente vasto che può permettersi di scegliere qua e là perle antiche (Atlantide, da "Buffalo Bill", 1976) o nascoste (Deriva, da "Amore nel pomeriggio", 2001) o classici senza tempo (Rimmel).

Cantautore? Musicista diremmo, e il modo in cui rende l’inno alternativo Viva l’Italia un delicato valzer pieno di commozione - togliendo la patina di retorica che lo avvolgeva - dimostra tutta la sua capacità di vivere la musica come cosa viva, da plasmare e rinnovare secondo gli umori.
Se la band scalda i motori del rock con una ruggente L’agnello di Dio, lui risponde sedendosi al pianoforte e rilasciando una toccante Sempre per sempre seguita da La storia.

Poi, in piedi davanti al microfono, le mani in tasca, la canzone che è manifesto di un modo di intendere questo lavoro come passione per l’incontro, quello con chi ti siede di fronte: La valigia dell’attore è davvero una delle più belle canzoni della musica italiana di ogni epoca, così come La leva calcistica del '68.
Salutando tutti con una deliziosa, a tratti irriverente, a tratti con il cuore in mano, Buonanotte fiorellino.

 

 

 

Casoni - 25 luglio 2009

Ieri alle 19.58
Ogni concerto di Francesco De Gregori ha una sua Storia, si porta dietro una valanga di emozioni, come ben si può dedurre da quanto scritto sopra, ma vale la pena raccontarvi la Musica, cosa c'è di nuovo (e non è poco) in questo tour estivo 2009...
Se volessimo prendere una canzone ed ergerla a manifesto della straordinaria voce di De Gregori, dell'intero spettacolo, beh di sicuro è FESTIVAL: vero, è dal 2007 nella scaletta ma, credetemi, ogni volta riascoltarla mette i brividi, come se si creasse una specie di simbiosi tra il Cantante (totalmente immedesimato nel personaggio)la Band (magistrale)e il Pubblico (assorto).
Voglio essere dannatamente ripetitivo e scriverlo ancora: l'assolo di Lucio Bardi con la chitarra elettrica è divino.Sembra davvero un lamento, un urlo, sembra il "giovane angelo" che parla....
 Continuando, passando in rassegna le altre canzoni, un giusto riconoscimento va all'iniziale set acustico: per chi come me non lo ha visto ai tempi del Folkstudio, o successivamente, ma ricorda soltanto l'intro del tour 2001, è uno scoprire il De Gregori delle origini: quel modo strano di suonare la chitarra, quelle pennate anomale, l'armonica a bocca, una voce perfetta...volano via velocissime CATERINA, PEZZI DI VETRO, VAI IN AFRICA CELESTINO, L'ANGELO DI LYON (con tanto di lunga spiegazione...) ed infine quel coniglio pescato dal cilindro, anzi quei QUATTRO CANI per strada, un autentico regalo, una "chicca": di certo un privilegio poterla risentire a distanza di tredici anni dall'ultima volta.
Il pubblico è in estasi, Francesco è divertito, compiaciuto, soddisfatto...si alza dalla sedia ed aspetta la Banda.
CAPO D'AFRICA dà la possibilità ai musici di scaldare i motori al sole dell' equatore (stavolta non c'è lo xilofono...); TITANIC è un tripudio di corde: alle sei dell'acustica di De Gregori si sommano le dodici di quella di Bardi ed altre sei dell'elettrica baritonale di Giovenchi; DERIVA mi riporta indietro di un anno, ad un altro concerto splendido e a tanti ricordi belli; FESTIVAL come detto merita storia a parte; LA LEVA CALCISTICA risulta modificata nell'intro del pianoforte e non segue la melodia originale, con Giovenchi che accompagna all'acustica solista.
RIMMEL è un classico, ma non per questo annoia, proprio perchè la sua bellezza è al di fuori di ogni logica, e la ascolteresti sempre: sempre Giovenchi con l'acustica la suona in SOL, col capotasto, perchè l'accordo originale è il DO...e Lucio "Violino" Bardi accompagna...come anche nelle successive CALDO E SCURO (stavolta c'è anche Arianti al pianoforte) e BATTERE E LEVARE (sempre una delle mie preferite).
L'accordo di FA maggiore è inequivocabilmente sintomo di città ideali, utopiche, scomparse ma "ancora vive nella mente": così leggera, inafferrabile, veloce, scorre ATLANTIDE.Suonata sommessamente, in silenzio...Giovenchi accompagna all'acustica lo scandire delle strofe, Arianti ci mette del suo nel renderla gioiellino, la batteria silenziosa di Stefano Parenti tiene il tempo all'uomo di passaggio.Intanto il pubblico applaude, applaude, applaude...
Come un fulmine irrompe in tutta la sua potenza L'AGNELLO DI DIO, grande prova corale della Banda: il basso del Capobanda scaglia tuoni portentosi e poderosi.Solo Francesco mantiene l'acustica...per il resto è un tripudio di Stratocaster e affini...
Dopo la scossa rock, Lui decide che, calcolando dieci minuti di orologio, in questo tempo puoi mandare a fanculo la realtà, "chiudere gli occhi e cominciare a sognare, cominciare a volare": non sono storie di ieri, è la magia di un pianoforte, di una voce perfetta, di due meravigliose storie d'amore.
Una, SEMPRE E PER SEMPRE, affida ad ognuno (a chi le sa colorare...) cascate di immagini nitide...l'altra, LA STORIA, suonata con disincanto, è l' Amore per la Memoria...prologo per una "canzone su un Paese che sta per scomparire, a differenza di Atlantide, già scomparsa"...
Così l'Italia liberata è una lenta nenia, un sofferto ricordo della nostra Costituzione e persino l'ultimo verso viene lasciato scorrere via..."..l'Italia che resiste" è figlia di anni passati...: arrangiamento davvero molto bello, a parer mio.
Ci si avvia verso la conclusione con la dichiarazione dei redditi degli Artisti, la carta d'identità di De Gregori: LA VALIGIA DELL'ATTORE (secondo me) è una di quelle canzoni sempre stupende, da non togliere mai dalla scaletta.Sostituisce, in musica (e che musica!) tutte quelle ovvietà raccontate tra una canzone e l'altra dai cantanti "normali"...
Si continua con "una canzone sullo sport..." e parte IL BANDITO E IL CAMPIONE: novità non di poco conto nell'arrangiamento...
I bis sono la degna conclusione di una serata magica: LA DONNA CANNONE e BUONANOTTE FIORELLINO ci dicono di un De Gregori sublime, che unisce alla sempre più manifesta voglia di suonare e divertirsi una Voce incredibile.
Insomma, se vi capita, andatevelo a sentire....

(Francesco Corallo)

 

 

PIANCAVALLO - 26 LUG 2009

 

 

FOGGIA - 5 set 2009

Cosa dire ragazzi, il concerto di ieri mi ha riconciliato con De Gregori e con una passione ormai "vecchia" di 15 anni. Non assistevo ad uno show del Nostro da un bel po' di tempo (a parte la breve parentesi del Primo Maggio di Sparagna quest'anno) e c'è voluta un po' di sana energia ereditata dall'estate (e dalla stizza che stia finendo) per andare sino a Foggia. Un grazie all'amico Frank che mi ha spinto a muovermi e con cui è stato piacevolissimo passare la serata.

Lo scenario è inaspettatamente suggestivo. Passata la paura maltempo (è piovuto fino alle 20 quasi, ritardando le prove), abbiamo assistito al concerto con una luna quasi piena sopra di noi e lampi continui all'orizzonte. L'anfiteatro molto semplice ma accogliente, dagli spalti non siamo molto lontani dal palco.

Sapevo del set acustico iniziale, ma credetemi, ascoltarlo di persona è tutt'altra cosa. Si comincia con Quattro cani: quello che si nota subito è la padronanza del Nostro con lo strumento, De Gregori è tornato a fare il chitarrista, e come sappiamo è un grande chitarrista. Suoni puliti, cambi di velocità, pause ad effetto, bellissimo.
Segue la breve presentazione de "L'angelo di Lyon", prima delle due sole parentesi parlate. "La canzone parla di come l'amore fa impazzire le persone".
Poi, "La casa di Hilde". Il classico pugno nello stomaco. Anni fa, ai tempi della passione adolescenziale, era uno dei pezzi che più anelavo ascoltare. E mi ricordo, durante le lunghe attese in fila fuori ai cancelli, insieme a un paio d'amici poi persi nel tempo, le invettive contro Guglielminetti, colpevole di arrangiare il pezzo in quella maniera tirata, con quell'orribile riff di mandolino fra le strofe al posto dei meravigliosi vocalizzi.
Chissà come avrei reagito allora all'ascolto della versione di ieri sera, così simile all'originale. Finger picking perfetto, appunto i vocalizzi, anche più curati, persino una variazione di accordi, seppur lieve, che gradisco. Espressione abusata ma in questo caso vera: da brividi.
Pezzi di vetro: il momento in cui più apprezzo il lavoro fatto dal Nostro sullo strumento. Ricordo altre versioni live con qualche lieve imperfezioni. Ieri niente sbavature, una chiusura con piccolo assolo. Sul pezzo in sé poi non si discute.
Ero curioso di ascoltare "Vai in Africa, Celestino" in questa insolita versione chitarre e voce. Bella, veloce e tirata, un pezzo proprio riuscito, ad onta di qualche ironia quando uscì su disco. Qui il Nostro inforca l'armonica e ci dà dentro.
L'altra sorpresa della serata è "Compagni di viaggio" in versione acustica. Partita a ritmo sostenuto, con quella capacità inimitabile del Nostro di far rientrare i versi dentro le battute e rendere impossibile cantargli dietro, rallenta all'improvviso, per far spazio ad un grande assolo di armonica. Rimane lenta per l'ultima strofa, dove è improvvisamente più semplice stargli dietro. Applausi.

Entra la band. Nota di colore: siamo seduti nei pressi di una signora immagino sulla sessantina che salta in piedi ad applaudire e a gridare "bravoooo!" non appena capisce quale pezzo si sta suonando. Impazzisce in particolare sui classici che vengono con il gruppo, "Atlantide" in particolare. Insomma, non siamo così pazzi noi "giovani" fan.

Della bravura, e dei limiti, se vogliamo, della band si è detto tanto su questo forum. Mi limito ad annotare le variazioni che ho notato rispetto ai concerto più recenti cui avevo assistito.
Giovenchi mai così tanto con una chitarra acustica in mano, a lavorare di fioretto e non di spada. Bardi invece stupisce con gli assoli all'elettrica, col violino su "Battere e levare" e "Rimmel". Arianti sempre meglio al piano, specie su "Capo d'Africa" (altro tuffo nel passato per come è ricostruita al meglio l'introduzione strumentale), diverte con una intro "boogie woogie" su "Titanic". Parenti preciso e compatto, si nota sulla splendida "Festival", dove spicca anche il mandolino di Valle.
Di De Gregori si deve notare che canta sempre meglio, in particolare su "Deriva". Impeccabile e professionale come forse non lo immaginavo più.

Altro momento forte del concerto. Il Nostro si siede al piano mentre i musicisti abbandonano il palco. Partono gli accordi di "Sempre e per sempre" (l'attempata fan al mio fianco scoppia a urlare: "La donna cannoneeee!!!!", vabè...). Qui forse c'è l'unica sbavatura, il Nostro si perde un accordo ma rimedia benissimo rallentando e letteralmente recitando il primo ritornello. Gli applausi si sprecano.
Alla fine del pezzo nessuna pausa, De Gregori subito vira verso gli accordi de "La storia siamo noi", anche questo in versione molto simile all'originale. Alla fine in molti sono ad applaudire in piedi.

Rientra la band per qualche classico. Forse "Viva l'Italia" è il pezzo il cui arrangiamento mi convince di meno, con uno strano coretto collettivo che mi strappa un sorriso.
Da notare il secondo ed ultimo breve discorso del Nostro, una sparata dura contro coloro che seguono tutto il concerto con la telecamera in pugno, con le lucine rosse puntate in faccia ai musicisti. Toni molto aspri ("tornate pure a casa col vostro santino in due dimensioni, contenti voi", ma sostanzialmente condivido.

Il buon umore in ogni caso torna subito: su "La donna cannone", nei bis, c'è un tipo che nel silenzio delle pause del pezzo grida come un pazzo "Generaaaleeeee!!". De Gregori mima di sparargli con un fucile e sorride. Poi "L'agnello di Dio", solita versione tirata, bellissimo, il pezzo su cui più mi piace cantare sopra ai concerti. Chiusura con "Buonanotte fiorellino", finalmente in 3/4. Però più che la canzone ci godiamo gli scherzi del Nostro, che più volte si ferma di colpo ingannando band e spettatori che intanto si sono affollati sotto al palco.
Chiude con un beffardo "Speriamo di avervi fatto divertire".

Concerto di grande livello, con una band che "suona" tutti i pezzi, con assoli, botte e risposte, versioni sempre diverse da quelle dei dischi. Ormai credo di aver ascoltato almeno 10-15 versioni differenti per alcuni pezzi più frequentati. Mai uguali 2 volte. Certo gradirei qualche classico in meno, ma è in ogni modo un piacere.

La serata si chiude al paninaro, fuori ai cancelli, con una lunga chiacchierata con Alessandro Valle. Si parla di tante cose, dalle moto alle chitarre ai musicisti...molto stimolante e Valle molto simpatico. Riporto solo la sua genuina espressione a proposito di Compagni di viaggio, che "il Capo", come chiama De Gregori, suona solo da 2 sere in quella veste. Dice qualcosa come "Cazzo quanto è bella, me fa uscì pazzo". E "il Capo c'ha una marcia in più".

 

Antonio Perillo - rimmelclub.it


NOCI - 23 AGOSTO 2009 (Frank Corallo)

 

 

 

MESSINA - 23 SETTEMBRE 2009

E’ un consiglio che dò a tutti i miei amici appassionati di Ciccio: non portatemi con voi ai concerti di De Gregori. Con me ci si perde per le strade di campagna, di notte, o si rimane bloccati per contrattempi. Praticamente sono una sfiga per i miei compagni di viaggio!
Ma soprattutto con me pioverà, pioverà a dirotto. Qualche giorno prima qualcuno si lamentava nel forum per le cattive previsioni meteo di Foggia. Poi la sera è filato tutto per il verso giusto, non ha pioviuto e ho letto che la gente si è divertita, all’aperto. Ma io non c’ero!
Nonostante l’amico Maurizio Arena mi confermasse rosee aspettative per il 23 settembre a Messina, io ero già convinto del contrario: no, non è possibile che sarà sereno, pioverà, ne sono certo. Mi rovinerà anche questa. L’avevo già scritto l’altro giorno: in vita mia la pioggia mi ha rovinato di tutto; una sorta di nuvoletta fantozziana mi cerca dall’alto come un satellite quando sto per uscire di casa. Infatti, appena l’ha saputo si è messa in moto e puntualmente è arrivato il cambio di location.

Con gli amici di Ragusa (fra i quali un noto Salvo3) ci avviamo a Messina dove incontriamo Mauro Arena e signora, sua madre e il mitico padre chiamato dal sottoscritto Mr. Zimmy per via della sua leggendaria passione per Bob Dylan.
Quattro chiacchiere con Alex Valle, un saluto a Guido e poi, “sempre sotto la pioggia”, all’interno del Vittorio Emanuele, storico teatro sul lungomare messinese rimasto in piedi dopo il terremoto del 1908, il cui interno è stato completamente sventrato, ricostruito e ristrutturato. Un piccolo gioiello acustico con 1.000 poltroncine tutte raccolte sotto un grande soffitto dipinto dal grande Renato Guttuso nel 1985.
Vi risparmio l’avventura del viaggio di ritorno a Catania e a Ragusa (c’era presente il sottoscritto, quindi poteva capitare di tutto) sotto un nubifragio abbattutosi sulla A18, così violento ed abbondante da non farci vedere niente oltre il parabrezza. Alle tre del mattino, due ore dopo il nostro passaggio a 40 km. orari, su quelle strade si è abbattuta la nota frana che ha scollegato Catania e Messina per due giorni.
Adesso che siamo all’asciutto….. passiamo al concerto.
In perfetto orario, alle 21.30, entra Francesco fra gli applausi. In gran forma, con un abbigliamento che mi ricorda vagamente certi jazzisti che facevano la spola fra Cuba e la Florida suonando Porter e Miller o, che so, una figurina che fuma le Camel impressa sulle scatole di latta americane degli anni Quaranta.
Dopo l’inchino di benvenuto, un faro si adagia su di lui, ed è da solo. Si intravedono soltanto le linee della sua dinoccolata figura che alterna le due Gibson con l’armonica a bocca. E con questo piccolo quadretto si comincia la prima parte, tutta acustica.
“Questa è una canzona dedicata a una grande cantante, che molto tempo fa accompagnai in giro per l’Italia come chitarrista. La canzone si chiama Caterina.”
Poi Quattro Cani e Pezzi di vetro, suonate e cantate in modo magistrale, senza nessun accenno di svogliatezza, di noia, di fretta. Quel signore con il Borsalino in testa sa ancora suonare eccome, come una volta; sa ancora cantare eccome, come una volta. E, non me ne voglia, me lo sono goduto da buon Talebano eccome, come una volta.
Le due canzoni, che sembravano uscite direttamente dall’LP della RCA, sono state interpretate come ai tempi di Rimmel, con quell’arpeggio particolare di cui mi innamorai 35 anni fa e grazie al quale sono ancor oggi qui a parlare di colui che lo ha manovrato, quell’arpeggio. Anche Francesco sa bene che queste due perle, quegli accordi, quelle dita posizionate in un certo punto della testiera, sono il frutto di quel miracolo avvenuto quando lui era aveva intorno a vent’anni e le geniali molecole della sua fantasia giravano a mille sulla maccina da scrivere e sul pentagramma. Allora pensò che dovevano essere suonate così; col tempo si è divertito ad arrangiare, a rocckettare, stravolgere, a capovolgere; insomma, il giovanotto si è divertito. Con la maturità ha capito che il prodotto migliore è sempre quello costruito da giovani, quando a volte certe emozioni ti fanno produrre autentici capolavori. Puoi modificarli, arrangiarli diversamente, svuotar loro le tasche mettendoli a testa in giù, ma alla fine si torna sempre al passato.
”Quest’altra canzone parla di un ricco stregone, che era innamorato di una donna……..”
Mentre Francesco spiega, dalla sala arriva una voce “L’Angelo di Lyon”!
“Bravo!!! Il nostro amico ha vinto….. cinque minuti di silenzio!” la risposta di Francesco. Risata generale (tranne lui).
Arriva tutta la band. I loro volti, i loro strumenti, i loro movimenti mi sono ormai familiari; è un piacere rivedere questi ragazzi almeno una volta all’anno come quando si salutano i compagni di classe a settembre. Con questa straordinaria band che ormai da anni suona a memoria, che è ormai capace dl leggere gli spartiti pure dentro la testa del Capo, che è addirittura in condizioni di anticipare anche le sue bizzarre interruzioni, il concerto continua con Finestre rotte e poi, tutte d’un fiato, un’incantevole Atlantide, Viva l'italia, Compagni di viaggio, Caldo e Scuro, Vai In Africa Celestino e una soroprendente Capo d’Africa, con atmosfere, colori e arrangiamenti che sembrava di essere all’Avana.
“La leva calcistica della classe '68”. Ciccio arriva fino a “….un giocatore lo vedi dal coraggio,
dall'altruismo e dalla fantasia” e una piccolissima pausa. Non gli è stato più possibile proseguire perché viene anticipato dal solito signore in sala che si mette a cantare a squarciagola: “……..e chissà quanti ne hai visti, quanti ne vedrai……”.
A quel punto Francesco interrompe la canzone e dice “Eh, no! Legatelo! Lo chiedo, per favore, a chi gli è seduto vicino!” Altra risata, tranne noi che, conoscendo il Maestro, sapevamo che in quel momento stava per esplodere e che sarebbe sceso in sala prendendolo a calci sulle gengive.

Ma la serata non è nervosa, qualcosa rimane, e infatti arriva Rimmel e Festival con uno straordinario assolo di Bardi che mette i brividi addosso. Lucio si ripete durante l’esecuzione di Battere e levare, stavolta con intensi virtuosismi country al violino elettrico. Poi Titanic e Deriva che arrivano di colpo assieme, come un omaggio al Nostromo.
Poi Francesco si siede al pianoforte. E’ di buon umore, guarda la sala per cinque secondi e dice “mbè”? E si mette a ridere. E quindi ci racconta una storia che dà i brividi, che entra dentro le stanze, le brucia. Che dà torto e dà ragione, perchè nessuno la può fermare.
Ma che bel racconto, che concerto, che bello … come mi sto divertendo beato e seduto in seconda fila, senza muovermi da destra a sinistra come un dannato. Al contrario dello scorso anno a Sciacca, questa volta non ho voluto portare la fotocamera per godermi al meglio lo spettacolo, senza avere l’ansia del risultato, esposizioni, tempi di apertura, iso e diaframmi. Ho fatto il semplice spettatore, anche se devo ammettere che l’altra sera sarebbero venute fuori fotografie spettacolari perché chi ha progettato le luci di questo tour è stato davvero bravo: affascinanti, colori bellissimi che assieme alle musiche avvolgono i musicisti sul palco in un tutt’uno davvero magico. Complimenti al tecnico.
Dal buio si alza una lira: “Eccomi qua!”. Più il tempo passa e più questa grande canzone, anziché cantata è recitata, narrata in ogni riga, riferita agli ascoltatori, spiegata in ogni dettaglio. Ormai Francesco la mima in una maniera così teatrale che chiunque riuscirebbe a capire il significato del testo. Ogni volta lo vedo muoversi con una gestualità ancora più raffinata, più professionale. Più che cantante, sta diventando sempre di più attore e sembra essere proprio lui il protagonista della canzone. Accompagna le parole con mosse ed espressioni che ti proiettano dall’ultima fila dritto fino al camerino già vecchio, facendoti vedere tutto in home theater: il lavandino, lo specchio, il manifesto, il padre, la figlia.
Siamo incantati sulle note finali, si entra quasi nel mondo irreale di Francesco, la sua musica ci scardina dalle poltrone e ci solleva fino al soffitto dove è raffigurato il canto delle sirene dipinto del grande pittore siciliano. Quasi in catalessi, come tritoni volteggiamo attorno a quelle figure nel mare azzurro, sostenuti dalle note che il mito che sta otto metri più sotto, ci lancia continuamente.
Ma non sarà il canto delle sirene che ci addormenterà, noi lo conosciamo bene, l'abbiamo sentito già! Infatti veniamo bruscamente svegliati dalle squillanti chitarre di Giovenchi, che da dietro la curva ci preannuncia la volata country di un ciclista chiamato Pollastri. Ed è festa!
Appena lasciato quel briccone di Sante, Ciccio presenta la sua band, quindi si avvicina al microfono, si toglie il cappello mettendolo al petto, si inchina e dandoci la buonanotte ci confessa l’emozione particolare che prova ogni qualvolta mette piede in Sicilia. “Bravi, complimenti per questa vostra bella terra!”. E se ne va, ma non è vero.
Eh no, caro mio, esci. Esci, che qui ti reclamano a gran voce (non capirò mai il significato dei bis)
Al rientro, con al piano Arianti, esegue la Donna cannone come solo lui sa fare. Poi l’Agnello di Dio ed infine una Buonanotte fiorellino suonata come negli anni Settanta, in modo classico. Però siccome il Capo ha voglia di scherzare, manda in tilt la band quando deve riattaccare a cantare. Tutti i musicisti ridono per le sue birichinate, compreso il capobanda che, a detta di Ciccio, stupisce sempre di più.
Fra le bellissime note di questo immortale walzer, il Maestro getta il plettro ancora bollente davanti a sé e si allontana definitivamente dietro le quinte.
Ah, questo pubblico pagante, quante ne deve subire!
Tempo fa, Francesco storceva la bocca quando un applauso del pubblico sottolineava la passione per lui proprio al punto della famosa strofa. Oggi, forse perché è ormai consapevole di essere un monumento della canzone italiana, quell’applauso quasi lo pretende, e lo chiede con forza incitando la platea con le sue lunghe braccia, perché ha capito che non si può più trattenerlo, quell’applauso; non si possono tenere le mani ferme nè davanti a una bellissima canzone, né davanti a una leggenda del genere.
Quel pubblico pagante ha voglia di sottolinearlo sempre, con un applauso, il tuo nome che scintillerà. Per tanto tempo ancora.
Grazie ancora una volta, Francesco! E che Dio ti benedica.
Mimmo Rapisarda (pubblicato su Rimmelclub.it 25.9.2009)

 

GALLUCCIO - 26.9.2009

Chissà quanto ho viaggiato, quante volte sono stato, quanti ponti ho traversato: ogni giorno c’è un pezzo di strada da camminare, con un carrello – piuttosto che un cappello – pieno di ricordi ed un principio di allegria in testa all’anima, in una sera che mi piace ricordare così, con tante stelle appiccicate al cielo ed il Sorriso, trentadue perle, ad accompagnarmi in un percorso di note amiche, di amici noti.
Viaggiare non è un fenomeno reale (o non lo è soltanto) bensì un lungo e lento scorrere di immagini, istantanee, occhi, sguardi, parole, suoni: l’immenso verde dei giardini regali, la “visione” di Galluccio…, la sorpresa dell’incontro con Panda, la commovente recitazione de LA VALIGIA DELL’ATTORE, una chitarra Yamaha in piazza e noi in cerchio a cantare.
Probabilmente cominciò con un sorso di espressino ed un fugace (e mediocre) cornetto alla crema lungo l’autostrada Bari Napoli l’avventura di Frank Stefano Scilia Diego e Nicole, partiti al mondo come turisti per caso e per fortuna tornati , continuò tra discorsi sulla performance dei Muse a “Quelli che il calcio” (ed accurate scelte musicali) talmente prolungati ed intensi da ridurre quasi a zero i chilometri fino a Caserta, che a confronto quelli camminati all’interno della Reggia apparvero eternità…
Ci voleva un tuffo nello sfarzo delle stanze borboniche per capire che – a distanza di secoli – la Storia effettivamente “non passa la mano” e quella Patria un tempo divisa tra Regno delle due Sicilie e Stato sabaudo , “schiacciata dagli abusi del potere” è addirittura la bella copia dell’attuale, dei governanti “perfetti ed inutili buffoni…gente infame che non sa cosa è il pudore”. Resta lo Stato della Chiesa, appunto. Allora come oggi, “tutto passa e il resto va”.
Fortuna che la Natura soccombe, con la sua grazia, a chi “si crede potente e gli va bene” e riesce a regalare panorami unici, resi ancor più nitidi da un sole timido ma accolto come una benedizione dopo giorni di pioggia che Dio mandava in terra…
Così, sedendo e mirando, si fan largo interinati spazi di là da quella, silenzi non proprio sovrumani ed una quiete media, profondissima parrebbe eccessivo definirla non fosse altro per le nostre voci da turisti per caso…e da baresi doc .
Giunti a goder del meritato refrigerio, attendiamo l’arrivo della “combriccola laziale”, capeggiata dalla maestosa forumista Vanilla, una di quelle facce talmente solari che difatti brilla di luce propria (dirà che trattasi della mia solita sviolinata, ma vi basta scambiar due parole con Lei per rendervene conto).
Stefano ed Alessio completano la triade, con la loro indiscussa simpatia.
Il tempo non ha senso quando è Infinito ma inesorabilmente scorre veloce e ci rammenta che un Principe ci ha lasciato le chiavi della Reggia ricordandoci di riconsegnargliele a Galluccio, uno sperduto paesino dell’entroterra casertano, apparso come la “visione di Annamaria” ad incantare noi tutti, stregoni per una notte, quando ormai pensavamo di dover continuare a girovagare tra tornanti e comuni dai nomi improbabili, al confine tra la realtà ed un film di Quentin Tarantino.


Un vigile (:-P), che di nome fa Rinaldo, mi fa sobbalzare dal sedile all’ascolto della sua voce e comincio a pensare che davvero, senza volerlo, sarà questo anonimo paesino campano a rendere particolare un’ atmosfera già di per sé magica: è stato bello rivedere chi mi ha ospitato per il mega raduno a Piazza di Siena, chi ha reso meravigliosa una eterna nottata sulle scalinate della chiesa di San Paolo all’Eur tra vino e mandolini, ancor di più lo è stato sapere di poter ricomporre quel clima da “gita scolastica” solo e soltanto intonando le note che ci hanno dato la possibilità di conoscerci, dal Veneto al Lazio, dalla Lombardia alla Puglia, alla Sicilia da dove tutto è partito, otto anni fa.
Tra sporadiche chiacchierate con il Capobanda, con Giovenchi, Arianti e “mister Heineken” Alex Valle, l’ora X (anzi, l’ora F) si avvicina e quando ormai si è deciso il punto esatto in cui la combriccola di pazzi si sarebbe posizionata, qualcuno ha pensato bene di ricreare il clima del falò da spiaggia dinanzi ad un anonimo cancello in ferro adiacente la piazza: abbiamo la chitarra, abbiamo i chitarristi, abbiamo voglia di cantare e chissenefrega se non ci sta la Luna: siamo più di quattro cani e possiamo dare inizio alle danze. BUFALO BILL riarrangiata dal Panda Aldo, ULTIMO DISCORSO REGISTRATO, MIRAMARE (perché era un onore potercelo avere a due passi, il mare….), AGNELLO DI DIO, LA RAGAZZA E LA MINIERA…
Tre birre donateci da un ignoto uomo di passaggio sanciscono la consacrazione al grande pubblico della improvvisata Band e la foto di rito con lo striscione srotolato ci sta proprio tutta, per ricordarci che “siamo davvero una grande famiglia”.
De Gregori, cui nel frattempo abbiam riconsegnato le chiavi della Reggia, ci osserva da dietro il palco ed in una specie di passaparola ideale decide di dare inizio alle danze.
“Mentre i ragazzi della Banda finiscono di mangiare”, imbraccia la Gibson e provoca in me il primo sconquasso emotivo: anche stavolta il caso ha voluto che questo concerto capitasse in un determinato momento ed anzi che proprio CATERINA fosse l’emblema di un piccolo miracolo…


Scoprire di avere un’ anima gemella tra le stelle del Messico ed Atlantide, talmente impalpabile da confondersi nella polvere delle città, vicina e inafferrabile, lontana e tangibile. A raccontarlo – oggi, ieri e domani – non sembra neanche vero. Se sia stato il destino, non lo so. Sarà come sarà, se sarà vero: preferisco tenermi la sua dolce curiosità, in quel piccolo cantuccio che giorno dopo giorno riempie il cappello dei miei ricordi. C’è un cartello alla porta, dice “Non disturbare, sogno in corso” .
Francesco incanta ed una dopo l’altra volano via QUATTRO CANI, L’ANGELO DI LYON, COMPAGNI DI VIAGGIO, PEZZI DI VETRO, VAI IN AFRICA CELESTINO per dare il tempo ai musicisti di digerire il pane e le castagne e salpare verso l’ Equatore del CAPO D’AFRICA, dove Giovenchi comincia a rodare le corde dell’ elettrica, un autentico gioiello rosso fuoco.
Si continua rapidi verso la direzione di quella donna bianca, così enorme alla luce delle stelle…ed il Capitano Smith ignaro conduce il suo TITANIC verso l’ Apocalisse…
Fortuna che qui non c’è ombra di naufragi, almeno per la barchetta alla DERIVA, talmente lieve e soave da poter navigare ad occhi chiusi, come pure Nino che senza guardare la porta può tirare il calcio di rigore senza paura: il portiere verrà spiazzato dalla meraviglia dell’esecuzione di questo capolavoro, donato a nuova linfa dalla magia del pianoforte e dalla sottile insistenza della chitarra acustica per infine esplodere tra le dita sontuose della Fender Telecaster nera di quel genio silenzioso di Lucio Bardi, un autentico Maestro specie quando deve narrare, tragicamente, la morte di Luigi Tenco in un FESTIVAL maledetto. Per lui è normale, senza aver bevuto troppo, senza aver bevuto affatto, farti venire un groppo alla gola mentre la luce bianca lo avvolge e se ne sta lì, da solo, in uno straziante assolo. Davvero, uno spettacolo.
RIMMEL è un “must”, Francesco si accorge di noi, della nostra presenza e si inchina garbatamente per ringraziarci di essere arrivati fin qua, anche per godere di una delle più belle versioni di BATTERE E LEVARE mai sentite finora: di certo l’armonica a bocca è il valore aggiunto e Lui, il Principe, si diverte a inserirla tra una strofa e l’altra, intonando ritornelli su tonalità che spiazzano i cori di Giovenchi e Guglielminetti.
Vanilla, dinanzi a me, osserva il Nostro quando si mette lì, mano poggiata sul microfono e sguardo rivolto verso il pubblico, si pavoneggia della sua classe, insomma “se la tira”, si volta e mi fa “Mamma mia, ma quanto è bbbbello”. Ci sono i talebani della Musica e ci sono i talebani dell’ Estetica, ecco .
ATLANTIDE (terza strofa recitata prima della seconda)…ed il riflesso di una delle stelle che intanto hanno popolato il cielo si abbatte accanto alla mia sagoma e come un faro puntato sull’asfalto mi ricorda che, in fondo, anche senza SEMPRE E PER SEMPRE, c’è chi cammina su una strada sola, seppure con diverse scarpe.
Un Pianoforte, una Voce, LA STORIA: è tutta una vita che la ascolto, eppure ancora rischio di perdermi. Parafrasando, invertendo, il silenzio rompe il rumore: ha lasciato cadere il foglio a noi che scriviamo le lettere, a Lui che ha scritto un articolo della Costituzione senza nemmeno saperlo…
FINESTRE ROTTE è un brusco ritorno alla realtà, grazie al quale apprezzo i virtuosismi di Giovenchi sempre con la Gibson rossa. Ne approfitto per fare ancora una volta i complimenti al tecnico del suono, “sua Maestà Mister Perfezione” Gianmario Lussana: acustica impeccabile, ed anche la batteria di Stefano Parenti, altrove apparsa “nascosta” e poco “rock”, stavolta spacca da paura.
VIVA L’ITALIA è splendida, probabilmente la migliore versione, a mio modesto parere, impreziosita dall’armonica a bocca, come pure la sempre deliziosa LA VALIGIA DELL’ATTORE, in cui Francesco mima le parole e canta i gesti. Potrei ascoltarla all’infinito: ci sarebbe sempre un motivo in più per ringraziarlo infinitamente e inchinarmi ripetutamente.


IL BANDITO E IL CAMPIONE è la festa della Premiata Orchestra De Gregori, con ognuno dei musici che si ritaglia il suo siparietto da solista, ed il Capobanda scalda il pubblico che batte le mani al ritmo delle pedalate di Costante Girardengo, Lucio Bardi va a prendere l’ultima nota dell’ultimo capotasto per un qualcosa che ricorda vagamente la fine di “ADELANTE ADELANTE” live di inizio anni 90… Alex Valle con la pedal steel mette un po’ di sano country, Alessandro Arianti gioca coi tasti bianchi e neri e Paolo Giovenchi scandisce il tempo dando le pause giuste tra una strofa e l’altra. “Cercavi giustizia ma trovasti la legge” viene cantata dal pubblico e, solo dopo un po’ come accade ormai da tempo, da Ciccio.
Si esce di scena per ritornarci e prendersi il delirio della piazza che, alle prime note de LA DONNA CANNONE, si lancia in un lunghissimo controcanto, lungo tutta la durata del brano: l’incrocio delle luci blu fa fare il pieno di brividi, di quei pieni che non passano più…
L’apoteosi del rock è L’AGNELLO DI DIO, davvero incredibilmente potente, nei suoni e nell’attualità delle parole: un tripudio di distorsioni e di grancasse, e di portentosi colpi bassi, intesi come accordi di basso.
Il valzer di BUONANOTTE FIORELLINO chiude una festa magica, dove le ragazze (e i ragazzi) han ballato, divertiti ed incantati: quando dice “buonanotte, questa notte è per te” sappiamo io e lui a chi si rivolge, ma per non violare le leggi sulla privacy non lo diciamo….
I compagni di viaggio non talebani come me hanno anche loro apprezzato la performance live e devo dire che fa sempre piacere leggere la soddisfazione negli occhi di chi non è “abituato” e si lascia andare a commenti lusinghieri e lusingati.
Per me, Vanilla, PiE, GreatGig, Panda, Leopais, Rinaldo, Annalisa, che chissà quanto abbiamo viaggiato, quante volte siamo stati, quanti ponti abbiamo attraversato e chissà quanti ne abbiam visti e quanti ne vedremo ancora di concerti, è stato un viaggio.
Perché viaggiare non è solamente partire, partire e tornare: è stare in compagnia, imparare a sognare.
Ritorno a casa che è “quasi finita la notte non c'è più compagnia” ma al risveglio vedo il mattino e con il mattino capisco che, in fondo, CATERINA non è poi tanto lontana da qui. Grazie a tutti, grazie a voi. Soprattutto, grazie a te.

(Francesco Corallo - rimmelclub.it)

 

GALLUCCIO, 26.9.2009

E’ un bene che grandi artisti siano disponibili per piccole piazze, anche se una scelta in questo senso è dettata più da motivi economici che da ragioni di prestigio. Comunque non importa se un artista sceglie di esibirsi in piccoli centri perché non ha più grande richiesta sul mercato, importa che quell’artista dia la possibilità a quel piccolo centro di ritrovare se stesso nella musica.
È quel che è successo la sera del 26 settembre 2009 a Galluccio, un piccolo paese dell’alto casertano, dove Francesco De Gregori si è esibito in concerto. Casualmente ho avuto la fortuna di partecipare e di rivedere in quel contesto carissimi amici, il che ha reso quella sera ancor più significativa. Mentre ascoltavo assorta dal terrazzino della piccola chiesa, vedevo l’immagine del mio paese ghermito di gente. E lì, proprio in quella piazza, c’era Francesco De Gregori. Mi sembrava quasi impossibile che quelle canzoni che avevo ascoltato nella mia stanza, lontana da tutti, si diffondessero per tutta la piazza, dove tutti volevano ascoltarle, le avevano ascoltate o le ascoltavano per la prima volta. Così i miei pensieri sono andati a ritroso nel tempo per poi riversarsi in circolo nel presente. Pensieri come immagini, immagini della memoria, fatte di emozioni, di persone, di solitudini, paesaggi. Ritrovavo me stessa e la mia storia, con quella serena malinconia che contraddistingue la memoria e il languore del passato che De Gregori sa cantare sublimamente. Ma quante storie in quella piazza quella sera, tutte unite dalla musica, tutte vive, tutte vibranti che verrebbe voglia di dar voce ad ognuna e di fermarsi per strada e chiedere “anche tu hai sentito come me?”.

Forse è solo una visione troppo personale ma per me la musica è memoria. Per questo De Gregori resta il mio preferito, perché nessuno come lui ha saputo dare in musica e con le parole, il senso magico del tempo.

Alessandra Camparelli

 

 

CATANZARO, 11.12.2009

Rinnovato nell'aspetto e ringiovanito, ma pur sempre dallo stile unico e inconfondibile: De Gregori arriva sul palco e quasi sembra suo fratello piccolo. Abito gessato, sneakers bianche e l'inseparabile cappello, il cantautore romano apre la tappa del suo tour, come di prassi, da solo, con la sua chitarra e l'armonica a bocca.
Popolato il nuovo teatro ''Le Fontane' ma non gremito come ci si aspettava, accoglie il maestro De Gregori comunque calorosamente, mentre lui si presenta senza troppi preamboli. Niente incontri con la stampa, niente fotografie, autografi, introduzioni e panegirici: sono solo lui e la sua chitarra, ma quando comincia a cantare, però, la sua voce è sempre quell'eterna immutabile emozione che ci accompagna da decenni.
''Quattro cani', ''Compagni di viaggio', ''Le strade di Roma', ''Pezzi di vetro', ''L'angelo di Lyon', ''Pezzi': De Gregori si concede questi sei brani da solo, altalenando tra i successi degli ultimi album e quelli storici, che hanno fatto battere il cuore a migliaia di noi anche un paio di decenni addietro. Poi è la volta della band, ''una delle più forti al mondo', la presenta così De Gregori. E senza un attimo di pausa si continua sulle note di ''Capo d'Africa', ''Titanic', ''La leva calcistica della classe '68', ''Festival', ''L'Angelo', ''Deriva' e un fiume di note, parole, emozioni, figure, storie, la solita galleria di personaggi e immagini che la fantasia del cantautore romano forgia da quasi quarant'anni.
Suoni rock, melodici e musica popolare, per i giovani che imparano a conoscerlo e per i nostalgici che lo identificano, ''sempre e per sempre', come il cantautore di Rimmel, Buonanotte Fiorellino e La donna cannone, grandi successi che comunque non possono mancare ad ogni suo live, e così anche a Catanzaro. Dopo una lunga performance acustica, Francesco de Gregori viene salutato ancora calorosamente dal pubblico del nuovo teatro le Fontane. E' lui infatti il primo cantautore ad esibirsi nella struttura appena ieri inaugurata, un live che passerà alla storia della nostra città.
Inamovibile nei modi, un po' caustico per qualcuno, De Gregori a metà del suo live richiama qualcuno che sta filmando con una videocamera: ''Sia moderno, butti la telecamera!'. L'invito del cantautore è un monito per tutti: ''Godiamoci i momenti, viviamoli coi nostri occhi e non attraverso quelli digitali'. E' qui che lo riconosciamo, il caro, ''vecchio' Francesco De Gregori, il Bob Dylan italiano, la voce dei sogni ribelli (e spesso utopici) dell'Italia degli ultimi 40 anni.

Anna Trapasso

 

 

NONANTOLA (MO) - VOX CLUB - DALLA-DE GREGORI - 21.1.10

Così, tanto per vivere. Senza farci del male...
“Non vedi che siamo PARTITI già?”

Il participio passato mai come in questo caso può - anzi deve - assumere due significati: uno letterale, inteso come viaggio verso una mèta e l’altro semanticamente più azzardato ma davvero azzeccato per questa occasione, vale a dire “con la mente ad altri lidi, senza logica alcuna, lontani migliaia di chilometri da una benché minima parvenza di razionalità”. Insomma, PAZZI.
Noi andiamo contenti, accarezziamo il traffico con la mano attraversando la notte con l’aiuto di un fiasco di vino (il Porto….), ci fermiamo ore (poche) a riposare le ossa, le mani. E i piedi. E tutto.
Noi, che partiamo presto alla mattina, quasi all’alba, per raggiungere un posto che si chiamasse…Bari e poi Nonantola, milleequattrocento chilometri di strada, di chitarre, di musica amica, di meravigliosi connubi gastronomici calabro-pugliesi degni della miglior Pasquetta, Opel Zafira nostra fedele compagna, all'occorrenza trasformata in campagna, con tanto di coltellino per affettare le glorie di due regioni: il pane di Altamura e la salsiccia calabra. A suggello di eterno amore, le mozzarelle di Gioia del Colle. Il panino Camogli dell' Autogrill può tranquillamente aspettarci!
Il sole basso all'orizzonte colorava il vetro e stampava nevischio e impronte sui distributori del metano, si specchiavano visi a metà assonnati e a metà gaudenti dinanzi ad una misera bottiglia d'acqua, lasciando la soda-fountain ad altre occasioni...e noi sentivamo una felicità sempre più vicina.
Temevo un effetto-boomerang, quando ho volutamente rischiato lo stress psicologico chiedendo a due gucciniane di ferro se volessero provare a sentire un po' di buona musica, abbandonando i sermoni di chi usa l' Eskimo rispetto ad uno che fa dell' abbigliamento del fuochista la sua casacca d''ordinanza e mi sono invece ritrovato in compagnia di due belle realtà, con il peso leggero dei vent'anni e la loro barchetta di ideali chiusa in pochi accordi, le speranze e gli amori portati avanti a forza di citazioni deandreiane, senza alcuna vergogna di fare domande inconsuete, fiere del loro sognare, eterno incespicare tra i piedi di tutti quei passanti che non sono riuscite a trattenere.
Mi han fatto ricordare delle giornate passate a scoprire un mondo nuovo, dalla finestra di uno stereo appena regalato, tra un Pablo ammazzato ed una Irene tranquilla al quarto piano e soprattutto capire che non c'è niente di male a farsi del bene con le note, così come non c'è niente di bene a farsi del male con una Cyrano ascoltata di getto o una Santa Lucia che se non fosse per il suo essere beata vorresti maledirla ogni volta. Ma tant'è. E va bene, nonostante tutto.
Dani e Vale completano la corazzata Potemkin del Sud ed in qualche modo compensano lo squilibrio-fans mettendo in perfetta parità la partita (sì, perchè due canzoni di Guccini fanno tre canzoni di De Gregori, in quanto a prolissa scrittura!!).
Così si viaggia, senza guardare in faccia il tempo, tutto da bere, e una pioggia che puntuale da un momento all'altro viene giù, pedalando a forza di chilometri verso il Vox ed una anonima località vicino Modena, per una sera capitale dei cantautori fenomenali e lascia fiera il posto a quei motori fenomenali, nascosta tra le timide nebbie di un venerdì tutto all'insegna del “work in progress” ma proprio per questo, bello come quelle costruzioni Lego di una volta.
Mai nove ore di viaggio furono più veloci di queste, tra i famigerati timbri della scheda carburante e l'ansia di arrivare a destinazione entro le diciannove, perchè sennò “io divento una bestia se non mi metto in transenna”: arrivarono alle 19.30 e non si diventava bestie grazie a chi ti chiama dicendoti “io e Valeria siamo qui e vi abbiamo tenuto i posti, ipoteticamente quarta fila.Vi aspettiamo”.
Ecco, cos'è la solidarietà. Siamo una grande famiglia, e ci vogliamo tutti bene. Con benedizione francescana dall'alto.
La tensione sale, i primi sintomi pre-concerto giungon chiari ed inequivocabili a pervadere la mia già fragile psiche: comincio a immaginarmi canzoni improbabili, tipo una Due Zingari con i fiati affidati a Dalla, o una Cara con De Gregori che assisterà in diretta al più grande suicidio di gruppo...
Tutto si allontana, si fa ricordo, quando all'ingresso di questo grande capannone scorgo le sagome di Vanilla e di Valeria dopo quella inconfondibile di un Pennuto magicamente risorto, assieme a Culodigomma che ormai credevo sacrestano in una chiesetta dell'appennino pistoiese.
Le Autorità delle grandi occasioni, insomma, quelli che erano a Roma sotto il diluvio di Piazza di Siena o alla magica atmosfera dei Magazzini Generali, si ritrovano per non perdersi il gusto dell' evento, assieme a tanti altri amici, nascosti tra i divanetti della sala stampa e che la concitazione del momento ha impedito di conoscere, come la “coppia-cofanetto Corriere della Sera” Paolo & Clara.
Noi, intanto, prendiamo posto in quel metro quadro gelosamente custodito dalla coppia di primedonne, la bionda e la bruna, così gentili, impermeabili alla volgarità, e che vorrei pubblicamente ringraziare per averci aspettato, premurandosi di noi, ritardatari, col sol fine di assistere insieme ad un'ora e mezza di musica. Per alcuni è prassi, per altri un'inutile perdita di tempo. Per loro, solo normalità: ce ne fossero a bizzeffe, di persone così semplicemente meravigliose. Grazie.
E' bello incontrare chi è distante materialmente da te ma che ti sembra di conoscere da secoli, perchè la pasta con cui è amalgamata la tua pazzia in fondo non è poi tanto diversa dalla loro: e la colpa è loro, anche di quei due che siam venuti ad ascoltare.
Te ne accorgi quando srotoli lo striscione e non fai manco in tempo ad ostentarlo che ti chiedono di poterlo fotografare e, soprattutto, di poterlo firmare, con una voce timidamente emozionata: capisci il valore dei gesti, e quanto una goccia di inchiostro possa rappresentare una specie di anello portato al dito.

Firma chiunque, perchè è giusto così: è festa. E' la festa della Musica.
La stessa che di lì a poco, puntuale come gli orologi svizzeri, avrà inizio su un palco pieno, zeppo di strumenti: un pianoforte, tre tastiere, batteria, percussioni, basso, pedal steel guitar.
E due microfoni, e una chitarra.
Te li vedi arrivare: uno, la “scimmia che canta” pare perfetto per un circo di clown, con quell'aria baldanzosa di chi gioca a carte e beve vino e non sa quanti disastri ha provocato per aver scritto Futura; l'altro, “l'orso che balla” austero persino in un abbigliamento da partita dell' Italia di Fantozzi, cappello da nonno acciaccato e felpa stropicciata. Non è mica da questi particolari che si giudica un cantautore, in effetti...
Cominciano, una Martin e una tastiera: rimettono il naso OVER THE RAINBOW, fuori dalla finestra, per vedere l'effetto che fa e dinanzi si trovano un tripudio di mani.
MA COME FANNO I MARINAI, con le facce davvero divertite, per niente stanche, con un pubblico che comincia ad osannarli. Chissà, se ci pensano ancora, a quegli stadi pieni giusto trenta anni fa. E ad una Repubblica delle Banane che, col tempo, sono diventate pure più acerbe.
Non è un remake, e lo noti subito dalla incredibile trasformazione (che tutti quanti non stanno già aspettando...) di TUTTA LA VITA, un gran bel pezzo, già magistralmente trasformato da De Gregori dieci anni e passa fa, adesso ancora più pulito, come la barba di Dalla accarezzata da un rasoio elettrico ad inizio canzone :-)
Non è un remake, appunto, e te ne accorgi quando scambi l'intro di Caruso per una deliziosa I MATTI, cantata con intensissima partecipazione e suonata ai fiati in modo altrettanto succulento: questa mi piace pensarla dedicata a noi, pazzi viaggiatori d'Italia e spero proprio possa trovar posto nelle date future. Giulia e Alessandra apprezzano, e questo equivale ad una consacrazione.
L'ultima produzione decente di Dalla trova il suo momento con CANZONE, tra un Principe intento a dare sfumature alle sue armoniche ed una Band di fenomeni in cui spicca per potenza e bravura la batteria di Maurizio Dei Lazzaretti.
Va bene, fino ad ora abbiamo scherzato, sembra vogliano dire i due sul palco. Adesso, facciamo sul serio e mettiamo a dura prova la vostra resistenza ai ricordi.
Per quattro minuti ANNA E MARCO ci chiamiamo tutti noi e poco importa se son tornati tenendosi per mano o se han trovato rifugio nell'America lontana: in un perfetto connubio di voci, De Gregori reinterpreta a modo suo le strofe e Dalla accarezza con quella voce che quando canta diventa incantevole una delle più belle canzoni di sempre. E cominciano a volare...
L'onda di magia si infrange per un attimo sulla forza de L'AGNELLO DI DIO, una vera potenza, una goduria di percussioni e grancasse, e le corde delle elettriche virano dritte verso il rock puro, con il sax di Lucio a scandirne i tempi.
Vi abbiamo fatto ballare un po', ci siamo divertiti ma adesso vogliamo ricordarvi che siamo venuti qui anche per farvi volutamente del male, consapevoli e gaudenti...

 

 

Sì, non c'è altro motivo che possa indurre i due a distruggere le certezze degli uomini facili, senza dubbi mai se non appunto la riproposizione di SANTA LUCIA.
Dalla è lì ancora a chiedersi come diavolo sia possibile condensare in neppure tre minuti versi di Leopardi e di Pavese, di Montale e di Pasolini...
Ed io che vedo Giulia gongolarsi prima di entrare in una sorta di tunnel senza uscita, volontaria autodistruzione, dolce solitudine di far propria una nenia micidiale, se non si impara ad usarla con precauzione e se a vent'anni si è stupidi davvero, ben venga la Stupidità.
Facciamocene una irrazionale ragione e proseguiamo, dopo solo ventidue giorni di buon 2010, con il canto collettivo de L'ANNO CHE VERRA', altro “must” della nostra Storia: work in progress, i due si stanno preparando ad un nuovo tour. Ed è questa la novità.
Ciccio si cala il cappuccio sul cappello da marinaio ed assomiglia sempre più al Capitano Smith, pronto a raccontarci di come si può serenamente essere ottimisti andando in-contro all' iceberg del progresso e...quel che “serà, serà...”. I MUSCOLI DEL CAPITANO diventan sempre più possenti e mettono in mostra forse la migliore esecuzione mai ascoltata in questi anni.
Iceberg, ghiacci, Titanic: COM' E' PROFONDO IL MARE!
Talmente profondo, da perdersi in un abisso di suoni, di colori, di voci incredibili: ti immergi per sei minuti quasi in un oceano di magia ed il merito è di De Gregori, che riesce a scandire lettera per lettera le infinite onde di questa pazzesca canzone. Chapeau.
Si risale a galla con la grancassa di BUONANOTTE FIORELLINO in versione “no-Giulia” :-) e nonostante la Band dia sfogo di gran classe, Lei orgogliosa e fiera della sua talebana indole, nega l'applauso finale accompagnandolo ad una faccia disgustata da cotanto delitto.
Ridà fiducia (pro tempore?) a De Gregori mentre intona l'inno di una Banana Republic biancorossaeverde, sempre meno resistente e sempre più reticente: VIVA L'ITALIA è una speranza, ormai non più una certezza.
Solo la forza di chi vive le panchine di PIAZZA GRANDE può ridare voce ai gatti senza più padroni che siamo poi tutti noi, bisognosi di un po' di carezze. Se la l' Italia non regala più sogni, almeno che a darceli sia la nostra vita.
Avrebbero potuto cantare per ore, per giorni ma “ragazzi, è che non abbiamo proprio più pezzi da fare”, quasi a giustificare i novanta minuti di una partita amichevole, di quelle estive in cui si amalgama la squadra per il campionato che verrà, a partire da maggio o forse chissà, anche prima, tra Roma e Milano e si spera anche più giù.
Ci salutano da soli, chitarra e pianoforte, 4.3.1943: il pubblico si lancia in una sorta di excursus temporale e il Vox diventa la cassa di risonanza di tre generazioni. Potenza della lirica, dove ogni dramma è un falso. Potenza della Musica, dove ogni nota è un piacevole dramma.
Ma, ma, ma. Dove eravamo rimasti con le devastazioni? A SANTA LUCIA, vero?
Ecco, non è finita qui, e te lo dice chiaro e tondo:

“Ci vuole tempo e pazienza,
per imparare il dolore.
Lacrime e competenza,
per impastare l’amore.”

Dopodichè, è naturale sentire una voce di donna esclamare “Cioè, ma ci rendiamo conto??”
Anzi, è pure strano trovare qualcuno capace di proferir verbo, dopo cotanta gloria.
Succede, è successo: e se ricapiterà, NON BASTA SAPER CANTARE. Basta solo farsi del male: così, tanto per vivere.
Dinanzi a me vedo i vent'anni commuoversi e quel sorriso da trentadue perle nella notte, rapito da un chissà quale zingaro felice, dimostra che l'oggi può restare oggi senza domani.
E il domani, qualunque esso sia, può tendere sempre all'infinito.
Le emozioni non conoscono padroni.
Né, tantomeno, cantautori.
Vero, Giù?

 

(Frank Corallo - Rimmelclub.it)